Caro lettore, eccomi qui a parlarti della mia ultima lettura, Il mostro di Firenze e altri racconti. Confesso, non avevo mai letto nulla di Lodovica San Guedoro, nonostante la sua prolifica carriera da scrittrice e, soprattutto, le sue molteplici candidature per il premio Strega. Il mostro di Firenze e altri racconti infatti le ha fatto guadagnare la sua quinta candidatura, più che meritata a mio parere.
Questa scrittrice, originaria della Sicilia, ha trovato fortuna nella mondo della scrittura in Germania, e nella sua scrittura sono palpabili due elementi: l’ispirazione esterofila e il suo effervescente femminismo, elementi che l’accompagnano in tutte le sue scritture. I suoi studi di letteratura tedesca, motivo che l’ha spinta a lasciare l’Italia e trasferirsi in Germania da neo sposata, sono un punto di forza dei suoi libri, il connubio tra il mondo letterario germanico e romanzo apporta nella sua scrittura un’innovazione unica, ed è un peccato che venga così tanto sottovalutata in questo Paese.
Il mostro di Firenze e altri racconti, edito da Felix Krull Editore, non può essere definito un libro, ma un’esperienza. Per chi ha già letto e apprezzato l’autrice, questo libro sarà solamente il rinnovo del proprio amore nei suoi confronti. Ma se invece, come me, non vi eravate mai approcciati alla sua scrittura, tenetevi forte, perché il viaggio nella sua mente è una vera e propria immersione in lei e in sé stessi.
Il mostro di Firenze e altri racconti, come pochi dettagli possono dar vita ad un’intera storia
I ventisette racconti partono dall’infanzia dell’autrice, in Sicilia, terra di amore e tensioni familiari, e continuano per le vie di Roma e tutti i posti che ha visitato. Colpisce subito la scrittura: sembra la trascrizione di una conversazione con una vecchia amica, con una mamma che ti racconta della sua giovinezza. Ci entri subito dentro ed è difficile uscirne, i pochi elementi descritti aprono davanti agli occhi del lettore un mondo pieno di aneddoti, di immagini vivide e di emozioni forti.
La bravura della San Guedoro non è solo quella di trasportarti nel suo mondo con incredibile maestria, ma anche quella di descriverti, attraverso brevi elementi, il contesto sociale e storico italiano del suo tempo, apprezzato e criticato ma sempre in maniera sagace, sempre attraverso i suoi infiniti piccoli dettagli.
Non stupisce quindi che San Guedoro introduca così il suo libro:
Ventisette racconti, ognuno dei quali è un’incantevole tessitura di ricordi multicolori, sfavillanti di luce e di bellezza, ognuno un episodio di un unico sogno: perché, per una misteriosa e affascinante alchimìa dello spirito, il passato si ripresenta agli occhi dell’anima con le movenze fluttuanti ed eteree di un lungo e vasto sogno, e a tal grado si mostra qui l’affinità di vita e sogno da indurre a riguardarlo, il passato, come il sogno già vissuto di quella stessa anima.
Questa splendida sinossi del libro è esattamente tutto ciò che si può dire di Il mostro di Firenze e altri racconti. Dalle pagine cavalcano fuori i suoi ricordi che hanno una forte esigenza di commentati, analizzati e fatti propri dal lettore. Ritornare alla propria realtà dopo aver voyeuristicamente spiato la vita dell’autrice è quasi doloroso, perché si entra così tanto in sintonia con la scrittura e l’assimilazione con le sue memorie che sembrerà di lasciare indietro qualcuno di caro, non più in grado di poter ascoltare le sue storie di vita respirata a pieni polmoni.
Tutte uguali, tutte diverse: le molestie sessuali e il sentimento reazionario di rivalsa
C’è un dettaglio, quello principale, che non vi ho ancora svelato, e forse è il motivo per cui sono così intrigata ed entusiasta di aver letto questo libro. C’è un filo conduttore tra le storie, che non sono solo accomunate dall’essere state vissute dalla stessa persona: come spiega l’autrice:
Questo libro è perciò una piccola rassegna delle molestie sessuali subite principalmente in Italia per la strada, nei cinema, nei parchi, sui bus, prima di espatriare e anche tornando in patria per vacanze. Ma è stato in Germania che, con mia cugina, sono andata vicino alla violenza carnale e sfuggita forse alla morte.
Lo schema del libro, a tal proposito, è molto chiaro: si apre con la prima molestia fatta a una piccola San Guedoro, ingenua e spensierata mentre va a scuola, una bambina che pensa a tutto ciò che è nel suo mondo e non alle molestie che avrebbe ricevuto a breve; e si chiude con il vero incontro dell’autrice con il mostro di Firenze.
I racconti di molestie sembrano quasi uno dei dettagli minuscoli che ricorrono in tutto il libro, come se fossero una piccola macchia di fragole sul vestito bianco. Un elemento così piccolo, così insignificante per molti, ma che per l’autrice, e per tutte le persone molestate in qualsiasi modo, diventano la parte centrale del focus, ciò che rompe l’idillio, ciò che rovina per sempre la concezione di noi stessi, e ciò che ci fa sempre temere l’anima oscura di alcuni uomini marci, senza valori quale il rispetto dell’altrui persona.
Vorrei leggere questo libro all’infinito. Mi è sembrato di andar a prendere un caffè al bar con un’amica, sentire il racconto delle sue esperienze, e nei momenti delle violenze ho sentito il bisogno di prenderle la mano e dirle “ti capisco, ci sono passata”. Questi ventisette racconti ti rimangono nel cuore perché anche il lettore li ha vissuti, in altri contesti storici, sociali, in panni diversi, ma il passato di San Guedoro è il passato, il presente e il futuro di ogni persona che incontra questi esseri senza rispetto.
Una recensione sentita, che suscita forte curiosità per il libro!
Peccato che un testo così bello sia intervallato da spazi tanto grandi. Il lettore potrebbe credere che la recensione sia conclusa lì dove segue uno di questi spazi!