Come iniziare la recensione di una biografia può divenire il dilemma di una sera. Certo, si deve citare il titolo, Franco Califano. Non escludo il ritorno, e poi sì, si deve nominare l’autore, Salvatore Coccoluto, e mai dimenticare la Casa Editrice, la Diarkos. E magari la data di pubblicazione, il 19 febbraio 2024, e, mi raccomando, occorre citare il recentissimo film Rai sul Califfo con Leo Gassman (in onda in prima visione l’11 febbraio 2024). Sono le prime cose da dire, non vorrei mai che l’algoritmo, uno e trino, mi tirasse le orecchie.
Ma io sono qua, con una tisana (perdonami Califfo, avresti meritato una vodka) nella mia tazza preferita, e con una pagina Youtube aperta. Da quella pagina provengono in loop le note dei più grandi successi di Franco Califano, da Tutto il resto è noia, passando per La mia libertà, fino a Bimba mia e Semo gente de borgata (e tante altre). E vorrei solo chiudere gli occhi per godermi le sue melodie qualche ora, al diavolo la recensione e pure la tisana, vorrei solo questo.
Il Maestro capirebbe e si farebbe una risata, ma a essere contrariati ci sarebbero il buon Coccoluto e la Diarkos, forse persino Leo Gassman (no, non è vero), di certo la mia Direttrice editoriale.
Quindi su, bando alle ciance.
Franco Califano. Non escludo il ritorno, la struttura del libro
Franco Califano. Non escludo il ritorno è un’approfondita biografia sulla vita del Maestro, che racconta la sua parabola esistenziale dalla sua nascita a Tripoli nel settembre del 1938 fino alla definitiva ascesa alla leggenda di quel 30 marzo 2013, dopo aver guardato alla Tv per l’ultima volta la sua amata Inter nel derby d’Italia con la Juventus.
Il racconto del nostro Salvatore Coccoluto è inframezzato (più nella seconda parte del libro) da interviste alle persone che a vario titolo hanno voluto bene a Franco Califano, si pensi a quelle a Pino Presti, Jo Chiarello, Alberto Laurenti e Antonello Mazzeo (l’amico di sempre).
Non poteva, ovviamente, mancare un capitolo sulle donne che hanno popolato la vita del Califfo, e uno sulla carriera che anche in ambito cinematografico ha portato avanti. Curioso il capitolo sul rapporto di Califano con la politica.
A chiudere l’opera l’Appendice con tutti gli album di Califano, e una bibliografia.
Ma gran parte delle pagine sono dedicate agli aspetti strettamente biografici e al suo percorso da cantautore.
Franco Califano, l’UomoArtista (tutto attaccato)
Nell’introduzione del libro Coccoluto parla della vita del Califfo come una vita vissuta senza ipocrisie. Ora, io non so se Califano abbia realmente vissuto una vita senza ipocrisie (sono scettico sul tema per ogni essere umano da Homo Habilis a oggi, me compreso), ma di certo ha incarnato, filosoficamente parlando, un ideale estetico diverso dalla massa dei suoi contemporanei, diverso e probabilmente più interessante (?), l’ideale estetico dell’UomoArtista (tutto attaccato), come amava definirsi.
Non che si debba necessariamente incarnare questo tipo di ideale, le vie per rendere la propria vita speciale e degna di essere vissuta sono per ognuno diverse e tutte da scoprire, ma Califano, semplicemente, la sua di strada l’aveva trovata in questo.
Un ideale estetico quello dell’UomoArtista che lo ha fatto vivere sempre al massimo, in un perenne gioco di seduzione con le donne e con l’arte stessa. Gioco di seduzione spesse volte gioioso e vitalistico, altre volte, pare a me infimo lettore di Kierkegaard, quasi scaduto nell’essere obbligatorio, e di conseguenza privo di quella libertà propria dello stesso ideale estetico perseguito.
A ogni modo un ideale di vita molto lontano da quell’opprimente disciplina a cui era sottoposto nei primi collegi da bambino e da cui regolarmente voleva scappare, alla ricerca di quella libertà, imprescindibile e vuota (?) allo stesso tempo, che gli ha permesso di amare tante donne bellissime e di creare quei capolavori musicali che ho ora in sottofondo (mi è appena partita su Youtube a tradimento una meravigliosa versione live di Tutto il resto è noia).
Una libertà che è anche solitudine, pasolinianamente parlando (a PPP il nostro dedicherà anche la canzone Pierpaolo), e che il Califfo ha comunque sempre rivendicato per sé, con le gioie e i dolori che questa scelta radicale comportava.
La borgata di Franco Califano
Il mondo di Franco Califano fin da bambino è stato quello della classica borgata romana, quello del quartiere Trionfale. I suoi vicini di casa ed esistenza erano in genere contrabbandieri e brutti ceffi, disoccupati e nullafacenti, mezzi delinquenti e delinquenti veri.
E poi il mondo del bar, dove gli amici cominciano a chiamarlo Califfo. E il mondo dei bordelli, dove grazie alla sua avvenenza fisica e al suo carisma travolgente non pagava neppure.
A Milano, dove Franco si trasferisce dopo il fallimento del primo matrimonio durato sei mesi, gli ambienti sono gli stessi.
Lì conosce e instaura un rapporto di sincero affetto con Francis Turatello, capo della mala milanese (che nel 1981 farà una fine orrenda nel carcere di Nuoro per mano di altri detenuti), e il cui figlio, Eros, è il bambino che compare accanto a Califano nella copertina di Tutto il resto è noia.
Nel mondo di Franco c’è anche spazio per la cocaina, sempre come vizio e mai come dipendenza, ma che gli provocherà vari guai giudiziari e lo costringerà, anche a causa di accuse infondate su una sua falsa affiliazione alla Camorra, all’esperienza del carcere. Lì incrocerà tra gli altri anche il ballerino anarchico Pietro Valpreda, all’epoca incolpato ingiustamente di essere il responsabile della strage di Piazza Fontana del 12 dicembre 1969, l’atto con cui iniziò in Italia il periodo della Strategia della Tensione (l’attentato è noto come abbia avuto tutt’altra matrice).
Vale la pena citare come riuscì a farsi dare i domiciliari l’ultima volta che negli anni ’80 finì in prigione. Chiamò il Presidente del Consiglio socialista Bettino Craxi, con cui concordò di simulare un finto infarto. Il medico del ministero riuscì a prevalere su quello del carcere, e Franco poté trascorrere il periodo detentivo nella sua villa, riuscendo poi anche a scrivere e registrare l’album Impronte digitali. Dopo quel fatto, nonostante Califano si ritenesse dapprima un uomo senza bandiere e poi un uomo di destra, per diverso tempo votò Partito Socialista.
Franco Califano e i suoi amici nella musica
Tante le persone nella musica che hanno incrociato la traiettoria artistica del Califfo. Dal legame che aveva con Edoardo Vianello, con cui fondò anche I Vianella, passando per I Ricchi e Poveri (che devono proprio il nome a Califano: erano ricchi d’energia, ma tanto squattrinati), fino alle collaborazioni con Ornella Vanoni, Mia Martini, Mina e Peppino Di Capri.
E anche la relazione d’amore con la bellissima cantante Mita Medici (per cui tornò a Roma da Milano, ma finì comunque presto a dedicarsi alla dolce vita).
Giusto citare il rapporto che aveva con Luigi Tenco, definito da Franco come un uomo superiore, pur nel suo essere ombroso e chiuso, e notoriamente suicida durante il Festival di Sanremo del 1967.
Non escludo il ritorno
Non escludo il ritorno è il brano con cui Califano si presentò a Sanremo nel 2005, e poi divenne l’epitaffio sulla sua tomba, il messaggio (a metà tra una divertita minaccia e una dolce promessa) che Franco voleva lasciare ai posteri.
La canzone fu realizzata con la partecipazione di Federico Zampaglione, frontman dei Tiromancino, ed esprime tutta la nostalgia per un amore passato, con tutta la voglia di riconnessione che esprime il titolo. Non ottenne un grande piazzamento nella competizione canora, ma vale lo stesso la pena di ascoltarla (possibili lacrimucce).
Qualche paragrafo fa si parlava di quel 30 marzo 2013, il giorno di Inter contro Juventus. Probabilmente l’ho vista anche io la partita quel pomeriggio, ma chi si ricorda. Ho controllato il risultato: la Juve ha sbancato San Siro, 2 a 1 per i bianconeri.
Franco non l’avrà presa benissimo, ma a modo suo era un gentiluomo e lo immagino ugualmente con un ultimo sorriso. Perché, semicitando La Rochefoucauld (che mi perdonerà la storpiatura della sua massima), un vero gentiluomo non se la prende mai per nulla, nemmeno per lo scherzetto del destino nei minuti di recupero.
Grazie! Un saluto
Grazie a te Salvatore!