Anima d’inchiostro la raccolta di poesie di Cristian Segnalini
Oggi ti presento una raccolta di poesie di Cristian Segnalini: Anima d’inchiostro. Inizio subito dicendoti che non sono entusiasta di quello che ho letto: tante poesie con un tema pressoché costante e già sfruttato milioni di volte.
Chiariamo in primis qualche piccolo concetto, senza volere salire in cattedre che non ci appartengono, è chiaro, diciamo così, come se stessimo discutendo tra amici, in fondo lo siamo pur se in maniera virtuale: che non basta scrivere e andare a capo, per scrivere versi di poesia, non è un’astrazione, è un concetto che ogni bravo poeta o aspirante tale, dovrebbe tenere sempre presente. La poesia, anche quando si prediligono i versi liberi che non seguono, cioè, una precisa metrica, deve avere oltre che una sua intrinseca originalità, una certa musicalità. Deve rispettare dei canoni che siano capaci di porgere gli argomenti in maniera singolare, usare parole desuete o più “conosciute” in modo diverso e nuovo: ora, senza volere scendere nei tecnicismi poetici (non è il caso e neanche mi compete), una poesia dovrebbe inchiodare il lettore al foglio che sta leggendo, trasportarlo nella sua dimensione onirica e non annoiarlo. Ma al di là delle regole che contano o che possono essere relative, poeti non ci si improvvisa, poeti, forse, si nasce.
Leggendo Anima di inchiostro di Cristian Segantini, ho avuto l’impressione di essere davanti ad uno sfogo. Lo sfogo di chi, avendo perduto un amore importante, intinge la sua penna nell’inchiostro dell’anima e scrive, forse rigetta, il suo dolore su un foglio bianco. Certo, la sofferenza che diventa canto, è un modo per esorcizzare le ferite dell’anima, ma se il canto diventa lamento, rischia di finire in lagna fine a se stessa. Con tutto il rispetto per i sentimenti e per la sofferenza.
Senza dubbio può risultare terapeutico scrivere quando si hanno dolori e demoni da esorcizzare, ma non possiamo definire o spacciare per poesia quella che, al limite, si può definire prosa poetica o che, molto probabilmente, è solo pura terapia utile per chi scrive, ma che rischia di apparire ripetitiva a chi legge.
Al di la del mio giudizio, opinabilissimo, che resta comunque un parere personale, è senza dubbio un atto coraggioso scoprire e mostrare la propria anima con tutte le sue ferite e i suoi dolori, dialogare e lottare con i propri demoni interiori, guardarli e tentare di non restarne preda: in questo Cristian Segnalini è coraggioso. E se pure è soltanto “una piccola voce che cerca di farsi spazio fra le pieghe dei suoi testi”, trova una soluzione per non soccombere: “ora ho promesso a me stesso che non dimenticherò nulla di quanto accaduto. Ho scelto di volermi bene perchè nessuno ha saputo farlo.”
Rigirare il dito dentro una piaga fa molto male, rigirarlo per 58 pagine è quasi eutanasia, voglio augurare a Cristian che, come lui stesso scrive, “l’ombra del nuovo giorno” abbracci veramente “il suo mondo” e, se invece dell’ombra fosse la luce ad abbracciarlo, sarebbe senz’altro meglio, per lui e per i suoi lettori.