Quando leggi un thriller, un giallo, o comunque un libro che cela in sé una cospicua dose di suspense, passi tutto il tempo della lettura a pensare “Cosa succederà adesso?”, oppure “Chissà quando arriveremo alla scena clou”, o ancora “Secondo me l’assassino sarà… “, ecco, tutti questi – ed altri – interrogativi si affacciano nella tua mente e così, pagina dopo pagina, sospiro dopo sospiro, fiato sospeso dopo fiato sospeso arrivi alla fine: d’embleé il libro termina. Viene scoperto l’assissino, viene scoperto il movente e tu, a prescindere o meno dall’epilogo, magari avevi raffigurato l’assassino in una persona diversa, o magari nella tua mente, si era delineata una visione diversa dell’insieme: avevi già immaginato la scena, avevi partecipato alle indagini e fatto le tue congetture, esclamando, dinanzi a certe scene, “Già, lo supponevo anche io”, oppure “Non può trattarsi di lui perché a quell’ora non si trovava in quel luogo”.
Insomma leggere un giallo ti rende, volente o nolente, partecipe alla storia che si innesca, quasi fossi un osservatore esterno alla scena. Che tu sia o meno appassionato di questo genere, che tu usualmente non li legga e ti sia capitato per caso tra le mani uno di questi libri, inevitabilmente un giallo di prende, soprattutto nelle mente. Poi, naturalmente, esiste quel genere di gialli che coinvolge anche nel cuore.
Il giallo che ho letto di recente Delitto in alto mare di Alessandra Carnevali, rientra proprio nella seconda categoria: non solo mi ha coinvolta mentalmente, tanto che, al pari di una novella Sherlock Holmes, mi sono ritrovata a indossare i panni da investigatrice, pormi domande, concordare e/o dissentire con chi le indagini le stava realmente compiendo, a scartare eventuali probabili assassini entrati a far parte della rosa dei candidati, ma il giallo in questione mi ha trascinata a tal punto, ed in tal modo, che non sono riuscita a rimanerne distaccata.
Delitto in alto mare rappresenta l’inizio di un nuovo ciclo di avventure della poliziotta Adalgisa Calligaris, preceduto da altre indagini che la poliziotta umbra ha magistralmente condotto e finanche risolto con un grande ma riservato successo.
Il libro in questione si suddivide in 55 capitoli, molto brevi, in realtà, ed ho trovato questa strutturazione molto positiva perché questi capitoli, di lunghezza ridotta, ti aiutano a mantenere alta la concentrazione, già di per sé elevata proprio perché è l’argomento che te lo impone, te lo richiede: una minima disattenzione e devi tornare indietro e riprendere il filo del discorso.
I capitoli sono raccontati in terza persona, mai in prima, e si alternano: alle volte la voce indiretta racconta le vicende di Adalgisa, altre volte di Gualtiero, l’affabile ed integerrimo marito del nostro commissario, ma quasi sempre, com’è giusto che sia, è proprio il commissario ad essere protagonista di queste esposizioni.
La narrazione è scorrevole, scivola come essere su una pista di pattinaggio su ghiaccio, i refusi sono pressoché inesistenti, e il linguaggio utilizzato è elegante, articolato, mai banale, l’autrice ha utilizzato per noi la versione più ricercata del comune modo di dire, e questo, a mio avviso, ha di molto elevato la qualità del libro: la nostra lingua è tra le più belle, affascinati, è intrisa di quell’eleganza antica, consta di milioni di termini e sinonimi e quando, soprattutto nella scrittura, ci si giostra per utilizzare il termine più raffinato rispetto a quello di uso comune nella lingua parlata, regaliamo a ciò che stiamo scrivendo un tocco pregiato.
Altro aspetto che ho molto apprezzato è il fatto che la nostra Alessandra Carnevali ha conferito alla storia quel senso di familiarità, ti spiego: i discorsi, spesso, sono intercalati da espressioni di uso comune nel dialetto umbro, non c’è quindi, quel distacco tipico di un libro magari ben scritto ma asettico, che non ti trasmette nulla: queste espressioni rende il libro più vicino a te.
L’autrice, altresì, ha attribuito ai vari personaggi, che aleggiano intorno alla storia, dei nomi particolari che te li rende simpatici già a sentirli nominare, qualche esempio? Mirko Zucca, Casimiro Marzapane, Marina Pera, Paris Picchio, il che sembra anche strano, per un verso, in un giallo è insolito che i personaggi abbiano nomi spiritosi come questi, e quasi sembra impossibile che siano inseriti in un contesto simile, cioè vedresti questi ultimi più adatti ad una circostanza diversa, magari, un libro con un giusta dose di humor. Ma ciò non rappresenta un aspetto negativo o invalidante del romanzo, anzi, serve ad alleggerire l’atmosfera.
Mi è piaciuto anche il fatto che spesso, l’autrice, per descrivere delle scene utilizzi delle similitudini tanto che, leggendole, non puoi non immaginarti la scena «Kato e Kimura non dicevano una parola, ma annuivano all’unisono come due cagnolini nel lunotto posteriore di una Simca 1000.», questo è un esempio calzante: ti immagini questi due soggetti che acconsentono, ma l’associazione a due cagnolini posti nel lunotto posteriore di quel tipo di auto, fanno sì che la scena ti si rappresenti dinanzi agli occhi come se la stessi osservando davvero.
Il ritmo narrativo dapprima si pone come monocorde, quindi tranquillo, con una descrizione di routine senza colpi di scena, anche se tu che leggi, e che sai già di stare leggendo un giallo, ti aspetti che da un momento all’altro succeda qualcosa, e quindi la dose di trepidazione si mantiene elevata; poi, man mano che si procede nell’evoluzione della trama, il ritmo del libro diventa più incalzante, più veloce, come quelle sinfonie che aumentano di gradazione e tono in un crescendo, perché giungiamo alla scena culmine e da questo momento in poi la storia mantiene più o meno questo ritmo.
Dico più o meno perché in questo libro il momento dal quale parte l’indagine, si colloca all’interno della storia principale, ovvero è connessa a quest’ultima e la narrazione, difatti, si concentra anche su quella che è, appunto, la storia di partenza.
E’ presente anche qualche digressione, ma non in maniera eccessiva perché, comunque, il racconto si basa su un qualcosa che è in evolvendo, ed in ogni caso le digressioni presenti sono sempre legate al caso che il commissario sta cercando di risolvere.
Anche la descrizione dei luoghi e delle località che vengono inserite nel libro l’ho trovata parecchio interessante perché l’autrice è riuscita a pormeli come immagini vivide.
Devo dire che questo commissario mi è proprio piaciuto: il fatto poi che sia una donna l’ho apprezzato ancora di più. Adalgisa Calligaris non è una donna bella, è risaputo, ma è una donna tutta d’un pezzo, una donna che non ama le smancerie, una donna riservata e che preferisce acquistare nei mercatini dell’usato che nelle boutique d’élite, preferisce essere piuttosto che apparire, sembra una donna rude, distaccata ma poi ci sono attimi, che devi saper cogliere tanto sono sfuggenti, nonché rari, che ti fanno capire che è una donna di cuore, soprattutto, è una donna che ama il suo lavoro, una di quelle persone che della deformazione professionale ne fa il proprio stile di vita. Un omicidio, una scomparsa, il fiuto di un sospetto, l’idea che qualcosa non vada, una minima sensazione benché aleatoria, la spingono a vederci chiaro, a cercare di capire, nonostante sia in vacanza e nonostante dovrebbe solo pensare a rilassarsi, e godersi il proprio consorte. Non può farne a meno: se c’è un’ingiustizia lei la deve scovare e deve fare in modo che la verità venga a galla.
Gualtiero Fontanella, l’esimio marito, di professione magistrato, che con amorevole accondiscendenza accetta tutte queste sfaccettature caratteriali della moglie: accetta quel suo modo alle volte burbero, accetta questo suo essere così stacanovista, accetta persino il fatto che durante la loro vacanza, appositamente scelta per festeggiare il loro decimo anniversario di nozze, la moglie, di sovente, lo lasci da solo per dedicarsi alle indagini, ti chiedo: quanti mariti avrebbero con indulgenza remissiva accettato ciò? Non credo molti, e forse piuttosto che celebrare l’anniversario di matrimonio avrebbero celebrato l’emettendo divorzio.
Sono rimasta notevolmente colpita dal rapporto di complicità, amicizia e armonia, tra i due coniugi: il loro intendersi anche con un solo sguardo o parlarsi attraverso i loro silenzi, non ci sono mai state scene intime tra i due, e secondo me questo è stato volutamente scelto dall’autrice e, probabilmente, se ve ne fossero state, in questo contesto, avrebbero rovinato questo rapporto di simbiosi e il viaggiare sulla stessa lunghezza d’onda di questi due coniugi.
«Non era un adone, Gualtiero, ma era il meglio che le fosse capitato. E non lo avrebbe cambiato con nessun altro al mondo.»
Non ti ho minimamente accennato alla trama, lo so bene, anzi posso dirti che tutto ciò è stato fatto scientemente perché voglio che sia tu a decidere di calarti nei panni del commissario Adalgisa Calligaris e compiere assieme a lei tutti i passi dell’indagine che poi ti condurranno alla soluzione finale del caso. D’altro canto, se ci pensi, anche io stessa ti ho dato tanti indizi, un viaggio, l’anniversario di matrimonio, e poi il titolo già dovrebbe darti una grossa mano d’aiuto, e inoltre sei a conoscenza che si tratti di un giallo, ergo, di sicuro ci saranno: un assassino, un omicidio, uno o più sospettati, congetture sui vari moventi, un colpevole… e non necessariamente in quest’ordine.
Quindi, cosa aspetti, caro iCrewer? Corri a leggere questo giallo, che definirei leggero, perché non ti appesantisce la mente con meccanismi contorti quasi fossero rebus o indizi incomprensibili, in questo giallo sei invogliato a divorare una pagina dietro l’altra.
Consiglio la lettura di Delitto in alto mare in primis a tutti gli appassionati del genere, e poi a chi ha voglia di leggere un giallo che non implichi troppe riflessioni, troppi intrighi, troppe tessere del puzzle da incastrare, chi voglia, insomma, di cimentarsi con questo genere, riuscendo comunque a distendersi durante la lettura.
E adesso ti lascio con la frase che più mi ha colpita, una frase, peraltro, nella quale mi sono rispecchiata e che ho sentito da subito mia «Sono una donna di legge e quando qualcuno la infrange, mi piace andare fino in fondo. E’ la mia natura.»
Biografia
Alessandra Carnevali è nata ad Orvieto ed si è laureata in Lingue. Ha partecipato, in veste di autrice, al Festival di Sanremo 2002 con il brano All’infinito eseguito da Andrea Febo. Nel 2007 è stata la prima b