Caro iCrewer, ho usato un piccolo gioco di parole sui colori presenti in quest’antologia per spiegarti in breve di cosa tratta questo libro, il cui titolo in effetti già elargisce un altro indizio; non importa quindi essere esperti detective per capire che si tratta di racconti noir e ambientati in una (di solito lieta) festività che sta per arrivare, il Natale. Appena ho visto la cover sono rimasta affascinata e incuriosita: la grafica semplice e il carattere d’impatto oltre che nomi di autori che già apprezzo, mi ha fatto desiderare di leggerlo il prima possibile, ma soprattutto proprio durante l’atmosfera che già si sta respirando in ogni luogo, quella natalizia.
Premetto che in genere non sono una fan sfegatata dei racconti brevi; purtroppo ho affrontato poche letture di questo genere e quasi tutte le volte ne sono uscita con l’amaro in bocca, non riuscendo forse a capire bene come questa tipologia di scrittura riesca a suscitare egualmente emozioni, e andando a concludere che le cose sono due: o io non sono adatta a leggere racconti oppure è una tecnica di scrittura particolarmente difficile da realizzare e quindi di bravi autori ve ne sono pochi; lo ammetto, è più probabile la prima ipotesi.
Ma torniamo nei ranghi. Ho affrontato questa lettura in ogni caso senza pregiudizi e anzi con molta curiosità riuscendo a godermi la lettura ed entrando appieno nell’atmosfera trasmessa di volta in volta da ogni scrittore e scrittrice. Non li ho ancora menzionati? Si tratta di Gianluca Arrighi, Dario Lama, Riccardo Landini (che ebbi il piacere di conoscere alla libreria Mondadori di Montecatini Terme e l’onore di porgli qualche domanda), Piergiorgio Pulixi e Letizia Vicidomini. Cinque scrittori, cinque racconti. Ogni autore ci regala la storia di un… nero Natale, ognuno col suo stile e la sua tematica (spicca anche quella della violenza sulle donne in quelli della Vicidomini e di Gianluca Arrighi) ma con un comune denominatore: tutti trasmettono atmosfera, suspense, psicologie perfettamente delineate, colpi di scena e finali appaganti, regalando in definitiva un’ottima esperienza di lettura.
Vi regalo qualche stralcio che a me è particolarmente piaciuto; partiamo da questo passaggio preso da Il valore del Merlo, di Riccardo Landini: “Non ne poteva più di sopportare l’insensibilità, la grettezza, il cinismo che pure talora anch’egli ostentava per necessità del mestiere o, magari, soltanto per sopravvivere. Il suicida aveva un dono, grande, incommensurabile, che gli invidiava: la capacità di scrivere, di disegnare a parole un mondo creato a propria immagine. Era un dono che bruciava il cuore, alterava la vita, sconfiggeva il tempo anche per chi, come Silvestri, disponeva di una realtà mediocre, se non infima, costellata di sofferenze, di sconfitte, di solitudine.” Mi ha fatto riflettere sulla “missione” di chi ha il talento, la creatività, l’arte tra le mani, compresa anche quella dello scrivere, che talvolta paga a caro prezzo questo dono ma che riesce a consolare e a far sognare le anime sensibili di questo mondo.
Del racconto di Letizia Vicidomini, L’Uomo del Natale, ho apprezzato non soltanto la storia in sé, come dicevo prima che tratta il tema sulla violenza delle donne, ma il modo alternativo di affrontarlo: in questo suo presentare la questione fa intervenire anche un attore molto particolare…. di cui ovviamente non vi svelo l’identità, ma che in un passo esprime così la sua partecipazione: “L’uomo (del Natale n.d.r) si è distratto per un secondo, ma l’urlo soffocato si ripete, senza dubbio. Stavolta è seguito da un tonfo sordo e da un’imprecazione, amplificata dal silenzio intorno. “Cristo…” dice la voce, con un tono rabbioso. Strano pensare che quella notte si festeggi proprio la nascita del signore che stanno menzionando in maniera così cattiva. Sì, perché il suono di quella parola è duro, pieno di odio, probabilmente verso la persona cui è diretta.”
Anche il racconto di Gianluca Arrighi è davvero intrigante e tocca il tema… diciamo dell’amore ma soprattutto del possesso, troppo spesso associati ma che non hanno nulla a che vedere con l’affetto sano e sincero; naturalmente il suo La prima moglie del Professor Filanti non risulta una mera constatazione di queste dinamiche, anzi è un piccolo brivido concentrato, d’effetto e di piacevolissima lettura. “Mio Dio!”, gridò con voce isterica mentre afferrava l’abito. “E questo cos’è?” Gli altri tre si girarono a guardarla. Il suo tono, la sua evidente agitazione, erano sproporzionati rispetto all’importanza della scoperta. “Mia cara”, disse il signor Loreti con tono rasserenante, “è un abito di seta, lo vedi anche tu. Deve essere un dono per te, probabilmente.” “Un dono per me? No! Questo vestito è stato lavato, rivoltato e rammendato almeno un centinaio di volte”, disse Rebecca mentre mostrava la veste femminile, che in effetti era completamente lisa e sembrava sul punto di cadere a pezzi. […] Rebecca posò in fretta l’abito di seta. Le tornarono in mente le parole pronunciate dal suo fidanzato mentre si trovavano al cimitero: “Eugenia era una donna perversa, molto perversa”.
Occhi di Natale, di Diego Lama, è un (altamente coinvolgente) inno alla follia e personalmente ho adorato immergermi nei meandri delle psicologie dei protagonisti; riporto questo passaggio che mi è rimasto impresso e che esprime in pochissime parole e dialoghi minimi un’intera vita spezzata… “E poi?” “E poi avvicinava il coltello ai miei occhi e mi diceva: vuoi vedere che adesso te ne cavo uno? Vuoi vedere?” “E tu?” E io le dicevo che stavano per arrivare mamma e papà…”. L’uomo guardò il vuoto di fronte a sé. “E lei diceva: vediamo, vediamo se arrivano. Vediamo. Mi guardava e avvicinava il coltello.” L’uomo smise di parlare. “Vediamo” ripeté dopo un attimo. “I tuoi genitori non venivano?” chiese la donna. “No: erano lontani, non potevano venire, non sapevano…“
Termino con il racconto di Piergiorgio Pulixi, Il regalo di Natale: “Le piaceva la sua sensibilità. Quel suo muoversi fuori e dentro dal letto con delicatezza, come se avesse paura di urtarla o farle del male. Parlava in modo gentile ma diretto, rispettoso ma profondo. Del suo corpo, della sua anima. Anche quello non era un tratto così comune. Forse, rifletté, di lui poteva fidarsi. Per qualche ora almeno. Fuori il cielo guizzava di lampi. Stava per riversarsi un temporale sulla città. Sarebbe stato un Natale gelido e piovoso, avevano detto alla radio. Rimasero entrambi ad ascoltare i boati dei tuoni per un po’, persi ognuno nei propri pensieri. “Stavi scrivendo una lettera quando ti ho vista. Mi ha incuriosito. Nessuno scrive più lettere a mano” disse lui, infrangendo il silenzio. “Nessuno o quasi.” Già, e questa lettera protagonista della storia farà da accompagnamento a tutta la trama, interessante, inedita e dai risvolti inaspettati.