Un thriller psicologico per ribadire che, a volte, è tutto un “equilibrio sopra la psichiatria” e che il buon Pirandello, aveva visto giusto.
La mente umana è un mistero insondabile: lo dice la scienza che non è ancora riuscita a sondarne i meandri, lo dice la filosofia, la psicologia e la psichiatria che, da quando esistono, hanno cercato di entrare nei misteriosi circuiti cerebrali, senza riuscirci completamente. “La mente umana è come un iceberg, galleggia con un settimo della sua massa al di sopra dell’acqua”, così asseriva Sigmund Freud che di cervelli si intendeva abbastanza.
Diventa inevitabile, leggendo La bestia di Brixton di Gianni Mazza, Operaincerta edizioni, fare un minimo di riferimento alla psicanalisi e alla psichiatria, in quanto il protagonista, Mark-Karl-Damian-Jo, (e ne dimentico qualcuno mi sa…) sarebbe stato la gioia di fior di psichiatri che avrebbero perso il sonno ad analizzare la sua mente.
Come avrai letto dalla sinossi, Mark ha un disturbo della personalità che chiamare sdoppiamento è un eufemismo, si potrebbe parlare piuttosto e quantomeno di sestuplicazione (la Crusca mi passerà il termine). In lui convivono, in antitesi fra loro, almeno sei personalità… e qui mi sembra d’obbligo una riflessione, se vuoi anche un po’ ironica: sicuro che l’autore non ha scritto il romanzo durante un delirio da febbre a quaranta? Battute a parte, ci vuole una bella fantasia ad immaginare un individuo con sei personalità diverse, sebbene ci sia già stato chi ha affermato che l’uomo è Uno, nessuno e centomila, ecco qua, ho trovato il precedente illustrissimo, siciliano anche lui, come il nostro autore, Luigi Pirandello e scusa se è poco.
La letteratura è comunque molto frequentata da personaggi disturbati mentalmente, c’è addirittura chi afferma che la creatività sia, in fondo, una forma di follia: da Dottor Jekill e Mister Hyde in poi, per citarne uno dei più famosi, siamo in ottima compagnia. Divagazioni letterarie a parte, La bestia di Brixton è un romanzo scritto bene, la cui lettura coinvolge pagina dopo pagina per l’intreccio e per la suspance che l’autore riesce a creare, in un crescendo di eventi, soprattutto nella seconda parte. L’alternanza delle due personalità preponderanti, Mark e Karl, è giocata capitolo dopo capitolo e, nella prima parte, potrebbe anche un po’ sviare un lettore poco attento: Mark è il buono, il normale, (per quanto possa definirsi normale uno che non ricorda di vagare di notte, in cerca di donne da dipingere) mentre Karl, il cattivo, l‘omicida seriale, a suo modo un artista della morte. Le altre quattro personalità latenti, fanno una breve comparsa e poi vengono uccise da Karl che man mano acquista sempre più potere e spazio nell’io diviso di Mark. Penso che per l’autore sarebbe stata un gran fatica portare avanti nel romanzo tutte le personalità del protagonista e ritengo che già descriverne bene due sia stato abbastanza impegnativo.
La bestia di Brixton, è un romanzo in crescendo, come dicevo, da una prima parte più leggera e ironica si passa ad una seconda parte incalzante, tesa e, a tratti, angosciante, per poi sfociare in un finale che non si risolve ma da piuttosto l’idea che l’autore trovi la soluzione alla malattia mentale del protagonista, con una visione pessimista e tragicamente definitiva.
Lo stile è piacevole, interessanti anche i pensieri e le frasi riportati ad ogni inizio capitolo, tratti da opere di autori famosi, più o meno recenti che servono al lettore da anticipazione. Per quanto mi riguarda affermo con sicurezza che, nel complesso, La bestia di Brixton, è un libro che coinvolge a parte qualche esagerazione nel trattare il disturbo dissociativo di identità del protagonista.
Gianni Mazza è nato a Ragusa nel 1981, dove vive e lavora attualmente. Autore di poesie, racconti e sceneggiature, ha pubblicato il suo primo romanzo nel 2015. Nonostante la sua formazione scientifico-informatica, si è dedicato alla scrittura e alla recitazione teatrale… e chissà se ha pensato proprio ad una piece teatrale scrivendo il suo secondo romanzo, La bestia di Brixton.
Ho voluto dare un tono leggero a questa recensione, non perchè il tema trattato, la malattia mentale, lo sia… anzi. Ho soltanto evitato di drammatizzare ulteriormente ciò che è già drammatico, per chi ne soffre e ne ha coscienza e anche per chi è vicino a chi ne soffre. Ma, a differenza dell’autore che, nell’epilogo del romanzo, non vede speranza di guarigione, io credo che guarire si può.
Bellissima recensione e Complimenti all’autore che ha saputo mantenere la storia sui fili dell’alta tensione fino all’epilogo, con una scrittura incisiva e nel contempo scorrevole.
Grazie Angelica…
E a proposito, non perderti l’intervista all’autore che pubblicheremo prossimamente.