“Nel territorio del diavolo, Antonio Monda si conferma come uno degli autori italiani più internazionali, e continua la sua esplorazione letteraria degli Stati Uniti e di New York con un libro profondo, appassionante e di clamorosa attualità, ricostruendo la storia di una delle figure politiche più controverse degli ultimi cinquant’anni”
“Nel territorio del diavolo“ è il settimo capitolo di “saga newyorkese” scritta dall’autore e iniziata con “L’America non esiste“, che esplora gli Anni Cinquanta; seguono “La casa sulla roccia” (Anni Sessanta), “Ota benga” (Anni Dieci), “L’Indegno” (Anni Settanta), “L’evidenza delle cose non viste” (Anni Ottanta) e “Io sono il fuoco” (Anni Qaranta)
la distruzione di michael dukakis era stata organizzata in maniera scientifica
Si potrebbe sintetizzare così, la trama di questo interessante capitolo sulla storia americana. Siamo nel 1988, nel vivo della campagna elettorale che vede George Herbert Walker Bush in corsa per la Presidenza contro, fra gli altri, il favorito Michael Dukakis. In questa avvincente storia, capiremo come la scelta di George H. W. Bush di affidarsi alle capacità comunicative di Lee Atwater (lo spin doctor detto anche “The Boogie Man”) si sia rivelata altamente vincente, ed entreremo nelle dinamiche che contribuirono a fare, letteralmente, la Storia.
La cosa che ho apprezzato molto di questo racconto è lo stile di scrittura: chiaro, mai tortuoso, sintetico, diretto. E sorprendente. Perché insieme alla narrazione di eventi politici, dinamiche di distribuzione del potere, diplomazia, tattiche di indottrinamento… ho trovato inaspettati paragrafi colmi di riflessione umana, riferimenti a Dio, alle emozioni più profonde di una collettività parte di un’epoca che potremmo definire quantomeno unica; l’autore ha trasmesso alla perfezione il dualismo emotivo del protagonista, Alexander, che si ritrova a farsi corrompere da stili di vita non proprio “illustri” solo per il bisogno di un lavoro, ma che al tempo stesso durante l’esperienza della collaborazione con Lee Atwater (della quale pensa fra le altre cose: “volevo sentirmi nelle viscere del mondo senza annusarne il fetore“) scopre di provare per lui anche amicizia, fedeltà, dedizione, complicità emotiva.
“Io al demonio non so se ci credo, e neanche in Dio, in verità, ma vedo, come mio padre, che il male esiste: lo vedo ogni giorno ed è dentro di noi. Perché esista non lo so, e rimane un mistero il motivo per cui veniamo al mondo portando con noi qualcosa di orribile che si propagherà. È proprio questo pensiero a farmi credere che forse Dio sia un’invenzione o una realtà necessaria. A volte ho anche pensato che il diavolo non è altro che il mondo. E questo non riesco ad accettarlo”.
Non manca di raccontarci dell’amore, Antonio Monda, del sesso, della sfrenatezza tipica della fine degli anni Ottanta, delle problematiche legate all’AIDS, dei cambiamenti generazionali. E naturalmente esalta il Primo Attore, trovandomi pienamente d’accordo, affermando che: “La città di New York è la vera protagonista”
[…] “Girammo quindi verso la Quinta, la più nobile delle Avenue, che cambia radicalmente secondo l’altezza, lo capisce a vista d’occhio anche un turista. È aristocratica vicino Washington Square, poi decade per molti isolati finché non ridiventa trionfale all’altezza si Saint Patrick. Forse è quello il centro della città, non tanto per la cattedrale, New York è troppo innamorata di sé stessa per poter venerare un solo Dio. Ma per l’energia unica al mondo che vedi in quell’incrocio di strade che costeggiano il Rockfeller Center: hai l’impressione che tutto nasca lì, e che la statua di Atlante di fronte alla cattedrale testimoni che a New York, solo a New York, sia davvero possibile: l’uomo può reggere il mondo sulle proprie spalle. E hai la sensazione anzi la certezza, che quella folla in perenne movimento rispecchi le speranze e le illusioni di tutta la città e del mondo intero“.
Assolutamente da non perdere, per ritrovare un avvincente Antonio Monda o per conoscere un autore dal carattere descrittivo davvero coinvolgente.