Ne Il movimento dei sogni Eleonora Calesini, grazie anche alla bravura dell’amica Debora Grossi, ci racconta cosa è successo la notte del 6 aprile 2009 e come è riuscita a sopravvivere, ma soprattutto a vivere
Il terremoto dell’Aquila è uno di quegli avvenimenti difficili da dimenticare. Nonostante nel 2009 fossi ancora relativamente piccola, ricordo le notizie alla radio, le immagini che venivano diffuse da giornali e telegiornali, la paura che aleggiava in tutta Italia. Paura per noi stessi, ma, soprattutto, paura per chi era lì, per chi stava vivendo sulla propria pelle le conseguenze del terremoto. Quel che stava succedendo in Abruzzo era sotto gli occhi di tutti, ma un conto era viverlo attraverso uno schermo o una pagina di giornale, un conto viverlo in prima persona. Il movimento dei sogni ci porta direttamente là, in quei momenti, ed è leggendolo che, per la prima volta, ho realizzato cosa è stato davvero il terremoto dell’Aquila, durante e, soprattutto, dopo. Forse è proprio questa la cosa che colpisce di più del libro; Eleonora e Debora hanno raccontato le scosse, l’incredibile lavoro dei Vigili del fuoco, le ore e i giorni di terrore di chi a L’Aquila aveva un familiare e non ne aveva più notizie, ma sono anche andate oltre: hanno parlato di quel che è successo dopo, della vita che era rimasta e di tutto quello che non c’era più. Per Eleonora Calesini, rimasta più di 42 ore sotto le macerie, non è finito tutto una volta salvata e tornata a casa. E’ questo che spesso tendiamo a dimenticare. Pensiamo che passato il pericolo immediato tutto si risolva, siamo sollevati e abbandoniamo da una parte quella notizia, senza ripensarci più. Ma per quelle persone la vita, in qualche modo, deve andare avanti, devono trovare il modo di rimettersi in piedi e superare il trauma. Dovranno imparare a convivere con gli incubi, con rumori quotidiani, ma improvvisi, che risveglieranno la paura, con i ricordi di quello che hanno vissuto o delle persone che hanno perso. Il movimento dei sogni fa riflettere anche su questo, non è una cronaca del terremoto, né la rassegna della vita di una ragazza di ventun’anni, è anche il racconto del dopo.
Fa sempre un certo effetto leggere storie che si sanno essere vere, ma questo romanzo fa ancora più effetto e colpisce con la potenza di un cazzotto allo stomaco. Il perché è semplice: Eleonora ci lascia entrare nella vita della sé di 20 anni, ci parla delle sue passioni, dei suoi sogni, delle amiche, delle serate spensierate passate con loro, della tipica tensione pre esame, ci mostra le sue piccole attività quotidiane, che sono così familiari a tutti noi. Ci fa sentire a casa, al sicuro. E poi, improvvisamente, ci crolla tutto addosso. Le scosse, la paura ci colgono impreparati, così come colsero impreparati gli abitanti de L’Aquila. Per cercare di continuare a vivere si sdrammatizza:
Era diventato un gioco. Ci rassicuravamo a vicenda, dovevamo convincerci che andasse tutto bene, e così andava sempre tutto bene. All’Accademia scherzavamo: “Almeno si balla un po'”. “A quando il prossimo?”. E partivano le scommesse.
La vita, dunque, va avanti, ma non è quella di sempre: nessuno si sente più sicuro in casa, nella città dove è nato o dove si è trasferito per studiare.
Ci addormentiamo solo perché sfiniti. Il nostro letto e le nostre lenzuola ci coprono proteggendoci. Niente si è rotto in casa nostra, ma tutto si è spostato.
Quest’ultima frase mi ha colpito, più delle altre. “Niente si è rotto in casa nostra”, perché le scosse sono appena cominciate, niente è ancora successo, ma “tutto si è spostato”, le persone sono consapevoli di quel che sta accadendo, non si sentono più al sicuro, non dormono e non vivono più tranquille. Anche un piccolissimo rumore, o una cosa bella come le fusa di un gatto, risvegliano la paura.
Il movimento dei sogni
non è un libro che si può consigliare, è un libro che deve essere letto, per poter permettere a Eleonora di raccontare cosa è stato e cosa continua a essere vivere e sopravvivere.