Grande Panda e Piccolo Drago di James Norbury è un libro inaspettato, e proprio per questo prezioso. Rizzoli – casa editrice che l’ha pubblicato – lo indica come lettura indicata a partire dai dieci anni, ed è proprio nella sezione per i più piccoli che l’ho trovato.
Ammetto di averlo acquistato d’impulso, attirata dal titolo e dalla cover (soprattutto perchè ultimamente sembra proprio che io abbia sviluppato una nuova dipendenza da albi illustrati e simili), ma mi è bastato sfogliare qualche pagina per rendermi consto di una cosa: non sono così certa che la collocazione nel reparto under dodici sia la più adeguata. E ora cercherò di spiegarti perchè – oltre a illustrarti i vari modi in cui il libro di James Norbury mi ha fatto commuovere.
La mia recensione di Grande Panda e Piccolo Drago di James Norbury
L’amicizia di Grande Panda e Piccolo Drago nasce in un giorno di primavera, quando i boccioli dei fiori iniziano a sbocciare e l’aria profuma di promesse. I due decidono d’intraprendere insieme un viaggio, che li porterà a esplorare le stagioni, a cercare tutti gli usi possibili di una foglia, ad assaporare tazze di tè fumante e a fermarsi ad ascoltare la pioggia. Ed è proprio nella narrazione di questo loro viaggio, che le cose si fanno complicate. Perchè Grande Panda e Piccolo Drago non parlano in prosa, e nemmeno in rima.
La loro crescita, la loro amicizia, il loro essere… tutto è descritto da brevi pensieri, quasi delle massime o degli aforismi, che catturano il momento e la sensazione che i due protagonisti vogliono portare all’attenzione del lettore. Anche per questo, non condivido pienamente la scelta di categorizzarlo come un libro per bambini. O meglio, non solo per loro. Perchè per quanto le illustrazioni siano tenere e delicate – ci torneremo poi – ho qualche dubbio che un bimbo o una bimba di dieci anni possano cogliere fino in fondo il peso e l’importanza di parole come
<<Se faccio pensieri brutti sono una brutta persona?>> chiese Piccolo Drago
<<No.>> disse Grande Panda <<Le onde non sono l’oceano. I pensieri non sono la mente.>>
o meglio, voglio sperare che abbia davanti almeno un altro paio d’anni, prima di cominciare a rimuginarci su, è più probabile che tocchino più profondamente un adolescente o un adulto.
E così, leggendo di Grande Panda e Piccolo Drago che ammirano giardini e fanno pupazzi di neve, ci si trova a riflettere sulla vita, sul nostro modo di viverla, sull’importanza di essere gentili con gli altri, ma anche con se stessi. Sul fatto che non per forza gli errori sono un male, anzi, sono passi necessari per crescere. Che prendersi un giorno di pausa per respirare non è il male, ma una necessità. Insomma, non mi vergogno di dire di aver passato buona parte della lettura con gli occhi luci. Credo che alcune pagine siano arrivate proprio al momento giusto.
Ho apprezzato davvero molto la postfazione, in cui James Norbury spiega la genesi di questo volume, il motivo che l’ha spinto, durante i primi mesi della pandemia, a cercare di creare un libro che incanalasse alcuni insegnamenti del Buddhismo, e che potesse portare conforto e pace a chi ne necessitava.
E ora è giunto il momento di parlare dell’altro, enorme pregio di Grande Panda e Piccolo Drago: le illustrazioni. Dolcissime, delicate, toccanti; senza di esse credo che la lettura non avrebbe avuto nemmeno minimamente lo stesso effetto. I tratti spessi, a volte grossolani e la prevalenza della scala di grigi – anche se sarebbe meglio dire, “bianco e varie gradazioni di nero diluito” – richiamano lo stile di pittura tradizionale cinese, o il sumi-e giapponese. Le rappresentazioni a colori, più rare, giungono inaspettatamente, come un dono.
Alla luce di tutto ciò che ho scritto fin’ora, mi sento di consigliare Grande Panda e Piccolo Drago di James Norbury non tanto a un pubblico nell’età dell’infanzia, quanto piuttosto a chi cerca un modo dolce di riflettere, senza prendere a pugni frontalmente i problemi, ma guardandoli da ogni prospettiva, prima di prendere qualsiasi decisione.