Mi capita spesso che al momento di redigere una recensione mi metta dinanzi al pc e fissi lo schermo, non perché non sappia cosa scrivere, anzi, l’esatto contrario: ho sempre tanti pensieri in testa, che si affollano e fanno a gara tra di loro per essere incisi nero su bianco, ma che tengo bene a bada perché voglio, o quanto meno vorrei, cercare sempre le parole giuste per trasmettere, far sentire, a chi leggerà la recensione, quello che ho provato io leggendo il libro appena terminato: ho sempre creduto nell’empatia in generale, a maggior ragione in quella che si crea tra il lettore e il libro (poi è ovvio, l’empatia la ritrovi con il protagonista, con l’antagonista, o con un personaggio secondario…) insomma, la senti proprio dentro quella sensazione che sa di farfalle nello stomaco, quel sentirti parte integrante della storia, tanto che quando la lettura finisce tu resti lì, per qualche secondo, con in mano il libro, e pensi non può essere finito sul serio, e ti capita di rimuginare su quella storia per un po’ di tempo, quasi ne sentissi la mancanza, fino a quando, naturalmente, non afferri un altro libro, e allora la storia ricomincia. Ovviamente non per tutti i libri è così, ma in genere anche quelli che ti lasciano poco o nulla dentro ti tornano comunque in testa. Questa empatia, questo pathos lo dobbiamo allo scrittore, è lui che sapientemente scrive facendoti vivere la storia attraverso i suoi occhi, o meglio, la sua penna… caro iCrewer, quanto detto per dirti che tutto questo mi è successo con Prima di tutto Appassionati il libro scritto dai redattori di iCrewplay, settore play, ed a cura di Massimo Segante, quale founder del sito.
Un plauso va fatto a questi ragazzi che con infinita passione, prima di tutto, seguita dalla assidua tenacia e dalla profonda conoscenza del settore, ogni giorno si impegnano a redigere articoli e/o recensioni a tema videoludico, permettendo a tutti gli appassionati, ma anche ai neofiti, di conoscere le novità in uscita, rilasciando giudizi dettagliati sul gioco, con la professionalità e quella tecnicità propria dell’argomento; non lesinano consigli, non si esimono dall’indicare eventuali pecche del gioco così come, qualora il gioco lo meriti, ne esaltano le qualità, consigliandolo se è il caso, il tutto con estrema sincerità e obiettività.
Il libro in questione è suddiviso in ben tredici capitoli, ognuno dei quali è stato stilato da alcuni dei redattori che, come detto, compongono il settore play, del sito iCrewplay, dedicato ai videogiochi. Ognuno di loro, nel capitolo scritto, ha analizzato, in ogni minimo dettaglio e con analiticità, i videogiochi non solo nel senso puramente stretto del termine in sé, cioè a dire, ne hanno mostrato gli aspetti, non solo prettamente ludici, ma anche quelli introspettivi, quelli reconditi che magari non vengono colti subito e finanche quelli educativi, sì, hai letto bene, educativi perché i videogiochi hanno anche questa finalità; ho imparato, leggendo questo libro, che esistono i «serious game videogiochi utilizzati in contesti educativi e di apprendimento […] sono creati appositamente per questo scopo.»
I videogiochi rendono interattivo l’utente che si trova ad assumere un ruolo dinamico nei confronti del gioco e non quindi statico, lo portano a capire, immedesimarsi, scegliere, riflettere, ed anche, appunto, ad imparare, ci sono videogiochi, invero, che portato il giocatore ad apprendere passi di storia ma anche basi e norme inerenti l’educazione civica del cittadino, nel libro trovi la citazione al gioco Sim City 3000 dove l’utente si trova a vestire i panni del sindaco con tutti gli onori e gli oneri che l’assunzione di tale carica comporta, quindi, a ben vedere, e in tale caso specifico, non si ha solamente l’aspetto ludico del gioco ma al tempo stesso si apprendo nozioni che nella vita potrebbero sempre servire.
In diversi capitoli del libro, peraltro, viene citato un altro videogioco, Life is strange: non voglio anticiparti il motivo, ma posso solo dirti che mi ha molto colpita, e che io per prima, da scarsa conoscitrice di videogame, non pensavo potesse trattare un argomento così delicato, ove l’utente viene posto dinnanzi a scelte così decisive, così nette, così importanti… e ho molto apprezzato come è stata trattata la disquisizione di questo videogioco anche in rapporto con la realtà odierna e in quale modo si pone questo gioco.
«Life is strange è stato un videogioco fondamentale per questa generazione video ludica, dimostrandosi capitolo dopo capitolo ed episodio dopo episodio capace di rendere il quotidiano un’esperienza meravigliosa e indimenticabile in cui immedesimarsi, divertirsi, commuoversi.»
L’importanza di toccare con mano un videogioco, ovvero di interagire, di diventarne parte attiva riveste la sua importanza anche e soprattutto se paragonato alla eventuale trasposizione dello stesso in un film: non sempre ciò si rivela positivo, perché, così come accade per i libri, ove la storia narrata in qualche modo viene riportata su celluloide, la medesima cosa avviene per i videogiochi; nel caso dei libri il lettore diventa molto critico al riguardo, ma il videogiocatore non è da meno: e questo ci viene spiegato in modo critico e con qualche sfaccettatura di ironia nel nostro libro – a me è scappato qualche sorriso leggendolo -, e se sei un appassionato critico e che ama difendere a spada tratta il videogioco piuttosto che la sua riproduzione su grande schermo, sarai assolutamente concorde con l’autore!
Ho trovato assolutamente perfetta l’idea di inserire una immagine evocativa che desse l’idea di quello che l’autore volesse esprimere.
«Durante un film guardiamo dall’esterno; viviamo tutto quello che i personaggi vivono, ma non ne controlliamo una singola azione. L’elemento giocabile è fondamentale per suscitare un’emozione in un video game.»
Insomma, un po’ come accade al lettore che acquisisce quella forma di gelosia nei confronti del libro letto, così avviene anche per il videogiocatore che preferisce di gran lunga l’interattività alla staticità di vedere riprodotto su schermo il proprio videogioco preferito.
Questo è un libro che spazia, che analizza il mondo videoludico ad ampio spettro, che sa cogliere gli aspetti più profondi collegandoli ai videogiochi, trova quelle connessioni con gli stessi con correnti filosofiche come il nichilismo e l’esistenzialismo, ciò viene espresso nei confronti di un gioco in particolare, un gioco, anche questo, che mi ha particolarmente colpita, per la sua profondità e per il modo come è stato spiegato in questo libro, ti sto parlando di Nier Automata, un gioco che, di certo tutti gli appassionati conosceranno e ci avranno giocato almeno una volta nella vita, e per chi non ci ha mai giocato – come me – dovrebbe di certo farlo.
Al termine di questo capitolo, tra l’altro, vengono elencati tutti i filosofi i cui pensieri confluiscono nei personaggi di Nier Automata.
Dimmi un po’ adesso: non sei curioso di leggere di più? Di sapere che attinenza c’è tra questi filosofi e il videogioco su citato?
Ad ogni modo, non voglio svelarti tutto quello che troverai all’interno di questo libro, perché c’è tanto da leggere e da conoscere, e voglio che sia tu, caro lettore, a scoprirlo prendendo in mano il libro ed iniziando a leggerlo, perché ti assicuro che assaporerai i videogiochi come non li avevi mai visti e/o conosciuti prima, ti proietterai in un’altra dimensione, ripercorrerai le tappe salienti di alcuni videogiochi, e ti trasmetterà quella voglia di dire Voglio provare a giocare anche io!, qualora tu non l’abbia mai fatto, e ti regalerà preziosi spunti di riflessione.
Il libro si presenta ben scritto, ogni capitolo, come detto, tratta un argomento a sé, anche se, un argomento in particolare viene ripreso in altri capitoli ma viene sviscerato sotto diversi punti di vista.
Il linguaggio utilizzato è articolato e vede l’intercalare di termini ricercati, il linguaggio, altresì, si presenta come forbito e tecnico, con il sapiente utilizzo di termini prettamente videoludici, la tecnicità, peraltro è inoltre dettata dall’argomento in sé che la richiama in maniera importante; ciò, però, non ne rende complicata la comprensione, anzi, la fluidità della scrittura rende il pensiero scorrevole e mai banale e/o noioso. La lettura non è pesante e riesci, anche per chi non ha mai avuto a che fare con i videogiochi, a mantenere alta la concentrazione senza necessità di dover rileggere un periodo per averlo più chiaro. Al termine dei primi due capitoli, e dell’undicesimo, viene citata la bibliografia di riferimento. Ogni capitolo, infine, ha un titolo a sé, un titolo scelto con cura e che ti regala una piccola anteprima di ciò che andrai a leggere nel capitolo in questione.
Devo dire che è stato emozionante per me leggere questo libro, e, nonostante la mia poca esperienza in tema videludico, devo ammettere che questi ragazzi, con i loro capitoli scritti in maniera sentita, che lasciano trapelare il cuore e la passione che mettono, mi hanno trasmesso quella voglia di giocare, di sentirne l’ebbrezza e di mettermi nei panni dei protagonisti di questi videogiochi. E’ vero, oggi, questi, rappresentano un potente mezzo di comunicazione che spopola soprattutto tra i giovanissimi e mi chiedo: perché criticarli? Perché invece non provare a mettersi nei loro panni, perché non provare a capire cosa si provi nel momento in cui ci si trovi dinanzi ad un videogioco? A maggior ragione quando la storia si presenta come profonda e/o educativa e non possa far altro che consentire a chi gioca di imparare e/o prendere delle decisioni in totale autonomia che possono anche forgiarlo di una certa maturità, perché si sa prendere una decisione, banale o importante che sia, investe la persona di maggiore personalità e, appunto, maturità.
Quindi i videogiochi, oggi più che mai, non devono essere visti solo come aventi quel fine edonistico e/o ludico, ma considerati come narratori di storie che impongono anche una morale, poi, è chiaro, ci sono quei videogiochi che rivestono uno scopo puramente ludico, nati per far divertire, ma mi chiedo: che male c’è a voler giocare e divertirsi? Cosa c’è di strano nel voler trascorrere qualche ora godendo del proprio passatempo preferito? Nulla. Non c’è assolutamente nulla di male.
Il lavoro, sì, perché di lavoro si tratta, che questi ragazzi, autori di questo primo libro a tema videoludico, è lodevole, posso dire di conoscerli tutti virtualmente e di sentire, ogni giorno, toccare con mano la passione, la verve, la tenacia che mettono in ogni singolo articolo che redigono, ci mettono il cuore per far capire quanto per loro sia importante riuscire a trasmettere il loro messaggio.
«In poche parole possiamo dire che il videogioco fornisce stimoli ed elementi che poi il fruitore sceglie se (e come) utilizzare, per poi ricevere nuovamente le risposte della simulazione.»
Adesso, caro iCrewer, nell’attesa che tu corra a comprare questo libro ti lascio con una frase che mi ha molto colpita
«Non passa istante senza che io desideri diventare più bella, eppure io per lui non esisto. Ho persino tentato di imparare una canzone, le canzoni possono suscitare sentimenti. Mi sono esercitata ogni giorno, eppure io per lui non esisto. Ho mangiato altri androidi, ho divorato anche qualche biomacchina, eppure io per lui non esisto. Per lui io non esisto, per lui io non esisto, per lui io non esisto. Per lui io non esisto, per lui io non esisto, per lui io non esisto. In quel momento compresi che a lui non importavano le gemme, le canzoni, la bellezza o l’aspetto fisico, non posso conquistare il suo amore. Perché mi sono sottoposta a questa tortura? Non ha senso, non ha senso, non ha alcun senso! Lo specchio non riflette altro che la mia insensatezza, mi metto a urlare. Voglio solo esistere per qualcuno!».