Uno scrittore oscillante Claudio Morandini, con un romanzo, Gli oscillanti, edito da Bompiani, fra immaginazione e realtà, fra misteri, luci ed ombre.
Se ti stai chiedendo il perchè della definizione scrittore oscillante, caro iCrewer, ti dico subito a scanso di equivoci che la definizione non è farina del mio sacco, ma arriva più o meno fresca da un’intervista che lo stesso Claudio Morandini, autore del romanzo Gli oscillanti, edito da Bompiani, in libreria dal Giugno 2019, ha concesso e che io, ho letto in rete: alla domanda specifica di autodefinirsi dal punto di vista caratteriale, Claudio Morandini rispondeva con una semplice parola: oscillante… e vuoi che un oscillante non si ritrovasse a scrivere di oscillantezza? (La Crusca mi perdonerà se il termine non esiste).
Gli oscillanti non è il suo primo romanzo, anzi è l’ultimo in orine di tempo, il nostro autore ha una lunga serie di titoli al suo attivo (ne cito solo alcuni): Le larve del 2008, Rapsodia su un solo tema-Colloqui con Rafail Dvoinikov del 2010, nel 2016 esordisce con Neve, cane, piede e si aggiudica il Premio Procida -L’Isola di Arturo-Elsa Morante. Segue Le pietre nel 2017, Le maschere di Pocacosa, un libro per ragazzi nel 2018, fino a Gli oscillanti nel 2019.
Nato ad Aosta nel 1960, Claudio Morandini è un insegnante di latino e greco. Inizialmente ha dedicato i suoi interessi letterari alla scrittura di sceneggiature per la radio e il teatro, in seguito ha esordito con racconti e romanzi, alcuni dei quali, inseriti in riviste e antologie letterarie e tradotti in diverse lingue. Numerosi anche i premi ricevuti per le sue opere.
Ho letto Gli oscillanti e riletto più volte alcuni passaggi. Non ti nascondo che il primo approccio con il libro è stato destabilizzante: il libro non è di primo impatto, nel senso che non è uno di quelli che si fanno inquadrare di primo acchito, si comprende che lo stile dello scrittore non è volutamente lineare e, altra caratteristica, il lettore può ritrovarsi a vagare tra le prime pagine alla ricerca di un filo logico che arriva piano piano. Confesso che è la prima volta che leggo un’opera di Claudio Morandini e non posso sapere se è proprio nel suo stile agitare, per così dire, un po’ le acque o essere volutamente criptico per incuriosire o per distinguersi: in un panorama editoriale vastissimo, uno scrittore per emergere deve necessariamente crearsi una formula che lo caratterizzi, che lo contrassegni, che lo faccia spiccare e ricordare. Devo dire, che se questo è stato l’intento di Claudio Morandini nel romanzo Gli oscillanti, è riuscito in pieno.
Morandini dimostra eccezionale controllo della sua macchina narrativa, confermandosi come uno dei romanzieri più competenti e spiazzanti nel nostro panorama letterario. (Pulp Libri)
Questa definizione data al nostro autore mi trova perfettamente concorde, specie dopo la lettura di Gli oscillanti. Spiazzante è il termine esatto per definire in una sola parola l’intero romanzo: è spiazzante l’intreccio della trama, spiazzanti i personaggi, spiazzante il finale lasciato aperto proprio per sottolineare l’incompiutezza del romanzo stesso. Spiazzante perchè la continua oscillazione fra il grottesco, l’ironia, il fantastico e il reale che si mescolano e si alternano ne fanno un romanzo strano, fuori dal comune che, appena finito di leggere potresti anche chiederti: –Ma che messaggio vuole lanciare scrittore?- Ammesso che ci sia un messaggio universale da lanciare.
La continua oscillazione fra il sentire della protagonista e l’atteggiamento dei personaggi che le fanno da contorno, rende il tutto, oltre che grottesco, aperto a più interpretazioni: tante verità quanti sono i punti di vista dei personaggi, una sorta di pirandelliana riesumazione che se da un lato può appassionare il lettore dall’altro lo conduce ad una continua alternanza fra mistero e realtà.
Li sento oscillare questi poveri abitanti di Crottarda, in ogni gesto, ogni giorno (…) tra la loro esistenza ufficiale e il loro lato nascosto, tra il bisogno di luce, sempre troppo scarsa e precaria, e l’attrazione per il buio che li insegue fin nelle case, fin nel sogno, tra lo sfogo ilare e triviale delle burle e un’insofferenza che spesso riporta un senso tangibile di malinconia. Coltivano antipatie, anzi odi atavici, ma allo stesso tempo non smettono di provare curiosità (…), gelosia, invidia, una strana mistura di attrazione per ciò che non sono e non saranno mai (…). Oscillano tra un sopra che si allontana e diventa irraggiungibile, o che schiaccia e opprime, e un sotto in cui sprofondare, finalmente, e in cui continuare a nutrire risentimento e ansie; tra un umano e non umano; tra vivo, e non vivo”.
Una vera e propria commedia Gli oscillanti, non mi stupirebbe vederla rappresentata in teatro: una commedia dell’assurdo e del grottesco, in chiave allegorica. A sapere leggere fra le righe c’è molto della nostra società in questo libro: dall’odio fra le diverse fazioni, fra chi vive sempre al sole (gli abitanti di Autelor) e chi è costretto a vedere il sole solo di riflesso (gli abitanti di Crottarda), alle chiusure nei confronti di chi si percepisce diverso. Lo stesso pericolo delle profonde doline scavate dall’acqua nel territorio di Crottarda che rischiano di farla affondare, si potrebbe interpretare come il pericolo di affondare che la nostra nazione non ha smesso di correre dalla crisi del 2008 in poi.
-Non ho smesso di riflettere sui canti dei pastori,- dirà la protagonista a poche pagine dalla fine. -Ogni tentativo di scovarvi delle costanti, di riconoscere un codice comune, uno schema, una grammatica, è fallito. Sono però convinta che, con i loro versi urlanti e insolenti, i pastori di Crottarda, come Coribanti, hanno sempre cercato di coprire, confondere, inquinare quell’altro canto, l’espressione dolente e nascosta che giungeva dai boschi o dalle profonde cavità del suolo e che ora salmodia nella mia mente…
Un’altro aspetto non secondario del romanzo è il thriller: i canti misteriosi che la protagonista sente fin da bambina, quando con la famiglia passava le vacanze a Crottarda e che, adesso da etno-musicologa, vorrebbe studiare ed interpretare ma che forse esistono solo nella sua mente, per non parlare delle cantine delle case, dei morti la cui fine non si capisce… tutto un contorno di stranezze e di continui palleggiamenti fra il reale e l’irreale che giustificano pienamente il titolo del romanzo, Gli oscillanti, appunto.
Oscillante si ritrova ad essere anche il lettore o almeno oscillante mi sono sentita io leggendo il romanzo: se da un lato c’è stato il piacere di leggere una storia originale e fuori dal comune e l’ammirazione per un autore istrionico, ironico e fantasioso e sicuramente non conforme alla massa, dall’altro ammetto la difficoltà di interpretare il romanzo che ha diverse chiavi di lettura, come ho detto già sopra, forse troppe per un romanzo solo.