Voglio iniziare questa mia odierna recensione proprio con una frase – che ho letteralmente adorato – estratta dal romanzo:
«Papà, secondo te che rumore fa l’amore quando arriva? Puff! Puff? Sì… come una magia.»
Ho trovato Bosco Bianco di Diego Galdino, romanzo auto pubblicato, una lettura delicata, fresca, senza fronzoli né troppi giri di parole, senza intrecci complicati, che magari poi rischiano di non avere né capo né coda, una storia semplice, lineare, profonda e perfetta per tutti coloro che amano sognare attraverso la semplicità delle cose.
Ci sono tanti romanzi che narrano dell’amore, ognuno a proprio modo, ognuno con le proprie peculiarità: ci sono i romance veri e propri, i mafia romance, i dark romance, insomma a conti fatti per gli amanti del genere ve n’è per tutti i gusti; ci sono poi quei romanzi che raccontano l’amore e lo fanno in una maniera che ti lascia inevitabilmente dentro un’impronta: in fondo, per aiutarci a sognare, basta veramente poco, e non è solo per la presenza dei protagonisti ma è tutto il contorno, è ciò che fanno, è come l’autore ce li pone ai nostri occhi, e quindi, grazie alla semplicità degli elementi Bosco Bianco è destinato a restarti dentro a lungo.
Il tempo di ambientazione è relativamente recente siamo nel 2018 e la località spazia tra la cittadina di Santa Maria e Roma, ma la maggior parte del libro è ambientato nella di tenuta di Bosco Bianco.
I capitoli sono quindici di lunghezza media, gli stessi sono preceduti da un prologo a mia vista originale e che fungerà da porta che ti permetterà di fare l’ingresso nel romanzo, al termine dei quindici capitoli troverai un epilogo altrettanto originale ma al tempo stesso inusuale, che io ho letteralmente adorato e sul quale tornerò a breve.
In ogni capitolo viene citata, in rigoroso corsivo, una frase estratta da un noto film o comunque un romanzo trasposto poi cinematograficamente, tra parentesi ne viene indicata la fonte; prima che il capitolo vero e proprio inizi è altresì rappresentata una chiave, una di quelle dalla forma elegante e sinuosa, quasi austera, dove la testa è disegnata a mo’ di ghirigoro e il gambo si presenta come lungo e affusolato; una chiave che mi immagino argentea, che risplende se baciata da raggi del sole: a mio avviso l’utilizzo di questa chiave può essere inteso in senso assolutamente metaforico.
Lo stile dell’autore è fluido, scorre bene e senza intoppi, il linguaggio utilizzato non è semplicistico, i termini sono qualificati. È un libro che leggi con piacere, con quella rilassatezza tipica di quei libri che ti fanno stare bene, leggi pagina dopo pagina e senza rendertene conto giungi alla fine.
Il libro è narrato in terza persona e mostra il punto di narrazione dei vari personaggi. I dialoghi sono espressi in forma diretta… le digressioni sono presenti sotto forma di ricordi.
Il ritmo narrativo è costante: né troppo veloce, né troppo lento, è giusto per come deve essere.
Nel romanzo, inoltre, vi sono delle scene intime che, però, sono descritte in maniera talmente armoniosa, talmente delicata che non si rendono volgari.
«…Ti sei perso?Accendo un faro? Così ti ritrovi Bosco Bianco è il mio faro… Accendilo.»
Ci sono vari personaggi nel romanzo ma quelli principali – a tutti gli effetti – sono due: Maia Antonini e Giorgio Betti, una donna e un uomo, ognuno con il loro personale bagaglio di emozioni, ognuno con il proprio vissuto, ognuno dei quali si recherà a Bosco Bianco per una ragione diversa, ma per uno dei due questa ragione fallirà miseramente: sarà il personaggio a farla scientemente fallire oppure dipenderà dagli eventi che si sono avvicendati?
I due personaggi sono stati dipinti dall’autore in maniera talmente limpida che è impossibile non immaginarseli, ciò non solo per quanto riguarda l’aspetto fisico, ma in particolar modo per quel che concerne il loro modo di essere e di fare, il loro essere così naturali e non artefatti; e così, mentre leggi certe scene, riesci a raffigurarteli mentre si muovono in cucina, nella veranda o mentre scambiano delle battute. Non ho prediletto nessuno dei due, li ho amati entrambi in pari modo, Maia per il suo essere soave, leggiadra, un’ottima ascoltatrice, una persona che ha tratto dalla sua fragilità la propria forza:
«Era una donna che sapeva il fatto suo. Leggere come l’organza e pesante come la lana.»
Giorgio per altro verso, benché sia un uomo, ha dalla sua una innata sensibilità e gentilezza, possiede quello che è un cuore galante.
«Una persona buona lo è sempre, perché se non lo fosse andrebbe contro la sua natura.»
Un’altra cosa che ho veramente apprezzato è l’ironia che ha spesso permeato i dialoghi tra Maia e Giorgio, pareva si conoscessero da sempre quando, nella realtà dei fatti, la loro conoscenza era iniziata solo da pochissimo tempo: la loro intesa, il loro modo di parlarsi, di guardarsi e di ascoltare i loro silenzi.
Nel romanzo, inoltre, vengono citati un sonetto di Shakespeare e una poesia di Wistan Hugh Auden.
La delicatezza del romanzo l’ho ritrovata anche in talune frasi che, inutile dirlo, mi hanno molto emozionata:
«A volte si sentiva indefinito, sommerso dalle lacrime e avrebbe tanto voluto avere una persona a cui poter dire… Asciugami.»
Per contro ho rilevato qualche refuso, niente di così rilevante, minuzie, come ad esempio in un caso mancavano le classiche virgolette di apertura del discorso diretto, qualche spazio di troppo, Maya piuttosto che Maia, faro al posto di farlo, ti volevo renderti invece che volevo renderti o ti volevo rendere. Ad ogni modo nulla di così grave da non poter essere risolto con un’ulteriore rivisitazione.
La parte che ho prediletto? L’epilogo. Ti basti sapere che si tratta di alcune lettere che son state scritte nel 1932 circa. È una parte molto profonda forse po’ azzardata per l’epoca in cui tali scritti sono stati redatti ma d’effetto, d’impatto, dove la fanno da padrona la terminologia elegante di quei tempi e il sentimento.
Sinceramente, caro lettore, Bosco Bianco è un romanzo che ti consiglio: intanto per tutti i motivi che ti ho su indicato e poi perché è uno di quegli inni all’amore che entra in punta di piedi nella tua vita, senza nulla pretendere se non regalarti la possibilità di sognare.
«L’innamorato è colui che cerca ogni giorno di conquistare il sorriso di chi ama.»