Ci sono letture che oltre a intrattenere piacevolmente il lettore, contribuiscono a smuovere qualcosa al suo interno, ad arricchire il suo bagaglio storico culturale e, cosa non da poco, a sensibilizzarlo su fatti realmente accaduti nella storia dell’umanità che spesso vengono lasciati nel dimenticatoio per far spazio a questioni più leggere. Far Est e Dikiy Ovest di Silvia Luscia, rientra in uno di questi casi.
Si tratta infatti di un libro che racconta di vite ambientate in momenti ben precisi della storia e che trattano, a mio avviso molto bene, il tema della libertà e del vivere sotto un regime. Storie che diventano testimonianza e che aiutano a prendere coscienza di come non sempre, e non per tutti, la vita sia stata facile e spensierata.
Far Est e Dikiy Ovest: i racconti di Silvia Luscia
Far Est e Dikiy Ovest è una piccola silloge di racconti, uscita circa un anno fa per Elison Publishing, scritta da Silvia Luscia, autrice che abbiamo già conosciuto e trattato in un altro articolo riferito al suo secondo testo: Quel che resta del regime.
Dico piccola perché si tratta davvero di una raccolta di circa ottanta pagine, che si legge in un baleno, venendo coinvolti grazie alla sapiente penna dell’autrice che, pur trattando temi complicati e delicati, riesce a dare il giusto tocco di narrativa e narrazione. Talento questo che contribuisce in maniera determinante alla buona riuscita del libro.
Nelle parole e nei racconti di Far Est e Dikiy Ovest c’è la storia. La storia che accomuna l’uomo occidentale e l’uomo orientale dei balcani alle prese con la conquista della libertà.
Data un’ipotetica linea di confine, non solo geografica ma anche temporale, tracciata dal Muro di Berlino e dalla sua caduta, nella prima parte della silloge il lettore fa la conoscenza di alcuni protagonisti che ricordano, e testimoniano, la vita in Romania durante il regime di Ceausescu. Sono testimonianze che colpiscono. Che onestamente hanno toccato la mia sensibilità facendomi pensare a quanto poco conosco, e forse potrei generalizzare conosciamo, di quel pezzo di storia durato diversi decenni.
Ben vengano allora testi come quello di Silvia Luscia, che, anche grazie a tecniche di scrittura particolari, riescono a ritagliarsi un piccolo spazio che sta a metà tra l’intrattenimento della lettura e la divulgazione. Riferendomi a tecniche particolari, pongo l’accento sulla scelta stilistica del primo racconto, Eravamo bambini, che mi è molto piaciuta.
Il protagonista è Bogdan, un ufficiale della polizia che, nel tempo presente del racconto, il 2011, viene intervistato da una reporter attraverso una tecnica che definirei spettacolare: una intervista lettura. Partendo infatti dalle pagine del libro Per chi crescono le rose di I.B:Coman, testo di cui il racconto vuole essere un omaggio, Bogdan viene sollecitato nei ricordi degli anni in cui da bambino si vedeva costretto a fare i conti con il regime e con la dittatura. Un racconto ben riuscito.
Ampio spazio anche ad alcune storie ambientate negli anni che circolano intorno alla Seconda Guerra Mondiale con particolare riferimento alle vicende di Fiume: città per anni contesa tra Italia e Croazia, allora unità territoriale della Jugoslavia.
Anche in questo caso, si affidano i ricordi toccanti e drammatici di quei giorni a protagonisti che ne narrano le vicende da un punto di vista personale e privato. I fatti storici accarezzano e colpiscono le storie di uomini comuni costretti alla fuga e alla rivoluzione improvvisa della loro vita.
Mi ripeto: sono tutti racconti ben scritti. Le emozioni non mancano e coinvolgono il lettore. O, almeno, così è stato per me che, a fatica, ho centellinato le pagine spalmandole in qualche giorno di lettura, in modo da poterne assaporare per bene anche il lato formativo.
Il mio racconto preferito, probabilmente, è Il vento della rivoluzione, scritto in memoria del centenario della parità dei diritti sancita dalla Carta del Carnaro degli uomini e donne che si sono battuti per la sua diffusione, citando le righe che precedono il racconto stesso. Lascio a te la curiosità e il compito di andare a leggerlo qualora il mio condividere le emozioni, nate dalla lettura di Far Est e Dikiy Ovest, abbiano suscitato in te, caro iCrewer, la voglia di inserirlo tra le tue prossime letture.
Il libro è impreziosito da alcune illustrazioni, ben amalgamante con i racconti, di Mattia Frialdi.
Concludendo, dunque, Far Est e Dikiy Ovest è un piccolo libro prezioso che mi sento di consigliare. In particolare a quei lettori che cercano qualcosa che li faccia andare oltre, che li faccia andare a fondo nei pensieri senza limitarsi al piacere di vivere una avventura. Un libro che trasporta nel tempo e lascia intravedere spiragli di storia che non andrebbero mai dimenticati. O, per lo meno, che andrebbero conosciuti perché parte, nel bene e nel male, del difficile percorso dell’uomo verso un mondo ideale.