Prima di iniziare la lettura di un nuovo libro mi piace soffermarmi qualche minuto sul titolo e sulla copertina, cerco di immaginare che storia intrigante e/o intricata ci troverò all’interno, se il libro sarà all’altezza delle mie aspettative, se la storia mi prenderà fino a farmi trattenere il fiato o se mi farà commuovere o sorridere, e perché no anche ridere, è chiaro che le sensazioni – e le reazioni – mutano a seconda del genere che ho per le mani.
Nel caso specifico dell’ultimo libro che ho letto, e del quale ti parlerò quest’oggi, caro iCrewer, devo ammettere che questo ha superato di gran lunga la dose di suspense che immaginavo avrei potuto trovare: ti sto parlando de I cinque cadaveri di Robert Bryndza edito da Newton Compton Editori.
Premetto che il thriller non è tra le mie letture predilette – per inciso, è un genere che leggo poco -, non perché non lo trovi interessante, anzi, tutt’altro, il motivo è prettamente personale: mi conosco e so che, nonostante la brama di conoscere e di leggere fino in fondo la storia, poi, inevitabilmente, certe scene mi si presentano dinanzi agli occhi tanto da immaginare il pericolo in ogni dove… sarà anche colpa delle fervida fantasia che mi ritrovo! Detto ciò, e nonostante la mia riluttanza a leggere questo genere, il libro mi è piaciuto perché ho trovato la storia: profonda, intensa e ben costruita. In aggiunta a questo, poi, c’è quella trepidazione che ti prende già dalle prime pagine e non ti abbandona più, se non al termine della storia: la trama, man mano che procedi nella lettura, si arricchisce, si articola, si intreccia di nuovi misteri e sconcertanti indizi, di scene, talvolta, anche raccapriccianti – lo devo ammettere -.
Protagonista assoluta Kate Marshall, agente di polizia, che si trova imbrigliata in un caso – uno tra i più contorti, perigliosi e orripilanti di tutta la sua carriera – che la (in)seguirà quasi fosse un incubo e dal quale sembrerà non riuscire a trovare una via d’uscita; Cosa dovrà affrontare la nostra agente? Cosa le accadrà di così tanto agghiacciante e sconvolgente da darle il tormento?
Il libro si divide in due parti, una prima parte dal titolo Autunno 1995, composta da 5 capitoli, e una seconda parte, la più corposa, e quella che costituisce il romanzo vero e proprio, dal titolo Quindici anni dopo, composta da 67 capitoli. I capitoli sono brevi – brevi ma intensi, aggiungerei -.
La scrittura è fluida, scorre senza particolari intoppi, il linguaggio utilizzato è forte e diretto: ci sono espressioni anatomopatologhe, ma ciò è assolutamente in linea con il romanzo e con la storia, ad ogni modo non sono termini né incomprensibili né totalmente sconosciuti, quindi, tu, caro lettore, non riscontrerai difficoltà in tale senso. Le scene, in particolare, anche quelle più forti e crude vengono descritte esplicitamente, senza lesinare particolari.
Proprio per tale ragione, ci sono stati periodi durante i quali mi sono sentita avvolta da una maggiore ansia mista a sentimenti contrastanti: se da un lato volevo smettere di leggere, dall’altro lato, invece, volevo continuare nella lettura perché la curiosità era tale da spingermi a farlo; il motivo di tanta inquietudine? Presto detto: avevo intuito che qualcosa di sconcertante sarebbe accaduto da lì a poco… ma vedi caro il mio lettore è proprio questo, a mio avviso, che rende il libro veramente interessante: il fatto che non sai mai cosa accade, e questo ti fa mantenere i sensi sempre all’erta, tanto che poi quando l’evento accade ti coglie impreparato perché non te lo aspettavi.
C’è un capitolo, in particolare, che ho letto quasi con un occhio chiuso e uno aperto, come quando osservi in TV una scena dove la paura raggiunge livelli massimi e allora ti porti una mano sugli occhi, per coprire la visuale, e ti crei una fessura tra il medio e l’anulare perché comunque vuoi sapere cosa sta accadendo: per intenderci, ho quasi letto così il capitolo.
«Sentì il rumore di qualcosa che strusciava a terra, come una grossa porta scorrevole che veniva aperta. Senza nessun preavviso si accesero le luci. Le si contrassero le pupille e chiuse gli occhi, sussultando. Passi pesanti, sempre più vicini. Una folata di aria gelida.»
Quando l’autore ha iniziato a raccontare questa scena ho pensato “Non può essere che racconti nel dettaglio cosa accadrà, perché in tal caso non credo che riuscirò a leggere”, eppure, eppure, non solo lo ha descritto analiticamente ma sono riuscita a leggere – e rileggere – tutto e, a dirla tutta, ho provato anche un leggero senso di ribrezzo.
Nel romanzo, inoltre, è presente qualche digressione; la narrazione è in terza persona, i dialoghi sono espressi in forma diretta e l’attenzione non è concentrata solo un personaggio ma l’autore, nei vari capitoli, ci racconta cosa accade anche agli altri soggetti che sono presenti nel romanzo: questa la trovo una cosa positiva perché puoi avere un quadro d’insieme completo, sai sempre cosa accade, e dove accade. In alcuni capitoli, poi, la dose di suspense è più elevata rispetto che in altri; il ritmo narrativo è in crescendo: immaginatelo come una scala musicale, si parte dalla nota più bassa per poi salire di tono, così è questo romanzo.
«Quasi tutti i luoghi del passato di Caitlyn erano scomparsi, tranne quell’inquietante farmacia, che sembrava bloccata nel passato.»
Durante la lettura potrebbe capitare che in certe parti ti potresti trovare a pensare “Come mai l’autore ha già scoperto queste carte?”, trovandolo quasi una cosa sciocca e invece ti dico che no, non è così: niente, in questo libro, è come pensi possa essere. Man mano che si procede la storia diventa sempre più fitta, i tasselli mancanti vengono posizionati al punto giusto, il colpo di scena non manca, né guasta, perché giunge inatteso.
Per contro, devo ammettere di aver rilevato qualche refuso: non so se dipende dalla versione e-book o meno, ma a prescindere da ciò è giusto che io lo faccia presente; in particolare, la parola «riqualificazione» l’ho riscontrata scritta nella seguente maniera «riqualificzioone», o ancora «un agente», dove l’articolo indeterminativo un è stato apostrofato, nulla di strano certo, ma la parola agente era riferita ad un uomo e non ad una donna; oppure «ragazza» piuttosto che «ragazzo», una E che avrebbe dovuto essere accentata ma non lo era.
Il personaggio di Kate Marshall mi è molto piaciuto: una donna tutta d’un pezzo che ha toccato il fondo ma che è riuscita a risalire in superficie ritrovando in sé stessa quella forza che credeva di avere perduto. Mi piace come Robert Bryndza ha disegnato questa donna, la cura che ha messo nel descrivere la sua personalità, in fondo l’autore è un uomo e avrebbe potuto, facilmente, assegnare il ruolo di protagonista principale ad un altro uomo e invece ha scelto una donna. Una donna forte, determinata, coraggiosa, perspicace e sveglia. Una giovane donne forse non bellissima né appetitosa ma questo aspetto frivolo in un contesto del genere poco importa… o forse sì? Credo che mi sarebbe piaciuto avere il suo coraggio, e la sua prontezza d’animo nell’affrontare certe situazioni; ad ogni modo Kate riesce a farsi scivolare addosso, come acqua sul vetro, i pettegolezzi che la riguardano, non ha paura di essere diretta e dire ciò che pensa anche a costo di essere mal tollerata «Preferiva essere rispettata più che benvoluta.»
Essere diretti non è elegante, e spesso l’esserlo ti porta ad inimicarti qualcuno ma, a questo punto ti chiedo: è meglio dire sempre ciò che si pensa, far valere i propri diritti e le proprie idee, oppure accettare supinamente ciò che gli altri ci impongono solo per entrare nelle grazie di qualcuno?
Il coraggio di Kate, poi, lo si nota in una scena in particolare, una scena cruciale, una di quelle in cui tu pensi che tutto sia perduto, che mai ce la potrà fare, e quindi ti immedesimi e ti ritrovi a leggere convulsamente per sapere come finirà, ma è proprio in momenti come questo che ti rendi conto che ti trovi in un libro e che anche quando i libri stessi prendono spunto da un accadimento reale, sono pur sempre libri, opere di fantasia, nei quali l’autore spazia, amplia, aggiunge e modifica: sarebbe fantastico se nella realtà si fosse dotati di quel sangue freddo e prontezza nelle azioni, diciamo così.
In questo romanzo, oltre al thriller in sé, in sottofondo potrai cogliere anche sfumature psicologiche, rancori infantili, rapporti umani che all’apparenza sembrano idilliaci, e che hanno condotto qualcuno a compiere qualcosa ma a cosa – o meglio a chi – mi riferisco lo capirai tu stesso leggendo il romanzo, sarebbe ingiusto andare oltre.
A tutti gli amanti del genere thriller, ma anche a tutti coloro che non lo sono ma che vogliono lasciarsi pervadere da un brivido di adrenalina, consiglio la lettura de I cinque cadaveri di Robert Bryndza, oh naturalmente il target d’età va anche oltre l’adolescenza.