Da un’editrice-psicoterapeuta, Samantha King, un thriller psicologico che inchioda alla lettura e coinvolge in un crescendo, pagina dopo pagina, di suspance e curiosità.
Cominciare la lettura di un libro è come entrare, ogni volta, in un mondo nuovo. Un mondo uscito dalla fantasia e dalla penna del suo autore che può rapire ed affascinare. Nell’approcciarmi alla lettura vivo sempre questa sensazione ed ogni volta, realizzo che, quanto afferma Umberto Eco, Chi legge avrà vissuto cinquemila anni e cinquemila vite…, è verissimo.
Confesso che [amazon_textlink asin=’B07JZ5BMJN’ text=’Un assassino alla mia porta’ template=’ProductLink’ store=’game0ec3-21′ marketplace=’IT’ link_id=’a013529a-e862-11e8-9cb2-336e86031d0a’] di Samantha King, non mi ispirava grande simpatia dal titolo: il solito thriller con contorno di morti ammazzati e di indagini poliziesche, ho pensato. E ho sbagliato. Man mano che procedevo con la lettura, mi sono trovata immersa in una realtà virtuale che non ha niente da invidiare ai thriller psicologici del sempre grandissimo Alfred Hitchcock, anzi, ho proprio avuto la netta impressione che l’autrice abbia proprio voluto ispirarsi ad essi.
Samantha King, editor e psicoterapeuta, vive a Londra e, prima di dedicarsi alla scrittura a tempo pieno, ha dedicato molto tempo ai libri altrui. Sposata, madre di due figli, quando esordisce con Un assassino alla mia porta, ottiene subito un enorme successo di critica e di pubblico e direi che lo merita tutto.
Il libro, coinvolge dalla prima all’ultima pagina e non solo per i colpi di scena che si susseguono a ritmo incalzante ma soprattutto per la costruzione della storia e per il sapiente tratteggio psicologico ed emotivo dei suoi personaggi. Che l’autrice sia una psicoterapeuta, abile nel sondare i meandri dell’animo umano, il romanzo lo mostra a chiare lettere e alcune volte un po’ troppo devo dire: quando si sofferma a lungo nella descrizione di sentimenti ed emozioni, scavando nel profondo della personalità dei protagonisti. Questo tipo di approccio, tipico della terapia psicoanalitica, può risultare un po’ pesante in un romanzo ma è un peccato veniale che si perdona facilmente, in quanto lo svolgersi dei fatti, i colpi di scena, i capovolgimenti d’azione e i cambiamenti di pensiero, coinvolgono talmente a fondo chi legge, da perdonare la prolissità di certe descrizioni.
Un thriller che ricorda e un po’ ricalca le orme del maestro del brivido, Alfred Hitchcock, e come lui, la King sa usare la suspance e la sorpresa, indispensabili elementi per inchiodare il lettore e coinvolgerlo nella lettura.
Altro elemento in comune è, senza dubbio, la psicanalisi che, da tecnica del mestiere, l’autrice usa con minuzia e dovizia di particolari nel delineare caratteri e relative sfaccettature dei suoi personaggi.
E poi l’amore: come nei film di Hitchcock, l’amore, gioca un ruolo importante nel libro. Un amore quello di Maddie, la protagonista, quasi cieco e succube nei confronti del marito-carnefice che ha il potere di ingannarla, fin quasi alla fine del romanzo e imporre fortemente la sua volontà, senza lasciarle nessuno spazio di azione-reazione. Un marito violento e padrone a cui l’autrice affida il ruolo di antagonista-ingannatore.
E, infine, le sequenze oniriche che, come nei film di Hitchcock, hanno il loro rilevante ruolo ai fini della storia. Descritte realisticamente e magistralmente, sanno quasi ingannare il lettore che le percepisce come fatti reali.
Un assassino alla mia porta, potrebbe benissimo essere trasformato in un film di successo, con tutte le caratteristiche per diventare una pietra miliare nel filone dei thriller psicologici di ispirazione hitchcocchiana. Credo proprio che Samantha King, oltre ad aver guardato e studiato bene i film del maestro del brivido, ne possa diventare la degna erede.