Mi chiamo Oleg. Sono sopravvissuto ad Auschwitz è un memoir scritto da Filippo Boni in collaborazione con Oleg Mandić, ultimo bambino a lasciare vivo il campo di concentramento di Auschwitz. Pubblicato il 14 gennaio 2025 per Newton Compton Editori, il libro racconta la sua drammatica esperienza di prigionia e la sua incredibile sopravvivenza, offrendo una testimonianza toccante e necessaria sulla tragedia dell’Olocausto. Più che una semplice narrazione storica, il libro è un monito contro l’oblio e un invito a non ripetere gli errori del passato.
La trama di Mi chiamo Oleg. Sono sopravvissuto ad Auschwitz
La storia si apre con il racconto dell’arresto di Oleg Mandić, nato nel 1933 in una famiglia croata. Suo padre e suo nonno erano attivi nella resistenza partigiana, motivo per cui lui, la madre e la nonna vennero deportati ad Auschwitz nel 1944 come prigionieri politici. Qui, il giovane Oleg affrontò fame, lavori forzati e la costante minaccia della morte.
Attraverso pagine cariche di tensione e dolore, il libro descrive la vita quotidiana nel campo di sterminio: la separazione delle famiglie, le condizioni disumane e la paura costante. Attraverso il racconto dell’infanzia di Oleg, vissuta felicemente nella villa di famiglia accanto al nonno Ante, al padre, alla nonna e alla madre, si dipanano tutti questi eventi storici. Dopo che il padre e il nonno si erano uniti alla resistenza contro l’occupazione nazista, Oleg, insieme alla madre e alla nonna, fu deportato ad Auschwitz nel 1944, rischiando la morte nelle camere a gas come tutti gli altri prigionieri di quel terribile meccanismo di sterminio. Il memoir descrive con intensità l’anno di prigionia: la fame, le malattie, il terrore della separazione dalla madre, la paura costante della presenza di Mengele, le selezioni e il gelo insopportabile. La sopravvivenza del piccolo Oleg fu possibile solo grazie al coraggio della madre e al legame con Tolja, un bambino dagli occhi azzurri che avrà un ruolo cruciale nel corso di questa storia sconvolgente.
Ma la storia di Oleg non finisce con la liberazione. Il libro esplora anche il difficile ritorno alla normalità, il silenzio forzato sui campi di concentramento negli anni successivi e la sua scelta, da adulto, di diventare un testimone attivo della memoria dell’Olocausto.
La mia recensione: tra passato e presente
Uno degli aspetti più toccanti del libro è il contrasto tra l’innocenza di un bambino e l’orrore del lager. Oleg racconta con lucidità episodi drammatici, ma senza indulgere in sensazionalismi. Il suo tono, a tratti persino ironico, dimostra la straordinaria resilienza di chi è riuscito a sopravvivere a una delle più grandi atrocità della storia.
Lo stile di Filippo Boni è diretto e coinvolgente, rendendo la lettura accessibile a un pubblico ampio. Il libro non si limita a raccontare il passato, ma lo collega al presente, facendo riflettere su come il razzismo, la violenza e le guerre continuino a segnare il mondo di oggi.
Tra i numerosi memoir pubblicati negli ultimi anni per raccontare la tragedia vissuta da milioni di prigionieri nel famigerato campo di concentramento, simbolo del male assoluto, quello del croato Oleg si distingue per la sua capacità di intrecciare il passato con il presente. In un periodo ancora segnato dalla guerra scatenata da Putin contro l’Ucraina, il libro non si limita a rievocare l’Olocausto, ma ripercorre l’intera storia del Novecento: il confine orientale italiano, il destino di Trieste, l’Adriatico, l’Istria un tempo italiana, la nascita della Jugoslavia, l’ascesa al potere del maresciallo Tito e il nuovo assetto dell’Europa dopo la caduta del Reich, che si voleva eterno.
Mi chiamo Oleg. Sono sopravvissuto ad Auschwitz è una lettura fondamentale per chiunque voglia comprendere meglio l’Olocausto e il valore della memoria storica. È un libro che colpisce nel profondo, lasciando il lettore con un senso di ammirazione per la forza di Oleg e un rinnovato impegno a non dimenticare.
Lo consiglio in particolare a studenti, insegnanti e a chiunque voglia approfondire il tema della Shoah attraverso una testimonianza diretta e potente. Paragonabile a capolavori come Se questo è un uomo di Primo Levi o Il diario di Anna Frank, questo libro dimostra come la memoria sia una responsabilità collettiva e un dovere morale.
Chi sono gli autori
Filippo Boni (1980) si è laureato in Scienze politiche all’Università di Firenze con una tesi sui massacri nazisti in Toscana. Studioso e ricercatore del Novecento, scrittore e giornalista, ha pubblicato diversi saggi e romanzi, tra cui Gli eroi di via Fani, L’ultimo sopravvissuto di Cefalonia e Muoio per te. I suoi scritti hanno vinto numerosi premi e sono stati oggetto di trasposizioni teatrali, film-documentari e tema d’esame negli istituti scolastici di tutta Italia. Nel 2018 ha ricevuto il Fiorino d’Oro e il Pegaso d’argento della Regione Toscana.
Oleg Mandić (1933) è nato in una nota famiglia istriana. A 11 anni con la mamma e la nonna venne arrestato e spedito ad Auschwitz come prigioniero politico. Dopo la liberazione dell’Armata rossa, fu l’ultimo detenuto a uscirne vivo. Avvocato e giornalista, negli ultimi vent’anni ha promulgato nelle scuole e nella società civile in tutta Europa la propria esperienza nel campo di sterminio e si è battuto per la salvaguardia di questa memoria. Ha pubblicato libri, interviste e articoli. Per questa attività gli sono state attribuite numerose onorificenze in Italia, in Croazia e in Polonia.