Buongiorno iCrewer! La recensione che ti presento oggi è di un libro appartenente a un genere che non affronto da tempo. Il romanzo di avventura, con una buona dose di fantasy, di Marcella Manca, infatti, è un libro per ragazzi. Si tratta de Il quaderno verde, pubblicato da Le Mezzelane Casa Editrice e primo capitolo della trilogia La biblioteca degli angeli.
Ti avviso fin da subito che, trattandosi appunto del volume iniziale di una vicenda destinata a concludersi minimo tra due libri, l’opera non è auto-conclusiva – quella di Marcella Manca è una trilogia vecchio stile, in cui tutto si collega, piuttosto che avere solamente lo stesso universo come contesto, ma personaggi diversi come attori.
Prima di passare alla recensione, però, direi che è il caso di immergerci meglio in quest’atmosfera, parlando della trama.
Ecco la trama, ma giusto un accenno
Cosa fare? Prendere sul serio le parole della lettera, o cosiderarle soltanto vaneggiamenti? Spetterà a lui e a nessun altro fare questa scelta, perchè il quaderno verde l’ha già riconosciuto come legittimo proprietario.
Il quaderno verde di Marcella Manca: la mia recensione
Allora, caro iCrewer, ci siamo. È il momento dei miei pensieri rigurado l’opera di Marcella Manca (e immagino ti stupirà scoprire che sono alquanto stratificati e complessi, perchè a me difficilmente piace un libro e basta: sento sempre il bisogno di spiegare nel dettagio le mie ragioni).
Il quaderno verde si presenta fin da subito come primo libro di una serie e questo è un aspetto che apprezzo molto. Ricordo quando anche io avevo dodici, tredici anni (l’età di lettura consigliata per questo romanzo) e scoprivo che l’opera appena termintata non era auto-conclusiva, solo quando mi accorgevo che non c’erano più pagine (i numeri che collocavano il volume nella serie erano, per qualche strano motivo, o minuscoli, o estremamente ben nascosti).
Mi è piaciuto che l’autrice abbia adottato la formula classica del collegare ogni volume della trilogia de La biblioteca degli angeli a un passaggio ben preciso dell’avventura di Mattia e Nikita, dando in qualche modo un senso di chiusura e completezza anche al primo romanzo, pur rendendo chiarissimo che non si tratta certo della fine vera e propria. Non posso che sperare che lo stesso stile venga ripreso anche nelle opere successive.
La trama è, credo, ben strutturata: i due giovani scoprono i misteri del quaderno pian piano, dopo esserseli sudati e in un preciso ordine. Lo stile di narrazione di Marcella Manca non è male, scorrevole (c’è qualche piccola svista, ma nulla di grave), anche se in certi punti mi è sembrato eccessivamente dettagliato (secondo la mia esperienza personale, è raro che un maschio adolescente si accorga anche dei fermagli gioiello usati da una ragazza, ed essendo il punto di vista quello di Mattia… per quanto possa essere un ragazzo attento e premuroso, ecco, mi è sembrato un po’ irrealistico), anche se capisco la scelta di condividere più particolari possibile con noi lettori, per rendere la scena vivida e realistica.
Purtroppo, però, lo stile è anche uno dei punti su cui ho qualche perplessità (strano, no?). Marcella Manca ha deciso di far parlare i giovani come nella vita vera, includendo il gergo e i modi di dire specifici, e credo sia stata una scelta azzeccata. Tuttavia, non condivido il fatto che, quando utilizzata, questa micro-lingua venga messa sempre in corsivo. Il corsivo è una formattazione che pone enfasi e attenzione su un particolare termine, o che evidenzia parole in lingua straniera.
Ora, ne Il quaderno verde, non solo è stato utilizzato per i termini in inglese – e neanche per tutti, a essere proprio pignoli – ma marca anche tutte le espressioni di gergo giovanile. Avrei potuto essere d’accordo se ciò fosse stato fatto nel momento in cui è un genitore ad adottare questo slang all’interno dei suoi discorsi, visto che non sono termini che usa correntemente (quasi come una lingua straniera), ma qui sono soprattuto i ragazzi a parlare servendosi di frasi idiomatiche. Forse è un’impressione solamente mia, non lo metto in dubbio, ma questo tipo di formattazione ha reso, per me, molto meno credibili i dialoghi tra i due giovani. Quasi come se si stessero sforzando di usare determinate parole. Ovviamente, questa è la mia sensazione.
Ciò non toglie che l’avventura narrata da Marcella Manca sia avvincente e interessante. L’autrice ha combinato efficacemente insieme la ricerca di indizi e la risoluzione di misteri, con un lato più introspettivo dei personaggi, i quali si trovano in quel periodo molto complesso della vita che è l’inizio dell’adolescenza e l’estate che segue gli esami di terza media.
Mattia è un giovane molto coscienzioso, con la testa sulle spalle (forse anche troppo, a volte?). È consapevole dei suoi limiti, ma sa anche che ha ancora molto da imparare e tanto spazio per crescere. Quando, in preda a forti sentimenti ed emozioni, compie azioni di cui poi non va più fiero, rimane fedele a se stesso, al suo bisogno di fare la cosa giusta, e torna sui suoi passi, per fare ammenda.
Nikita, d’altro canto, è l’aiutante perfetta. Concentrata, consapevole, ma anche più calata nella sua età, nelle cotte, negli screzi tipici di ragazzi di quattordici anni. La sua presenza dà dolcezza e freschezza al racconto.
La cover non è male: richiama sia il titolo, sia uno dei particolari più bizzarri del vero quaderno verde. Se posso azzardare un suggerimento, potrebbe essere interessante inserire nel punto giusto della narrazione anche una riproduzione dell’immagine raffigurante i personaggi del quaderno verde (quello vero, non della storia di Mattia), vista l’importanza che ha la loro rappresentazione in tutta la vicenda.
In conclusione, direi che Il quaderno verde di Marcella Manca è un bel libro per ragazzi, anche se potrebbe giovargli qualche piccolo aggiustamento. In ogni caso, la trilogia de La biblioteca degli angeli sembra ben pensata e strutturata.