Una Gran voglia di Vivere, di Fabio Volo
Caro iCrewer mi trovo oggi in una posizione un po’ scomoda e in cui avrei preferito non trovarmi, ma sai ho un amore smisurato per la conoscenza, adoro ogni forma di cultura e sono curiosa come una biscia e quindi non potevo non finire a leggere uno dei romanzi più acquistati del momento; sto parlando di Una Gran Voglia di Vivere, scritto da Fabio Volo.
Prima di iniziare questa recensione voglio rivolgermi a te, caro iCrewer e porti un quesito: non so se ti è mai capitato di avere una persona del mondo dello spettacolo che stimi e che segui e poi, dopo aver letto un suo romanzo oppure dopo aver ascoltato una sua determinata conversazione, questa ti scade; passami questo termine che risente un pochino del mio dialetto, però molto utile a farti capire quanto mi è accaduto, infatti è proprio questo che mi è successo. Dopo aver convinto mio marito a regalarmi a Natale l’ultimo libro di Fabio Volo e averne persino ricevuto due copie, una me l’ha regalata una mia cara amica, devo proprio aver rotto le scatoline a tutti, Fabio Volo mi è un po’ scaduto, nel senso che mi ha deluso ed è passato da colui che ascoltavo tutte le mattine prima di andare a lavoro a colui che non so se ho più voglia di sentire. Così sono qui a spiegare i miei motivi, a mostrarti cosa ho trovato in questo libro che mi ha fatto reagire in questo modo e ho pensato di farlo come se gli stessi scrivendo una lettera, come se parlassi a lui direttamente e di immaginare anche che magari questo articolo grazie al mondo del Web gli giunga e chissà che lui possa concedermi una rassicurante risposta che mi faccia tornare ad ascoltarlo con piacere la mattina.
Caro Fabio
Come dicevo in questa breve introduzione è da qualche tempo che la mattina ti ascolto in radio, nel tuo programma del Volo del mattino. Devo confessarti che ritengo la tua trasmissione molto allegra; tratta temi interessanti: dalla meditazione alle tue presentazioni, a come combattere l’inquinamento ambientale; riusciva ad accompagnarmi a lavoro dandomi il buon umore, tuttavia posso dire che la tua performance che più ho adorato non è legata al mondo della radio, bensì a quello del cinema ed è stata la tua interpretazione della voce del simpatico Panda.
Per questo motivo è nata in me una sorta di curiosità legata alla tua figura di scrittore. Mio zio ha tutti i tuoi romanzi nella sua biblioteca e mi ha sempre confessato che li ritiene molto belli e così, in occasione del sopraggiungere del Natale, ho chiesto come dono il tuo ultimo libro Una gran Voglia di Vivere. Ho insistito così tanto che ne ho ricevute due copie e appena ultimata la mia ultima lettura ho iniziato a leggerti.
Il romanzo si presenta bene, ha un bel titolo Una Gran Voglia di Vivere, fa pensare alla gioia, all’esuberanza, ai viaggi. A me richiama il mare, le feste e la gente che balla sotto un cielo stellato; il tuo testo invece parla di una crisi coppia e sì, ho compreso che il titolo è riferito al fatto che Marco e Anna, i due protagonisti, avevano una gran voglia di vivere che non coincideva con la loro identità di coppia, però non lo trovo adeguatamente assimilato al contesto della storia. I due protagonisti essendo in crisi si definiscono spesso stanchi, moribondi, non riescono ad essere felici nemmeno in Australia e in Nuova Zelanda durante un viaggio che si sono concessi. Come li descrivi tu: Avevamo tutto per essere felici, ma non riuscivamo a esserlo; da qui ne deduco che alla fine non è che fuoriesca proprio una gran voglia di vivere dal tuo testo quindi, a mio parere, perché questo titolo fosse consono alla storia andava meglio argomentato.
La copertina del romanzo è altrettanto bella, prevalgono il rosso e il giallo, mi dà una sensazione di calore e mi fa insorgere un’emozione che mi provo spesso durante le sere antecedenti il Natale. Solitamente prima di questa festività mi capita spesso di stare fuori di casa fino a sera inoltrata per via delle compere, ma anche del ritrovarmi ad aperitivi o incontri al bar con gli amici e nel rincasare, l’osservare le finestre delle case con le loro luci accese nell’oscurità della sera mi ha sempre infuso una sorta di benessere nel cuore. Questa gioia è paragonabile per me a quello che si prova nel rientro a casa dopo un lungo viaggio e forse con questo piccolo dettaglio posso ritrovare una connessione con il testo, ma in un senso più ampio. I due protagonisti vivono un periodo di crisi di coppia e anche della loro identità, vorrebbero fuggire dalla loro condizione e cercano lungo queste bianche pagine di ritrovare questo sentimento di gioia del rientro a casa; spesso viene detto: nulla era peggio dei weekend, non vedevo l’ora che finissero per tornare a lavoro. È proprio questa ricerca della felicità di tornare a casa ciò che i protagonisti cercano e che si esplicita anche con la nostalgia della medesima quando si è lontani da questo luogo. Il sentimento della nostalgia di casa viene anche citato in una circostanza particolare dell’opera che tra l’altro non mi ha emozionato come avrebbe invece dovuto fare.
Se fino a qui può sembrare che i miei commenti alla tua opera non siano troppo negativi da qui in poi richiamo la mia concentrazione, perché sono molte le cose che voglio dirti e voglio farlo nel migliore dei modi. Leggendo il tuo romanzo ho pensato a una sorta di diario in cui il protagonista si trova a metà cammino della sua vita e in una profonda Selva Oscura, è infatti in balia delle onde, guarda il suo passato con nostalgia, vede il suo futuro con terrore e nel presente dimostra la sua totale assenza sia nei confronti della compagna Anna, degli amici, del figliolino e del lavoro.
Il libro inizia ad avere una più bella lettura a partire dal viaggio che i due protagonisti si concedono; durante questa vacanza incontrano importanti personaggi che hanno un vissuto che cerca di emergere, ma che al lettore non dona niente. È tutto argomentato in poche battute e ci sono personaggi che meriterebbero capitoli interi che invece sono condensati in quattro righe. Alcuni di essi affrontano il tema della morte, del divorzio, della separazione forzata e quindi della mancanza e non si possono liquidare in tre pagine. Lo stesso punto debole è visibile nei protagonisti di cui si sa veramente poco e molto altro si vorrebbe sapere: la mancanza di spessore nel padre di Marco è evidente. Per me, che ti ho ascoltato in radio, è impossibile non rintracciare in questa figura qualche elemento autobiografico, però in questo testo il suo vissuto, le sue scelte, la sua presenza viene solo accennata qua e là, piacerebbe sapere di più.
Arriviamo ai punti più dolenti, ci sono elementi di questo romanzo che meritano una maggiore spiegazione, perché come sono stati inseriti fanno adirare il lettore, anzi in questo caso la lettrice; eh già Fabio, sono Donna, e questa D maiuscola comprende una serie di sfumature, perché io sono questo: una Ragazza, una Sognatrice, una Mamma, una Maestra, una Blogger e una Scrittrice, tutto questo per dirti che alcune tue frasi mi hanno fatto davvero arrabbiare.
Quando era rimasta incinta, voleva che la accompagnassi a tutte le visite di controllo. E quando era nato Matteo mi chiedeva di accompagnarla dal pediatra. Mi sembrava che spettasse a lei, al limite poteva domandarlo a sua madre.
Ecco io mi domando: Ma caro Fabio, ma come faccio a farti passare una frase del genere?
Ho voluto provare a difenderti dicendomi: Ma l’avrà detto per far interpretare un particolare ruolo al personaggio di Marco? Una persona vuota, egoista, che non riesce a capire quale dovrebbe essere il suo ruolo all’interno della famiglia e che non prova gioia nel trascorrere quanto di più prezioso noi genitori abbiamo, ovvero del tempo con i nostri bimbi.
Ho cercato di lasciar correre, ma poi mi sono detta io non ci sto! Questa affermazione mi mette i brividi, non solo perché fai dire al tuo protagonista che ad andare alle visite di controllo che precedono la gravidanza, un momento delicatissimo per noi donne, e alle visite dal pediatra del proprio bambino spettasse solo ad Anna, ma che se mai avesse avuto bisogno di compagnia poteva domandarlo a sua madre e cioè un’altra donna. Potevi almeno scrivere a suo padre.
Ci sono versi anche peggiori di questo, ma che preferisco non riportare e passare ad affrontare un altro argomento. Il punto che più mi ha fatto preoccupare e già perché sono una donna e sì questi estratti mi hanno infastidita, ma c’è un elemento che mi ha fatto tremare. Ti chiedo di seguirmi e di perdonarmi se parafraso nuovamente il tuo testo, ma l’estratto è troppo lungo da riportare, ecco io mi sono immaginata la scena: una coppia, Marco e Anna, in crisi, partono con il loro bimbo verso l’Australia e la Nuova Zelanda, bene, un bel giorno Marco decide di lasciare riposare Anna e porta in spiaggia il loro piccolo Matteo che è veramente piccolo, vede che da bravo bimbo gioca e dopo avergli detto di non muoversi di lì si assenta qualche minuto per andare al bar a prendere la colazione. Che gesto romantico… peccato che si trova a flirtare con la barista, in balia delle sue paranoie mentali si scorda del bambino, a questo punto io non ho potuto fare a meno di immedesimarmi e pensare che se quel bambino fosse stato mia figlia era già entrata in acqua a dare la caccia ai delfini, e non contento di ciò il nostro protagonista, mentre fa per andarsene da solo sente che il bambino lo chiama e gli chiede se si fosse scordato di lui. Domanda a cui ovviamente lui dà una risposta negativa.
Questa è la scena del romanzo che ho meno sopportato, mi ha fatto provare tristezza. Da insegnante mi sono chiesta: Ma sono questi i genitori dei nostri alunni? Da mamma mi ha messo ansia, veramente i bambini sanno cacciarsi nei peggiori guai in meno di due minuti, ma questo personaggio che individuo è? Poi ho iniziato a pregare di non diventare mai come questo uomo. Voglio essere stanca, nervosa, a pezzi, mezza esaurita, prendere gli oggetti e scaraventarli contro al muro per la rabbia che questa società rapida e menefreghista scatena in noi, ma mai voglio scordarmi mia figlia da qualche parte e se mai mi dovesse capitare io penso che potrei non vivere più con la gioia con cui quotidianamente vivo.
Detto questo, il romanzo è anche pieno di perle di saggezza, aforismi, il protagonista ha una crescita personale e capisce i suoi errori, ma il finale non soddisfa le attese e poi caro iCrewer questa volta mi rivolgo a te e ti lascio con una domanda: secondo te chi tra Anna e Marco è stato il primo dei due ad aver compreso i propri sbagli che hanno portato in parte alla loro crisi e a chiedere scusa all’altro?
Non te lo dico, mi sa che dovrai leggerlo.
Fabio Volo è lo pseudonimo di Fabio Bonetti, ha esordito nel mondo editoriale con Esco a fare due passi, 2001. È un attore, showman della tv, conduttore radiofonico. Una Gran Voglia di Vivere, 2019, edito da Mondadori è l’ultimo dei suoi grandi successi.