Appena uscita la prima biografia italiana di Peter Sellers per i tipi di Sagoma Editore; la vita di un grande attore comico che, raramente, era anche Peter Sellers
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La Sagoma Editore è una piccola casa editrice che pubblica biografie di comici, sempre presente al Pisa Book Festival per l’editoria minore. Il suo ultimo volume è l’unica biografia di Peter Sellers edita in Italia; non è neppure una traduzione, ma è stata scritta da un italiano, Andrea Ciaffaroni che, fra le altre cose, è un Figlio del Deserto, ovvero un fratello della Tenda di Roma del club co-fondato da Stan Laurel, poco prima della sua morte, ispirato al film I Figli del Deserto, di Stanlio e Ollio. Quindi, di fatto, è anche un fratello di mio padre, che appartiene alla Tenda Pratese. Sarà per questo che, per tutto il libro, ci sono rimandi e confronti fra la comicità di Laurel e quella di Sellers. D’altronde Sellers era un grande ammiratore di Stan e, appena arrivato a Hollywood, non perse certo l’occasione per andarlo a trovare.
Peter Sellers viene associato immancabilmente all’ispettore Clouseau della Pantera Rosa; leggendo questo libro verremo a sapere che in realtà è stato, letteralmente, molte altre cose.
Intanto, è bene dire subito che Peter è stato figlio unico di una coppia dove il padre era un personaggio abbastanza scialbo, mentre la madre era la classica mamma iperprotettiva e iperpossessiva che ha viziato e condizionato il figlio fino a rovinargli irrimediabilmente il carattere. Per quanto riguarda la vita privata, non è una novità che il comico se la giochi tranquillamente con Chaplin, Stanlio e Ollio e Buster Keaton e che sia stato tutto fuorché divertente (per mogli e figli, intendo). Annie, la prima moglie, così lo descriveva: “Era amorale, pericoloso, vendicativo, un totale egoista e, allo stesso tempo, aveva un fascino del diavolo.” Quanto alla sua personalità o alle sue personalità, Anne soleva dire che era come “aver sposato le Nazioni Unite”.
Neppure sul set era amabile; i suoi capricci erano proverbiali. Nonostante abbia girato un gran numero di film, pochi sono quelli memorabili: di fatto i film con Kubrick e quelli con Blake Edwards. Di Kubrik Sellers aveva una stima immensa e con Edwards s’intendeva, nonostante le continue liti; tutti gli altri registi con lui gettarono la spugna, spesso la produzione era costretta a cambiarne più d’uno per terminare le riprese e il risultato finale era sempre al di sotto delle aspettative. Ma tutti concordavano sul fatto che
Nato nel 1925 da un coppia di artisti, Peter aveva la strada segnata e, appena diciottenne, era nella troupe artistica della RAF che allietava i soldati durante la II guerra mondiale. Peter era un eccezionale batterista e imitatore. Aveva un dono speciale per imitare le voci e anche per trasformarsi letteralmente in un altra persona senza nemmeno bisogno di trucco. Questa qualità lo portò automaticamente alla radio dove, con Spike Milligan, Michael Bentine e Harry Secombe mise in onda lo show più popolare e mitico della BBC, il Goon Show.
Oggi è impossibile capire come potesse diventare importante una trasmissione radiofonica e, ancora di più, come fu possibile che i Goonies fossero adorati come autentiche star. Per dare un’idea possiamo assimilarlo a quello che fu per la televisione il Flying Circus dei Monty Python che, oltretutto, hanno sempre riconosciuto la loro filiazione dai Goonies, alcuni sketch dei Python furono ingegnosi adattamenti di sketch radiofonici dei Goonies. Oppure, se vogliamo trovare un corrispondente nostrano, quello che fu negli anni ’70 la trasmissione di Radio 2 Alto Gradimento, della quale si possono ancora ascoltare gli audio, a conferma che ebbe un successo senza precedenti. Come accadde per Alto Gradimento, anche i Goonies andarono prima in televisione, poi se ne fecero film, magari non troppo brillanti.
Fra tutti, uno dei Goonies fece una carriera solista straordinaria, e questo era Peter Sellers.
Sellers fece prima una serie di film, sull’onda della notorietà radiofonica, divertenti, ma che non ebbero un particolare successo. Poi Kubrick lo volle per il suo Lolita e lì si capì di che pasta era fatto Peter Sellers. Lolita dura 153 minuti e solo in 34 minuti compare Sellers nel ruolo di Quilty; il protagonista indiscusso era James Mason, eppure per un pelo Sellers non ricevette la nomination quale miglior attore protagonista. Un po’ la stessa cosa che accadde nella prima Pantera Rosa, dove il protagonista era David Niven, ma Sellers rubò la scena a tutti, spingendo Blake Edwards a girare altri film dove il commissario Clouseau fa da mattatore.
Nonostante Ciaffaroni cerchi di tenere il più possibile il faro puntato sull’artista,
Sellers ha avuto una vita talmente tormentata che gli è stato impossibile non parlare anche dei suoi innumerevoli eccessi, delle sue innumerevoli liti e delle sue innumerevoli storie d’amore, vere o inventate che fossero, prima di tutte quella (inventata) con la Loren e, in genere, con tutte le sue partner, delle quali s’innamorava regolarmente. D’altro canto forse per lui era inevitabile; s’immedesimava talmente nella parte che, se nel film doveva innamorarsi di Sophia Loren, se ne innamorava per davvero. Quindi, quello che ne viene fuori è un attore nato, che non riusciva ad abbandonare la parte neppure nella vita privata, altra cosa che fu causa delle sue intemperanze e successive crisi familiari. In molti hanno detto che neppure lui sapesse chi fosse il vero Peter Sellers, perché era sempre in cerca di qualcuno da imitare per creare un nuovo personaggio.
A causa di una vita di eccessi, di alcol, droghe e farmaci, la sua salute ne risentì presto e ebbe numerosi attacchi cardiaci. L’ultimo dei quali gli fu fatale. L’orazione funebre fu pronunciata presso la chiesa di Saint Martin-in-the-fields da uno che lo conosceva bene e
Sellers morì a soli 54 anni; un anno dopo aver interpretato l’ultimo dei suoi capolavori, ossia Oltre il giardino.
Viene da chiedersi quanti altri personaggi avrebbe potuto regalarci, ma è naturale che quando una fiamma brucia troppo forte, la candela si consumi presto.