La recensione del thriller fantascientifico di Massimo Olivieri, I sotterranei del Colosseo, per Newton Compton Editore.
Caro iCrewer eccomi oggi a parlarti de I sotterranei del Colosseo, libro che segnalai qualche tempo fa la cui trama e le caratteristiche mi avevano incuriosito molto; come sai, sono un’appassionata di thriller ma soprattutto la tematica in questione era diversa dal solito e avevo proprio voglia di leggere qualcosa di nuovo, fuori dagli schemi. Avrò trovato soddisfazione? Ecco le considerazioni che ho tratto da quest’esperienza.
“Il generale dell’aeronautica in pensione Falcone è a pesca su lago di Scanno quando assiste a un fenomeno paranormale inspiegabile: gli ami da pesca cominciano a levitare prima di cadere in acqua. A pochi chilometri da lì, nelle stesse ore, nel centro di Roma, tutte le automobili si bloccano nello stesso istante: motori fermi, semafori spenti.
Quella stessa sera, nel suo solito giro di ronda, Gaspare, uno dei metronotte del Colosseo, si ritrova improvvisamente testimone di qualcosa di incredibile: nei sotterranei del più famoso anfiteatro del mondo scopre un laboratorio segreto gestito da creature aliene.
Da quel momento in poi partirà una lunga corsa contro il tempo che vedrà Gaspare e il Generale – insieme a una piccola squadra di sodali raccolti nel frattempo – impegnati a cercare di sventare un piano terribile organizzato dagli extraterrestri: soggiogare l’intera umanità.
La premessa è buona: l’autore ci presenta gli attori protagonisti uno ad uno, ognuno nella sua tipicità caratteriale e durante lo svolgimento di attività che li distingue; cominciano a succedere fatti strani in molte parti della città di Roma e anche in un piccolo borgo abruzzese, dove uno dei protagonisti è intento a pescare in tranquillità col suo fedele beagle. L’evento più rilevante avviene però una notte all’interno del Colosseo, Gaspare è il guardiano di turno e si ritrova ad ispezionare un cunicolo sconosciuto dove scopre una fervida attività aliena ben organizzata. Certo di non essere pazzo, racconta tutto al Generale Falcone, un appartenente all’aeronautica in pensione e suo dirimpettaio, credendo che sia l’unica persona che può credergli e aiutarlo a fare qualcosa.
Sinceramente devo dire che la tipologia di evento extraterrestre che avviene in questo racconto mi è subito apparsa come stereotipata, le creature in questione si rifanno a canoni di rappresentazione utilizzati negli anni ’70 (i classici alieni dagli occhioni grandi e dalla corporatura esile, per intendersi) e la cosa mi ha delusa un po’; con la fantasia l’autore poteva inventarsi esseri diversi, sia per aspetto che come modalità di azione, e secondo me così facendo avrebbe dato al suo libro un’impronta davvero originale e inedita, senza correre il rischio di farla tacciare come banale e oserei dire a tratti infantile.
[…] tutto è governato da un sistema telepatico ed energetico. Questi piccoli uomini hanno una loro sensibilità, fanno ragionamenti autonomi, ma allo stesso tempo sono parte di un tutto. Una rete telepatica li controlla, seguendo regole e procedure ben precise. […] “Ma questo sistema non limita fortemente la libertà delle persone?” intervenne uno dei presenti. “No, al contrario. Come ho detto prima, ognuno produce i propri ragionamenti, ha libertà di pensiero. Semplicemente, il grande sistema sovra-mentale, legato a valori positivi, crea un perimetro. In questo modo le persone, anche quelle più negative, pian piano cambiano inconsciamente e migliorano sempre di più. Tutto avviene solo per via mentale e telepatica.” “Quindi sul vostro pianeta non esiste la crudeltà? Non ci sono ladri o assassini?” domandò un’altra persona in fondo alla sala. “Finché l’uomo non capirà l’importanza dell’energia, ovvero ciò che può fare con la propria mente nella quotidianità, non compirà il salto che gli consente di elevarsi. […] Voi, essendo molto legati alla fisicità delle cose, non riuscite a vedere questa parte superiore. Non riuscite ad andare oltre e scoprire le vite precedenti che avete vissuto. Non potete percepire inconsciamente le esperienze passate, valorizzandole per vivere in maniera migliore l’esistenza attuale.”
Nella versione digitale ho trovato qualche refuso qua e là, anche se la cosa non ha suscitato troppo fastidio, mentre per quanto riguarda la cover niente da eccepire, è rappresentativa al massimo e non avrebbe potuto essere diversa.
C’è però da mettere in evidenza che nella sua totalità il racconto mi è piaciuto, alieni a parte debbo constatare, perché durante lo svolgimento dei fatti l’autore riesce a mettere in risalto la vita abituale dei personaggi, la quotidianità di una palazzina di quartiere, la tipicità del linguaggio romanesco (appena accennato) e i sentimenti di persone semplici, le persone che compongono una comunità. Ho davvero seguito con interesse e piacevolezza le avventure che i due attori principali si ritrovano ad affrontare, attori principali che poi diventano tre, e poi quattro e poi cinque, andando a formare un gruppo di compagni d’arme un po’ strampalato ma originale, intrigante e soprattutto coeso, ove spiccano senso di responsabilità, voglia d’avventura, amicizia sincera e anche amore delicato. Posso quindi affermare che è questo ciò che ho apprezzato maggiormente nel racconto.
Dico racconto anche perché la definizione in copertina che lo classifica come “un grande thriller” non è che mi sembri molto rappresentativa: di thriller o di suspense non ve n’è certo in abbondanza e dirò di più: il finale è stato molto deludente. Non approvo la decisione dell’autore (che ovviamente non posso rivelare qui) non tanto in merito a contenuti ma proprio riguardo alla modalità di conclusione; anche qui a mio parere poteva sforzarsi un po’ di più e inventare una qualsiasi chiusura ad effetto o chiudere l’arco narrativo portante e lasciare in sospeso questioni secondarie, per far desiderare al lettore un secondo capitolo, invece questo non avviene e purtroppo si resta davvero a bocca asciutta.
Massimo Olivieri è nato nel 1972 a Roma, dove vive con i figli ed il suo cane. Scrittore, narratore, fotografo e documentarista. Laureato in economia, lavora nel settore dell’information technology, del digital content e dell’intelligenza artificiale.
Grazie Stefania della recensione, sei stata molto gentile cortese, apprezzo molto. Si, in realtà hai colto il punto relativo all’aspetto degli alieni, sono degli anni ’70 e adoro lo stile un po’ rappresentato nei film di fantascienza di quell’epoca. Si è unita poi la ricerca, che evidenzia la costante presenza dei “grigi” che fungono da soggetti operativi, rispetto a figure più apicali e di diversa forma. Sono contento che nella totalità ti sia piaciuto, anche se il finale meno 😉 ma sopratutto che come me ti sia innamorata dei personaggi e del loro improbabile stile nell’azione nel suo complesso! Un saluto, grazie ancora!
Grazie a te, gentile Massimo, per aver apprezzato la recensione seppur vi avessi inserito qualche nota “negativa”. Se gli alieni anni ’70 erano fortemente voluti, allora forse la Casa Editrice avrebbe potuto ideare un’altra cover, e lanciare un diverso messaggio promozionale, probabilmente è per questo che sono caduta in confusione. Per quanto riguarda il finale… beh allora non mi resta che sperare che i nostri amatissimi personaggi possano continuare l’avventura, magari in un prossimo capitolo! Nel frattempo rinnovo i miei complimenti e ti auguro buon lavoro :)))