Buongiorno iCrewer! Questa volta, la lettura di cui ti parlerò non è esattamente appena conclusa, in quanto ho dovuto lasciare che decantasse per qualche tempo, prima di poter sperare di trovare le parole giuste per descriverla (e ancora ho qualche dubbio su come andrà la faccenda). Si tratta di L’isola dei senza memoria, di Yoko Ogawa – o Ogawa Yōko, per dirla alla giapponese – tradotto da Laura Testaverde e pubblicato dalla casa editrice Il Saggiatore.
Forse ti starai chiedendo come mai io abbia dovuto aspettare. È stato così brutto da dover ponderare con cura ogni parola, prima di scrivere? Lascia indifferente, tanto da non sapere cosa raccontare? Al contrario! Il romanzo di Yoko Ogawa mi è piaciuto davvero molto.
Tuttavia, mi rendo conto che, senza la lettura in prima persona, sia facile percepirlo come strano, senza capo né coda, quasi sospeso. Spero, quindi, di poterti trasmettere almeno un po’ la mia esperienza al riguardo e invogliarti a leggerlo!
Cominciamo con giunto un po’ di trama.
Che cosa accade?
In qualche parte del mondo c’è un’isola molto particolare. Qui, ogni tanto, a intervalli irregolari, senza preavviso o motivazione, scompaiono degli oggetti e quando ciò accade, se ne vanno anche tutti i ricordi legati a loro. È difficile da immaginare, lo so, ma succede. E gli abitanti hanno imparato a circumnavigare i vuoti lasciati dalle scomparse, continuando placidi con la loro vita.
La protagonista non è da meno: vive tranquilla, serena, quasi dentro un bolla.
Cosa succederà, però, quando la caccia a coloro che ancora serbano i ricordi di ogni singolo oggetto scomparso si inasprirà? Ti lascio il piacere di scoprirlo tra le pagine del libro!
L’isola dei senza memoria: la recensione
Non ti nascondo di trovarmi leggermente in difficoltà, nello scrivere la recensione di questo romanzo, proprio perchè mi ha davvero colpito.
Si tratta di un’opera insolita, che scombussola e scuote, sebbene, alla fin fine, la trama sia più simile alla placida superficie di un lago al tramonto, piuttosto che a quella di un mare in tempesta. Lo stile, l’intreccio, gli avvenimenti, nulla è sconvolgente o rivoluzionario, eppure tutto è estremamente incisivo e inaspettato.
Cominciando a leggere, uno dei miei primi pensieri è stato “sarà sulla falsa riga di Hunger Games“. Povera illusa; mai previsione fu così sbagliata.
La protagonista è ciò che più di distante possa esserci dai personaggi di universi distopici: è per lo più passiva, si lascia trasportare dal flusso, prendendo decisioni forti solo in momenti sporadici; in più, fa parte della percentuale di popolazione che dimentica (non dei pochi eletti che ricordano). Non solo, ma non viene neppure identificato un qualche nemico, una forza oscura responsabile delle sparizioni.
Siamo semplicemente calati in questo mondo, quasi come ci fossimo sempre stati, come se non necessitassimo di alcuna spiegazione. Ci pensa il nostro cervello a prestare attenzione e riempire quelli che sembrano vuoti di trama con miriadi di collegamenti.
E così iniziano le ipotesi, le analogie. Nella polizia segreta vediamo le SS naziste; in coloro che ricordano, gli ebrei (ho scoperto poi che, qualche anno prima di scrivere il romanzo, Yoko Ogawa aveva approfondito al sua conoscenza dell’Olocausto). E poi? Poi tutto cambia nuovamente asse.
Alla fine, ho preso la decisione di smettere di cercare di capire quale fosse lo scopo della narrazione, dove volesse andare a parare, e mi sono semplicemente goduta il viaggio.
Ho assaporato i momenti dolci e quelli disperati. Gli attimi idilliaci e quelli di tempesta. La paura e l’amore quasi infantile. Il tutto sentendo l’ansia con cui la scrittrice ha intriso la narrazione salire sempre di più, fino a serrare quasi la gola, nelle ultime pagine.
Gli episodi; le sparizioni; il romanzo che la protagonista sta scrivendo, in cui sembrano riversarsi le forti emozioni che mancano nella storia principale; i pochi ricordi ancora rimasti, tutto si mescola in un crescendo che porta a una conclusione per me inaspettata. E, sebbene non ti nascondo che a volte io abbia avuto una voglia matta di cercare di scuote i personaggi dal loro torpore, non posso che essere meravigliata e sorpresa dal dipinto che si crea alla fine.
Non so se le mie parole sono state sufficientemente chiare, ma spero di averti fatto venire almeno un po’ di voglia di leggere L’isola dei senza memoria, perchè davvero, l’esperienza e le sensazione che mi ha dato questa lettura difficilmente si possono esprimere.
Yoko Ogawa
Yoko Ogawa è una delle autrici della letteratura giapponese contemporanea più lette e tradotte all’estero. Ti basti pensare che in Francia ogni suo romanzo vende intorno alle cinquanta mila copie!
Ha scritto davvero molto, tanto da poter individuare alcuni argomenti ricorrenti, all’interno della sua produzione. Uno di questi temi, come testimonia L’isola dei senza memoria è, appunto, la memoria, il ricordo. Questo romanzo, scritto originariamente nel 1994 e tradotto in Italia, a cura di Laura Testaverde per Il Saggiatore, nel 2018, è stato da poco riscoperto anche negli U.S.A.. La versione in angloamericano è datata 2019, e ha raggiunto un successo tale da vincere l’American Book Award nel 2020, essere inserita tra i 100 libri dell’anno New York Times e venire nominata per l’International Booker Prize.
Altre opere di Yoko Ogawa sono: La formula del professore, Hotel Iris, Vendetta e Nuotare con un elefante tenendo in braccio un gatto.