Il dopo, di Ilaria Capua, era esattamente il libro di cui avevo bisogno in questo particolare momento dell’estate. Quello in cui, onestamente, sono ancora molto combattuto sul da farsi, in merito alle vacanze, che siano esse gite di un giorno o veri e propri trasferimenti con le valigie nel bagagliaio.
Puoi immaginare benissimo il motivo, caro iCrewer, che per questo 2020 è una costante che sta alla base di ogni azione: il Covid.
Non è mia intenzione tediare la tua voglia di leggere e di scoprire le mie emozioni in merito al libro della famosa virologa, con tutti quelli che sono i miei pensieri sulla pandemia, sulla quarantena, la fase 2, la fase 3 e il futuro che verrà, ma, al fine di comprendere bene il mio percorso di lettura del testo, ti basta sapere che la sto vivendo con ansia e probabilmente non mi sto per nulla godendo l’estate.
Perché il dopo di cui parla Ilaria Capua è già qui, e siamo noi, cittadini, ad avere la responsabilità di farlo diventare un vero e proprio dopo, inteso come futuro prossimo, e non farlo ripiombare nel prima attraverso i nostri comportamenti scriteriati e superficiali.
IL DOPO: RECENSIONE DEL LIBRO DI ILARIA CAPUA
Ma andiamo con ordine, e partiamo dal giorno in cui ho scritto, qui per libri.iCrewplay, la segnalazione di alcune nuove uscite Mondadori a fine maggio. Tra i libri presentati c’era anche Il dopo, scritto dalla virologa Ilaria Capua. Una donna che ho imparato ad apprezzare durante i primi mesi della pandemia e del lockdown. Quei mesi in cui in televisione si alternavano scienziati, medici e tuttologi nel tentativo di dare delle risposte rassicuranti e informative ai telespettatori che si approcciavano a questa particolare e inusuale novità nelle loro vite.
La Capua, sempre collegata dagli Stati Uniti, da subito mi è sembrata la più pacata nei modi, nei toni e nella umana incertezza con cui centellinava sentenze, rendendo ben chiaro, fin da subito, che ciò che si conosceva di quel maledetto virus era veramente poco per poter azzardare risposte certe e concrete. Un atteggiamento che mi ha conquistato completamente: mai disfattista e allo stesso tempo mai alla ricerca dell’essere la protagonista.
Così, una volta scoperto che era in uscita il suo libro, sul tema Covid-19, mi sono subito recato in libreria per acquistarlo, insieme a tanti altri titoli che piano piano sto condividendo anche con te che leggi fedelissimo le nostre pagine.
Sono felicissimo di averlo comprato, di averlo letto e di averlo concretamente assimilato. Il dopo, come già detto in apertura, è il libro che mi serviva per chiarirmi le idee sul tema e per comprendere bene causa ed effetto del disastro sanitario che è ancora, e sottolineo ancora, in corso.
Perché l’autrice non si elegge a scienziata professoressa redigendo un testo universitario di difficile comprendonio, ma, rimanendo su questo territorio di paragone, piuttosto, sembra vestire i panni di una maestra delle scuole elementari che rende semplice la lezione anche per l’ultimo della classe. E cioè io, che di scienza e medicina mastico veramente il nulla.
E invece, dopo aver chiuso l’ultima pagina del libro, mi sono sentito più preparato, più ferrato e sopratutto più informato. Penso che sul tema pandemia l’informazione possa fare la differenza, e poi, dicendocela tutta non troppo tra le righe, conoscere per bene, quasi come studiandolo su un sussidiario tutto quello che è successo in Cina lo scorso inverno è quasi un dovere morale oggi.
La prima parte del libro è tutta dedicata al racconto di come il virus si è sviluppato e di come è arrivato ad infettare l’uomo. La Capua usa spesso come metro di paragone le epidemie che in passato hanno caratterizzato la storia del mondo, ma, per rendere più chiaro e nitido il presente, si appoggia anche a metafore ed esempi fruibili a tutti: insomma fa un gran bel servizio di divulgazione e spiegazione dei fatti, di come funzionano questi avvenimenti biologici e di come siamo arrivati alla situazioni di oggi.
Oggi che in realtà per il libro è ancora durante il lockdown, visto che è uscito nel mese di maggio.
Fa specie, che spesso la scienziata dica che attualmente a questa o a quella domanda la comunità scientifica non sa ancora dare una risposta, e verificare che anche adesso, a tre quattro mesi di distanza, siamo nella stessa situazione. Chissà per quanto ancora dovremo vivere questa nuova normalità, ricca di privazioni, è il mio primo pensiero. Privazioni che mi piace dividere in futili e gravi, cioè quelle senza le quali si può vivere lo stesso, e quelle di cui invece sento davvero la mancanza: gli abbracci. È chiaro che poi ognuno ha una sua scala di valutazione e di giudizio su quelle che siano le cose che mancano di più rispetto alla vita che facevamo fino al Festival di Sanremo.
La seconda parte del libro, invece, è quella che mi ha coinvolto di meno, è quella in cui la Capua prova a ipotizzare il futuro, ovvero il dopo, proponendo nuove visioni della vita e del modo di approcciarsi al pianeta, alla scienza e alla medicina. È una parte di libro, che pur mantenendo il suo linguaggio semplice, entra un po’ più nel tecnico, nel mondo degli studiosi e dei virologi, azzardando ipotesi e facendo emergere anche il pensiero della scrittrice con le sue valutazioni sulla questione.
Lascio a te lettore, il compito di essere o no allineato con il suo pensiero e i suoi giudizi, dopo aver sfogliato tutte le circa centocinquanta pagine del libro.
Io non mi sento in grado di prendere una posizione, non ho le conoscenze e le competenze per farlo. Posso solo fidarmi. Fidarmi per la serenità e la tranquillità che la lettura mi ha trasmesso. Se prima, davanti al virus, mi sentivo un Davide contro Golia, ora, dopo aver imparato la lezione, fatta senza alcun tipo di presunzione dal l’autrice, posso dirmi meno spaventato e più consapevole che il futuro è davvero nelle nostre mani.
Per lo meno fino al punto in cui con i nostri comportamenti possiamo rendere il nostro vivere più sicuro.