Prima di iniziare con la condivisione di lettura de Il calamaro gigante di Fabio Genovesi, vorrei farvi una domanda: ma voi, quando leggete un libro e trovate un passaggio interessante che non volete dimenticare, sottolineate con la matita o fate l’orecchia alla pagina?
Lo chiedo, e lo chiedo utilizzando la seconda persona plurale per ampliare il raggio d’azione della domanda, perché io, durante la lettura di questo libro, ho trovato così tanti spunti importanti da acciuffare che alla fine del percorso mi son ritrovato con il libro più alto di un centimetro, viste le orecchie che ho costruito sugli angoli delle pagine a sinistra.
A rigor di logica, questa curiosità – se così vogliamo chiamarla – sta a indicare che Il calamaro gigante è un libro che mi è piaciuto, piaciuto parecchio.
Il calamaro gigante: il nuovo libro di Fabio Genovesi
A mio avviso, per quelli che sono i miei gusti letterari, Fabio Genovesi è sempre una garanzia. La sua capacità di narrazione va oltre la famosa asticella e il bacino da cui attinge per alimentarla è uno dei miei preferiti: la vita di tutti giorni e la gente comune.
L’importanza che l’autore riconosce alle storie è la chiave del suo scrivere e, a mio avviso, del magico rapporto che si costruisce tra chi scrive e chi legge. Almeno così vale per me e per il mio piacere nel leggere i suoi libri.
Perché ne Il calamaro gigante, edito da Feltrinelli, di storie ce ne sono tante. A partire da quella che da il titolo al libro, ovvero quella di questa creatura sottomarina di cui si sa ben poco. Una creatura che vive nell’abisso del mare e che nel corso dei secoli ha attirato l’attenzione di molti studiosi e addetti ai lavori sempre alle prese con la fatidica domanda: esiste davvero?
Fabio Genovesi ricostruisce la storia degli avvistamenti e degli studi svolti per dare una risposta a questo quesito, e lo fa mettendo la cronaca al servizio del suo talento narrativo. Gli eventi e i fatti diventano una bellissima storia da raccontare, fatta di personaggi – marinai, scienziati e dottori – che oltre alla fame di sapere evidenziano un aspetto emozionale che ben si sposa all’arte del raccontare.
Credere al Kraken, ovvero al calamaro gigante, significa credere al bello. All’imponderabile, a quello che può farci sussultare, alla meraviglia, al fatto che ci sia qualcosa di speciale pronto a brillare nella vita di ognuno di noi.
Quella vita scandita dalla sveglia delle sette, dal tragitto in macchina per andare a lavorare, dalle otto ore passate a compiere il proprio dovere, dalle serate spese a preparare e organizzare le cose per il giorno dopo che poi si ripeterà pari pari a quello che l’ha preceduto. Dare spazio al calamaro gigante, ovvero all’idea di qualcosa di speciale e di magico, è troppo importante per riuscire a sopportare questo iter ripetitivo che si sta sempre più impossessando delle nostre giornate.
Come non essere allineati con questo pensiero? Come non aver bisogno di credere che Babbo Natale esiste? Pensiero questo a cui vengono dedicate della bellissime pagine anche ne Il calamaro gigante.
Mi ci sono riconosciuto molto in questo libro. Ci ho visto il bisogno di pensare che ci sia qualcosa d’altro rispetto alla mia quotidianità. Ci ho visto il desiderio del bello che per me, la lettura di questo libro, ha reso reale. La magia e lo splendore di cui parla per tutto il testo è racchiusa nell’inchiostro della penna con cui Fabio Genovesi ha dato vita a questo lavoro.
Per tutto il tempo che ho impiegato nella lettura, Il calamaro gigante è stato il mio giardino incantato, quello in cui c’è spazio soltanto per me e non per la scia lasciata dalla mia vita. Ecco perché mi sento tremendamente in colpa per la mia stanchezza, per il mio sonno e per i miei impegni: questo è un libro che andrebbe divorato come si fa con un piatto di calamari alla griglia – per restare in tema – vista la sua capacità di far mettere le ali alla speranza.
Al pensiero che intorno alla nostra realtà ci sia qualcosa di più grande che è lì, indipendentemente dal nostro umore e dalle nostre vite. È lì pronto per essere visto, riconosciuto e apprezzato. È lì per farci una carezza ogni volta che ne sentiamo il bisogno.
È la natura. Sono le cose che ci meravigliano. Sono gli altri. Sono le storie.
Le storie della gente comune, di quella che conosciamo da sempre, che troppo spesso ci passano davanti senza che neanche ce ne accorgiamo. E invece basterebbe osservarle con un pizzico di attenzione per riconoscerle e trovarle strabilianti.
Fabio Genovesi, in un passaggio del libro, si chiede come si possa dire che le storie siano soltanto storie. Me lo chiedo anche io.
Hai mai pensato, amico icrewer, a quante realtà interessanti o curiose non conosciamo per il semplice fatto di non averle mai incrociate? Magari proprio la signora che vedi il martedì mattina ritirare il bidoncino del vetro sul percorso che fai per andare in ufficio porta con sé una storia di vita straordinaria che sarebbe bellissimo conoscere.
Ecco allora che emerge e viene a galla l’importanza di chi quelle storie le vuole raccontare. Le sa raccontare. Ecco il bello di avere autori come Fabio Genovesi, che, anche ne Il calamaro gigante, di storie come quelle della signora affacciata al cancello ne fa vivere parecchie. E le fa arrivare al cuore del lettore.
Il calamaro gigante è un libro che consiglio a chiunque abbia voglia di chiudere gli occhi. A chi crede che quando si chiudono gli occhi si accende la luce e non ci si trova al buio. A chi prova gusto nel leggere, a chi starebbe ore ed ore ad ascoltare qualcuno raccontargli storie. A chi ha voglia di spalancare la bocca ed emettere un suono di stupore. A chi quello stupore lo insegue ogni volta che mette i piedi giù dal letto la mattina.