Il castello dei desideri che accoglie i ragazzi che si sentono persi
Caro iCrewer, è arrivato il momento di parlarti della mia ultima lettura: Il castello invisibile di Mizuki Tsujimura, pubblicato da DeA Planeta Libri in aprile. È un romanzo davvero toccante e intenso, la cui storia mi è entrata dentro l’anima. Ora ti spiego il perchè, partendo dalla trama.
La vicenda di svolge in una Tokyo contemporanea. La protagonista è Kokoro: una ragazzina di prima media che non è riuscita ad integrarsi nella sua nuova classe e per questo motivo ha deciso di non frequentare più le lezioni. Sua madre sembra scocciata dal vederla continuamente ciondolare per casa e preme affinché Kokoro frequenti almeno un istituto di recupero nel distretto in cui vivono, tuttavia il malessere della ragazzina è così grande, che non riesce a mettere il naso fuori dall’ambiente domestico per più di cinque minuti. L’unico contatto che lei ha con l’esterno è un misterioso castello al di là dello specchio in camera sua, dove si ritrova abitualmente con altri sei ragazzi con cui ha molto in comune: l’abbandono della scuola media e la missione affidatagli dalla Signora Lupo. Questa entità, dalle sembianze di una bambina con il volto mascherato da lupo, ha infatti radunato Kokoro, Aki, Fuka, Masamune, Ureshino, Subaru e Lion per una caccia al tesoro: i sette ragazzi hanno tempo fino alla fine dell’anno scolastico giapponese per trovare la Stanza dei Desideri, la cui chiave è nascosta all’interno del castello. Soltanto uno di loro ci riuscirà e avrà così l’opportunità di veder realizzato il proprio desiderio.
Di primo impatto, avevo ipotizzato che la narrazione fosse incentrata sulla ricerca della chiave, invece essa ruota intorno ai sette protagonisti e a come interagiscono fra di loro. C’è infatti un motivo per cui sono stati scelti: sono degli hikikomori (trad. stare in disparte), ovvero ragazzi che hanno scelto volontariamente di isolarsi dal mondo per cause legate all’ambiente sociale o famigliare. Questo fenomeno è molto sentito in Giappone, poiché è estremamente diffuso nella fascia dai 14 ai 39 anni e causa ogni anno numerosi suicidi fra chi ne soffre.
La questione è molto velata nel romanzo, infatti non si parla mai apertamente di questo disturbo o di depressione. Si intuisce però la gravità delle situazioni dei ragazzini protagonisti dalle loro storie personali, che poco a poco emergono e che vengono trattate con grande cura e delicatezza.
La narrazione assume quindi toni intimi ed è incentrata su Kokoro, alla cui interiorità viene dato ampio spazio. Ciò permette di immedesimarsi totalmente con questo personaggio, ma anche con gli altri sei del gruppo: la comprensione e l’appoggio che si crea fra di loro permette una forte connessione empatica con il lettore, infatti io mi sono sentita parte integrante della compagnia e mi sono ritrovata a gioire e soffrire insieme a loro nel castello, il loro rifugio. Ma anche a crescere: giorno dopo giorno i ragazzi combattono con loro stessi, per sconfiggere le paure che li attanagliano e che li hanno isolati dai loro affetti. Alla fine ho compiuto un viaggio attraverso una dolcissima favola dal lieto fine, che mi ha insegnato molto sull’importanza dell’amicizia, ma anche su quanto bene può fare aiutare chi sta male.
Dopotutto, Il castello invisibile di Mizuki Tsujimura mira proprio a questo: vuole farti capire che un hikikomori ha bisogno di essere ascoltato e compreso, non di essere trascurato o, peggio, ignorato. E al tempo stesso, ti ricorda che non si è mai soli, anche nei momenti difficili: basta guardare con attenzione intorno a te, perchè ci sarà sempre qualcuno pronto ad aiutarti. Per questo motivo, lo definisco una “lettura che fa bene all’anima”: ti coccola quando più ne hai bisogno e ti invita a fare altrettanto con chi ha bisogno di una luce nell’oscurità.