La follia o l’ amore?… bella domanda! La sensazione immediata, dopo aver letto le prime 10 pagine è, certamente, di follia, perché l’autore ci presenta Nino, il nostro professore, sindacalista e aspirante scrittore romanziere, uomo depresso, disperato, ma soprattutto arrabbiato con il mondo da cui pensava di ricevere sostegno e che, invece, lo ha tradito miseramente. Ma per comprenderlo meglio dobbiamo andare con ordine.
Il libro, terza e ultima parte di una trilogia di Inzerillo, è un susseguirsi continuo di momenti di vita e di ricordi vissuti da un uomo maturo, malato, rissoso che vive a Palermo, da solo, alle spalle molti lavori che non ha più, innumerevoli trascorsi amorosi quasi tutti falliti, un solo grande amore, sua moglie che lo ha, improvvisamente abbandonato e Beatrice, sua figlia, con i tre nipoti che ama profondamente. Fin qui potrebbe sembrare una storia come tante ma, il nostro protagonista, ha sempre sognato di scrivere e sacrifica tutto per rincorrere il suo sogno; tra i mestieri fallimentari di professore e quello di sindacalista, cimentandosi tra piccole rubriche, recensioni e le prime novelle (vedi Mi sono innamorato di Naomi Watts), scrive il terremoto inventato, il suo primo vero romanzo, che, solo alla fine, riuscirà ad avere il giusto riconoscimento. Per buona parte del libro, la vita di Nino è un lungo e, a mio avviso, estenuante monologo, sulle difficoltà della vita, sulla frustrazione e la rabbia, sul fallimento totale rispetto ai punti di riferimento e la sua incapacità di accettare i propri limiti.
Il troppo tempo a disposizione fa perdere a Nino, il senso reale della vita quotidiana e dichiararsi “fallito di mestiere” è l’unico mezzo per poter sopravvivere. In uno dei pochissimi dialoghi del romanzo, l’autore affida all’analista di turno, il compito di spingere il suo scrittore a riflettere sul senso della vita e a darsi, autonomamente, le risposte cercate incessantemente.
Comincia, quindi, un lungo viaggio carico di ricordi, quelli più recenti legati alle prime esperienze letterarie, a quelli più lontani e più dolorosi perché legati alla Finlandia, meta continua dei suoi viaggi, alla ricerca spasmodica del “sé seduttivo”, come lo definisce Inzerrillo. La ricerca frenetica nel trovare le risposte ai grandi interrogativi della vita, lo porta ad usare perfino interviste, improvvisate sul momento, con amici fidati, con i quali discorre del senso della vita, della morte, dell’amicizia e dell’arte. Anche qui il monologo, poco scorrevole, e a tratti ripetitivo, non tradisce le intenzioni dell’autore di giustificare le contraddizioni che il protagonista vive durante le sue innumerevoli esperienze.
Nel lungo monologo introspettivo e nei pochi dialoghi che l’Autore inserisce, traspare senza dubbio un grande desiderio di riappropriarsi della sua vita. Il diritto di “andare dietro ai sogni”, di “decidere di non decidere”, di “cercare una terza soluzione”, di “sentirsi morto e vivo contemporaneamente” ma di capire che, alla fine, dopo ogni sforzo per comprendere se stessi, la via più giusta per giungere al tanto desiderato equilibrio è la ricerca dei piccoli momenti di felicità che, se vissuti, completamente, nell’amore sincero, sconfiggono la morte , soprattutto quella dell’ anima.
“Si muore quando si accetta che gli altri prendono a calci la tua mente”, dice Inzerillo e, in questo, non so dargli torto; l’ultima parte del libro, infatti, più scorrevole nella descrizione degli stati d’animo, convince di più, si sente maggiormente il senso di libertà, il desiderio di volare con la mente, di liberarsi dalle costrizioni. Nino, in effetti, alla fine ce la farà, scegliendo di andar via da Palermo, dove, per assurdo, lo daranno anche per morto, e di ritornare nella sua amata Finlandia, terra mai dimenticata , che gli darà una nuova ragione per vivere e di ritrovare se stesso. Alle ultime pagine del libro, l’autore, affida messaggi di speranza, come un salvagente emotivo capace di riportare a galla i buoni sentimenti e, allora, mi viene in mente una delle frasi che più mi ha colpita, cos’è l’amore se non follia”?… bella domanda…