Leggere Lirael di Garth Nix, un po’ com’è accaduto per il primo libro di questa serie, Sabriel, è stato un’esperienza magica e davvero fantastica – anche nel senso che ci stiamo avventurando in un fantasy.
La mia unica perplessità risiede nel nome che Fazi editore, la casa editrice che si occupa della traduzione – nello specifico a opera di Daniela De Lorenzi – e della pubblicazione di quella che è, a tutti gli effetti una serie cult del genere, è la denominazione che le hanno assegnato: perché chiamarla Trilogia del Vecchio Regno, quando in lingua originale sono più di quattro i volumi che compongono la storia degli Abhorsen? Inizialmente pensavo che il piano potesse essere quello di concentrare l’attenzione sulle tre protagoniste femminili per ora apparse tra le pagine di Garth Nix, quindi Sabriel, Lirael e Clariel, ma dopo aver letto questo volume, non credo che lo sviluppo sarà di questo tipo.
Tuttavia, rimane il fatto che Lirael sia un romanzo che merita di essere letto. Ciò detto, procediamo con la trama.
Lirael e la Veggenza, Sameth e le campane
Lirael e Sameth sono simili, ma estremamente diversi.
Lirael vive trai i ghiacci delle Clayr, in attesa del manifestarsi di un dono che non arriva, che sembra non volerla rende parte della famiglia che la circonda. È sola, stanca, triste e l’oscurità sul fondo del crepaccio diventa sempre più attraente. E poi, in un attimo, quella scelta che doveva portarla alla fine le regala invece un nuovo inizio, un compito che le permette di sbocciare e di iniziare a scavarsi, faticosamente e a mani nude, un posto tutto per sé tra pareti di ghiaccio che sembrano respingerla a ogni passo.
Sameth è un principe con un futuro ben preciso davanti a sé. Il suo essere momentaneamente al di là del Muro, ad Ancelstierre, non è che una parentesi di crescita in una vita che promette di portarlo tra mille pericoli. E va bene così, perché è la sua eredità, un dovere che appartiene al sangue che scorre nelle sue vene. Eppure, ora che il momento sembra giunto, il freddo lo attanaglia, gli intorpidisce le mani e gli gela le ossa.
Cosa succederà, quando il Vecchio Regno esigerà da entrambi il prezzo della loro eredità?
Lirael di Garth Nix: la mia recensione
Avendo letto così recentemente entrambi i due capitoli della saga del Vecchio Regno già pubblicati in Italia, mi viene spontaneo fare dei paragoni, e alla luce di ciò, credo che Lirael mi sia piaciuto più di Sabriel. Lo stile di Garth Nix è molto bello ed evocativo: descrive i paesaggi in modo preciso, ma senza essere pedante o eccessivamente specifico (tranne forse che nei brani in cui si parla di navigazione, ma è una minima parte). Ho particolarmente apprezzato l’ambientazione di tutta la prima parte del romanzo, quella in cui anche io, se dovessi partire per un’avventura, vorrei trovarmi. Un’antichissima biblioteca piena di segreti, mostri e artefatti magici? Meraviglioso.
Inoltre, ho trovato davvero interessante l’approfondimento del mondo delle Clayr, poco trattato nel primo romanzo. Il loro stile di vita, così pianificato e codificato, differisce profondamente da quello di Sabriel, unico altro elemento di paragone che abbiamo all’inizio del libro.
Nel complesso, Lirael mi è sembrato un romanzo più disincantato, come se fosse sparita la patina di leggero ottimismo che permeava Sabriel (perché diciamocelo, le possibilità che la vicenda principale andasse a finire male erano davvero scarse). Forse è il modo in cui Garth Nix presenta i due personaggi principali a decidere il tono del racconto, ma l’ho trovato più vero. Per quanto ci siano i successi, essi possono essere conquistati in modo abbastanza raffazzonato, e non mancano di certo le sconfitte. Non va tutto liscio, non si presentano soluzioni che, per quanto pretendano un alto prezzo, garantiscano un buon risultato. Ci sono solo due ragazzi, lontani da casa, che non hanno idea di come rimettere a posto le cose.
L’alternanza dei punti di vista di Lirael e Sameth ha stuzzicato la mia curiosità, spingendomi a immaginare il momento in cui i due si sarebbero incontrati, e non ho potuto trattenere un sorriso, quando ciò avviene in un modo un po’… inconsueto. Entrambi sono personaggi che mi hanno portato a empatizzare e a sperare per la buona uscita delle loro imprese.
Sameth, schiacciato da obblighi che non sente suoi, di cui è terrorizzato, ma a cui tenta comunque di prestare fede, per non deludere ciò che di più caro ha al mondo, la sua famiglia. La sua pare un’involuzione, per gran parte del romanzo, perché dopo il primo inciampo, per così dire, impiega molto sforzo e fatica per iniziare a rialzarsi. Forse, ciò di cui aveva davvero bisogno era qualcuno che lo ascoltasse, che non proiettasse nulla su di lui, ma si limitasse ad accoglierlo. Non nascondo, però, il fatto che il finale mi lascia abbastanza preoccupata per il suo futuro.
Lirael è completamente proiettata verso il desiderio di appartenere, di essere esattamente come tutte le altre; nota le mancanze, ma non i doni. Mi ha stretto il cuore il fatto che non riesca a riconoscere il proprio valore, i propri pregi se non dopo essersi allontanata di moltissime leghe dal ghiacciaio. Eppure, forse è proprio questo che le ha permesso di sbocciare, di capire quanto sia forte, unica, e speciale. Di rendersi conto che capelli e occhi scuri su una pelle pallidissima possono essere una benedizione, e non per forza il male che era stata indotta a vedere fino a quel momento.
Nel complesso, li ho trovati davvero due personaggi ben assortiti: una dedita al lavoro, l’altro un filino pelandrone; una ligia alle regole, l’altro creativo; entrambi coraggiosi, anche se in modo diverso. Insomma, non vedo davvero l’ora di scoprire come si concluderà l’avventura dei due pellegrini di Garth Nix.
Per concludere, direi che Lirael di Garth Nix è davvero un bel romanzo, che spinge a riflettere su tematiche importanti come il senso del dovere, le aspettative e i pregiudizi, il tutto contornato da una buona dose di sfavillante magia e sana avventura. Lo consiglio soprattutto agli amanti del fantasy ad ambientazione medievale. E poi diciamocelo, la cover è davvero fenomenale!