Con Carvalho: problemi d’identità ritorna il grande detective nato dalla fantasia di Vázquez Montalbán. Il nuovo libro è stato scritto da Carlos Zanón, previa autorizzazione della famiglia di Montalbán
Pepe Carvalho, l’investigatore nato dalla penna di Manuel Vázquez Montalbán, torna in libreria grazie a Carlos Zanón, poeta, scrittore, musicista, giornalista catalano, che ha resuscitato il noto personaggio di Vázquez Montalbán col permesso, anzi pare su richiesta, dei familiari dello scrittore. Nella mia libreria ho l’opera omnia di Carvalho e quindi non poteva sfuggirmi questo grande ritorno. Il romanzo prometteva bene; avevo letto una buona recensione su il manifesto, la traduzione era a cura di Bruno Arpaia, anche lui scrittore e giornalista (scrive per La Repubblica, come Zanón scrive per El País, due quotidiani molto simili) e, inoltre, specialista di letteratura spagnola e sudamericana nonché traduttore di autori del calibro di Gabriel García Márquez e Mario Vargas Llosa. Insomma, tutti buoni motivi per leggere il libro.
Innanzitutto va detto che la scelta di narrare in prima persona è eccellente, oltre che obbligata. Il rapporto fra Carvalho e Vázquez Montalbán viene spiegato nel VII capitolo: lo scrittore era un vicino di casa del detective, si sono conosciuti e hanno dato vita a una solida amicizia. Un giorno lo scrittore chiede al Detective il permesso di usare la sua figura per scrivere romanzi; si fa narrare alcuni casi e poi ci lavora, mettendoci una buona dose di fantasia e di esperienze personali. Lo invecchia, per potergli passare i propri demoni; in realtà Carvalho, lo sappiamo perché lo dice lui stesso, ha la medesima età di Juliette Binoche quindi, nel 2017, quando si svolge la storia, ha appena 53 anni. Un po’ pochi per aver fatto tutto quello che ha fatto e, soprattutto, per aver letto tutto quello che ha letto, considerando poi che è un uomo d’azione e perde un sacco di tempo in cucina e con le donne. Il primo libro su Carvalho, ossia Yo maté a Kennedy, è del 1972 , quindi Carvalho aveva 8 anni quando cominciò a ispirare lo Scrittore. Comunque sia, il Carvalho letterario diventa così un ibrido del detective e dello scrittore. Da qui i problemi d’identità di Pepe Carvalho: è ormai abituato all’immagine romanzata, tanto che chiama il suo aiutante Biscúter, come nei romanzi, anziché col suo vero nome. Dopo i primi libri conosce e ha veramente una relazione con Charo, ecc. Insomma, la finzione si insinua nella vita reale. E questo mi piace; fa molto Borges, fa molto Allan Moore, ecc. È pur sempre un giallo, quindi della storia parleremo poco, senza entrare nei dettagli. Anche perché c’è ben poco da dire; c’è un delitto, anzi più d’uno, c’è una specie d’indagine, ma tutto passa in secondo piano rispetto alla crisi esistenziale del detective.
Nell’ufficio sulle Ramblas di Carvalho c’è una novità: Briongos, una ragazzina che, di fatto, si occupa dei telefoni portatili di Carvalho, visto che o li perde o li fracassa durante le sue crisi isteriche. Con lui c’è sempre il mite e fedele Biscúter, che partecipa a un programma televisivo per cuochi, arriva anche in finale, e Carvalho gli tiene il muso. Altra novità, che parte e non arriva da nessuna parte, è il sospetto tumore allo stomaco del detective, che si fa fare una TAC, ma poi decide di non conoscerne l’esito. Per il resto è il solito Carvalho che cucina, ma è molto stringato nel descrivere le ricette, che brucia i libri per accendere il caminetto e, considerato che siamo a Barcellona a fine giugno, è un altro sintomo della sua andropausa galoppante.
Per finire, ci sono clamorose imprecisioni che mi hanno lasciata perplessa, che non capisco come possano essere sfuggite a due persone come Zanón e Arpaia e a un normale redattore dei testi: proprio all’inizio Carvalho è in un albergo madrileno e si beve un paio di Heineken. A un certo punto Carvalho dice “Alzo la seconda bottiglietta tedesca”. La Heineken è olandese e penso che l’unico a non saperlo sia proprio Carvalho. Strano per un gourmet. Nel VII capitolo: “‘Chi sei?’ Mi domandavo ogni volta con maggior insistenza, come il gatto del Cheshire ad Alice”. Però “chi sei?” ad Alice non lo domanda il gatto del Cheshire, ma il brucaliffo. Strano per un lettore esperto come Carvalho, anche se sarebbe bastato aver visto il cartone animato,
senza aver letto o bruciato il libro.
Siccome è sempre Carvalho in prima persona a parlare, che sia voluto? Si vuol forse insinuare che Carvalho non è un po’, ma completamente altro da ciò che raccontava Vázquez Montalbán? Beh, ne potevano fare a meno: sono abbastanza certa che se i romanzi di Vázquez Montalbán fossero stati così, si sarebbero fermati a Yo maté a Kennedy.
Corro il rischio di dare l’idea
che questo libro non mi sia piaciuto. Non vi fidate. Conosco chi non solo lo leggerebbe volentieri, ma che vorrebbe anche averlo scritto. Credo che sia un buon romanzo intimista. Fatto sta che a me i romanzi intimisti danno sui nervi, così come mi dà ai nervi chi si piange addosso in continuazione, mi annoiano a morte gli amori sbagliati, anche se ammetto che è un topos di tanta buona letteratura. Non vorrei nemmeno che sembrasse che mi piacciono i romanzi ottimisti a tutti i costi: il mondo è brutto, va male e fa male, ma ridurre tutto al fatto che Barcellona non sia più quella di una volta e che non si riesca mai trovare la donna della vita, per piacere, almeno cerchiamo di non scomodare un mito letterario come Carvalho. Il giallo è sempre stato un pretesto per mostrare il marcio della società. A leggere Carvalho, sembra che i mali della Spagna siano il turismo e le perversioni sessuali di gente che, tutto sommato, fa col suo. L’unico problema che va oltre il localismo è la prostituzione, che è un caso internazionale e intertemporale; si pensi che la prima protagonista femminile della nostra tradizione letteraria è Šamkat, la prostituta del Gilgamesh.
Comunque, visto che non sono equanime nel giudizio, vorrei dare un’altra chance al libro di Zanón: c’è una bella intervista impossibile di Zanón a Vázquez Montalbán, pubblicata su El País di gennaio. Prossimamente te la proporrò, così potrai sentire anche il punto di vista dell’autore. E giuro che non farò commenti: due parole d’introduzione, poi seguirà una mera traduzione. Non mi piace che il mio giudizio sia terminante.