Nuovo romanzo di Erin Kelly, giornalista e scrittrice di thriller psicologici, La verità sul caso Beth Taylor è pura tensione, suspense, angoscia. Tutto ciò di cui ha bisogno un perfetto thriller.
Lo stesso Stephen King si è espresso in favore di quest’ultimo romanzo fresco di stampa. E non stentiamo a capirne il perché. Erin Kelly fa un lavoro sublime, ci tiene incollati fino all’ultima parola alla storia, ai personaggi e ci lascia con un sentimento misto di angoscia e sollievo.
Ma non saltiamo subito alle conclusioni e vediamo prima di cosa parla questo riuscitissimo thriller.
Nell’estate del 1999 Kit e Laura sono diretti in Cornovaglia, per partecipare a un festival e, ben più importante, per assistere a un’eclissi solare. Kit è un vero esperto e appassionato, Laura non ne ha mai vista una prima. È un grande evento per entrambi, un’esperienza importante e da condividere con la speranza di poterne vivere insieme molte altre. Nei momenti successivi all’eclissi, Laura si imbatte in un uomo e in una donna. Inizialmente non capisce cosa stia guardando, ma dopo poco realizza che c’è qualcosa di sbagliato, che quello a cui sta assistendo non è un normale rapporto consenziente, ma uno stupro. L’uomo nega fin da principio e, dopo l’arrivo di Kit, fugge. Viene poi rintracciato dalla polizia e si apre un processo lungo e complicato, dove ogni prova che dimostra la colpevolezza dell’uomo viene sminuita e tutto si riduce alla parola della vittima, Beth, contro quella dello stupratore, Jamie. Laura e Kit cercano di sostenere Beth come possono; Laura le offre immediatamente il suo aiuto e supporto, prima come semplice testimone, poi come amica. Le due ragazze diventano molto unite, ma l’affetto e la gratitudine di Beth sembra prendere una piega ambigua, tanto che Laura comincia a chiedersi se non abbia fatto male a lasciar avvicinare così tanto la donna. Potrà fidarsi di lei?
15 anni dopo, Kit e Laura hanno cambiato casa, hanno cambiato vita, hanno cambiato nomi. Non sono su nessun social, non partecipano a nessuna attività mondana. Continuano a nascondersi dal loro passato, da una donna che sembrava una vittima, ma che si era rivelata, invece, pazza e ossessiva. Ma le cose saranno davvero come sembrano? Un ultimo segreto attende Laura e quando verrà a galla tutte le certezze e le verità consolidate si frantumeranno in mille pezzi.
Partiamo dalla struttura del libro
Il romanzo è formato da quattro parti. Quattro come le quattro fasi di un’eclissi, che vengono presentate dalla scrittrice a inizio libro:
Un’eclissi solare totale attraversa cinque fasi:
– primo contatto. L’ombra della luna diviene visibile al di sopra del disco solare. Sembra che qualcuno abbia dato un morso al sole;
– secondo contatto. Il sole è quasi interamente coperto dalla luna. Gli ultimi raggi solari filtrano dalle fessure tra i crateri lunari, dando ai due corpi celesti sovrapposti l’apparenza di un anello di diamanti;
– totalità. La luna oscura completamente il sole. Si tratta della fase più drammatica e spettrale di un’eclissi solare totale: il cielo si rabbuia, le temperature precipitano e spesso gli uccelli e gli altri animali non emettono alcun verso;
– terzo contatto. L’ombra lunare inizia ad allontanarsi e riappare il sole;
– quarto contatto. La luna si separa dal sole e l’eclissi ha termine.
Ogni parte del libro crea un parallelo con ognuna delle quattro diverse fasi dell’eclissi. La prima parte procede lentamente, vengono presentati i personaggi, viene presentato il tema centrale attorno al quale ruoterà tutto il romanzo. Non succede molto, vengono lasciati degli indizi e degli spunti che solleticano la nostra curiosità, ma in sé la prima parte racchiude molto poco. Si fa più intensa verso la fine, con i vari salti temporali che riportano Laura a quindici anni prima, all’inizio del processo. Nella seconda parte la tensione comincia a salire, vengono inseriti i primi veri elementi inquietanti. Beth diventa una figura ambigua, non sappiamo cosa pensare di lei, ci assalgono i primi dubbi. La terza, esattamente come la terza fase di un’eclissi, è la parte più tragica. Scopriamo finalmente cosa sia successo quei famigerati quindici anni prima, perché la coppia sia costretta a vivere nell’ombra e cosa c’entri Beth in tutto questo. L’angoscia è crescente, il ritmo serrato, tanto da togliere il respiro. Tutto comincia a prendere forma e, contemporaneamente, comincia a precipitare. Tutto ciò che non tornava, tutti i nostri dubbi si fanno chiari, ma non rendono certo la storia meno angosciosa. La quarta parte, quella finale, è la risoluzione di tutto, ma con una conclusione amara.
La storia viene presentata da due punti di vista diversi,
quello di Laura e quello di Kit. Fin qui non ci sarebbe niente di stupefacente, è una delle strategie più usati dagli scrittori per rendere la lettura meno monotona. La cosa particolare, che si nota soltanto in fondo al libro, è la diversa prospettiva che assumono i personaggi rispetto alla loro storia. Mentre Laura per quasi tutta la durata della storia è estremamente focalizzata su Beth, sul processo ed esprime opinioni, presenta dubbi su di lei e sulla veridicità del processo, Kit, al contrario, inserisce raramente un qualche commento o giudizio su quello che potremmo definire “il caso Beth”. E solo alla fine sarà chiaro il perché.
La scrittrice gioca abilmente con noi lettori.
Come succede a Laura, anche a noi vengono infiniti dubbi. Anzi, a metà libro siamo ormai certi dell’instabilità mentale di Beth. Siamo convinti che sia ossessiva, pazza, una stalker. Ma, dall’altra, la scrittrice non fa mai niente per confermare le nostre congetture; noi pensiamo che Beth sia colpevole, ma non ne possiamo essere totalmente certi. E questa è la forza del romanzo, che si regge interamente su questa incertezza costante e sul dubbio. Un aspetto inquietante del libro sono proprio gli effetti che ha su noi lettori. La scrittrice fa sorgere il dubbio che addirittura lo stupro non sia altro che un’enorme bugia, una messa in scena della mente malata di Beth. E questi sono sicuramente dubbi scomodi. Che facciamo fatica ad accettare e ad ammettere anche a noi stessi.
Proprio lo stupro è parte fondante del romanzo, argomento sul quale la scrittrice ci porta a riflettere.
Le descrizioni del processo sono a dir poco disturbanti, nauseanti. Riflettono alla perfezione una realtà quotidiana, tutti quegli stereotipi ben radicati nella nostra società. Beth è una ragazza libera, espansiva, che ama divertirsi, bella. E queste sue caratteristiche costituiscono le prove di base per la Difesa di Jamie, dello stupratore.
Vi sembra la ragazza sobria e dimessa apparsa sul banco dei testimoni? O è invece uno spirito libero, una ragazza edonista e festaiola aperta a ogni genere di esperienza, per la quale il sesso occasionale a un festival musicale non è che parte degli svaghi del week-end? Riteniamo che se la giuria avesse potuto vedere queste foto, il verdetto sarebbe stato ben diverso. A chi credete? Al giovane diligente e studioso senza precedenti di violenza o alla ragazza con un passato di disturbi mentali, che si lascia ritrarre in questo modo?
Questo passo è uno dei tanti raccapriccianti che ci vengono presentati. Ci fa riflettere sullo stupro stesso e su come le donne vengono sempre viste in questo contesto. Anche quando si riconosce la donna come effettiva vittima di violenza, rimane comunque, di sottofondo, una sorta di dubbio, una sorta di accusa velata. Quello che si dice è che non è colpa della ragazza se è stata stuprata, quello che si pensa è che, in fondo, forse un po’ colpa sua è. Non doveva vestirsi in quel modo, non doveva essere così espansiva.
In conclusione,
un thriller avvincente, ricco di tensione, di facile lettura, ma che, nello stesso tempo, porta a riflessioni profonde sugli argomenti trattati. Un romanzo, quindi, completo. Se non vi fidate del mio giudizio, fidatevi di quello di Stephen King.