Caro iCrewer, oggi ti parlo di un romanzo molto particolare: La foresta d’acqua (edizione originale 2009) edito Garzanti (2019) di Kenzaburō Ōe. Uno Scrittore che ha vinto il Premio Nobel per la Letteratura nel 1994, oltre ad aver ottenuto diversi altri riconoscimenti. E’ nato nel 1935 nell’isola di Shikoku, in Giappone.
Per darti un’idea del tipo di romanzo di cui parliamo faccio una breve premessa sul genere: si tratta di un romanzo autobiografico giapponese, watakushi-shōsetsu o shi-shōsetsu, utilizzato soprattutto per raccontare il lato più oscuro della vita dell’autore o della società e riconoscere gli errori.
Le regole generali che caratterizzano questo genere, seguite anche da Kenzaburō Ōe, sono:
1 La storia è ambientata in uno scenario naturale realistico
2 Narra un’esperienza personale
3 L’autore dell’opera è il protagonista della trama e racconta in modo sincero e anche crudo, se necessario
Devo dirti che non è un libro che scorre facilmente, anzi io ho trovato grandi difficoltà nella lettura di questo testo, ne ho colto però degli aspetti che voglio condividere con te.
Ōe racconta la sua storia come autore e come uomo, confondendo autobiografia e finzione. Tutto ha inizio da un episodio traumatico della sua vita: nel 1945 il padre muore per annegamento mentre cerca di fuggire con una piccola barca in un fiume in piena. Il piccolo Kogii, questo è il nomignolo che Ōe aveva da bambino, è lì. Da quel momento in sogno rivede ogni volta il padre trascinato via dalla corrente, una valigia di pelle rossa e il suo amico immaginario, che come lui si chiama Kogii, con cui ha condiviso l’infanzia. Da quel momento pensa a come scrivere il romanzo dell’annegamento.
Ed il libro è proprio la storia della costruzione di questo romanzo, alternato a ricordi, sogni dello scrittore, miti della religione shintoista. Ma è anche un inno alla narrazione, qualunque sia il modo in cui lo si fa, come mezzo per ripercorrere il tempo passato e rimarginare ferite che altrimenti rimarrebbero aperte. Lo scorrere del tempo e il valore della memoria sono temi cardine insieme a quello della paternità e della lotta contro l’abuso sulle donne.
Il fiume più lungo scorre dentro di noi. Solo risalendo la corrente, possiamo conoscere la verità.
Il romanzo di Kenzaburō Ōe è diviso in tre parti: la prima intitolata “Il romanzo dell’annegamento”, la seconda “La supremazia femminile” e la terza “Con questi frammenti ho puntellato le mie rovine”.
Nella prima parte il rapporto padre figlio viene raccontato attraverso i ricordi che conserva nella memoria, quelli che la madre gli ha lasciato nella valigia rossa e quelli che sono andati distrutti per evitare che rientrassero nel suo racconto, alternati alle paure e alle preoccupazioni di lui come padre e del suo legame con il figlio Akari, affetto da una malformazione fin dalla nascita.
Nella seconda parte del romanzo, viene sviluppato il tema della lotta contro l’abuso sulle donne, di cui Unaiko sarà protagonista. Unaiko è una giovane attrice e regista che fa parte di una compagnia teatrale che intende mettere in scena le opere dell’autore. Unaiko insieme alla sua amica Ricchan e alla sorella di Kogii, lo convincono a scrivere una versione per il teatro di una sceneggiatura scritta da lui in passato per un film, che riguardava delle insurrezioni contadine capeggiate da donne.
I personaggi femminili sono tutti molto forti e propositivi, forse un po’ troppo invadenti nella vita dell’autore che sembra non avere la possibilità di decidere da solo o meglio non essere in grado di opporsi.
Il finale contenuto nella terza parte è molto suggestivo e intriso di miti e leggende giapponesi.
La lettura è resa un po’ faticosa dallo stile utilizzato: infatti l’autore utilizza molto i dialoghi per far emergere i propri pensieri e in alcuni momenti il suo rimuginare appare ripetitivo. Inoltre io che di solito nei libri mi appassiono molto ai personaggi non sono riuscita a sentire empatia né a immedesimarmi in nessuno di essi. Ho apprezzato comunque molto di più la prima parte rispetto alle altre.
Sicuramente è un bel libro ma non per tutti: consiglio La foresta d’acqua di Kenzaburō Ōe a chi ama il Giappone e i suoi miti e a chi ha bisogno di una lettura lenta da prendere quasi come una meditazione.
grazie della recensione. inizio ora a leggerlo
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