«Bisturi!»
Si chiama Autopsia di un’emozione il romanzo di Ilaria Caserini, pubblicato da PubMe, di cui vorrei parlarti oggi. Autopsia. E non anatomia. “Autopsìa” – si legge sulla Treccani – “deriva dal greco αὐτοψία ovvero il vedere con i propri occhi“. Ed è proprio quello che accade leggendo questo libro. Si parla di depressione, argomento delicato da trattare. Si rischia infatti di banalizzare o cadere in stereotipi triti e ritriti. Ma il titolo già ci porta su un piano diverso. Autopsia: Ilaria Caserini sviscera un preciso groviglio di stati d’animo, ci va
«Bisturi!»
“Con mano ferma, ma labbro inferiore tremante, mi accingo a praticare la mia prima, e forse unica, incisione a y. Decisa nell’intento, ma vacillante nello spirito, non sono del tutto sicura di quale sarà il risultato di un così delicato e complesso intervento. Ma lo voglio fare, su questo non ho il minimo dubbio.”
Lo stile di Ilaria Caserini è fresco. Parla del Mostro (come l’autrice definisce la depressione) con leggerezza. Non fraintendermi: quando parlo di leggerezza intendo quella dei calzari alati di Mercurio di cui parlava Italo Calvino nelle sue Lezioni Americane. Non frivolezza o banalità, quindi. L’autrice conosce bene le pieghe dei crepuscoli dell’anima e le riporta senza eccessiva enfasi, semplicemente narrando una parte di vita di due esseri umani. Ed è proprio questo quello che più ho apprezzato di questo libro.
Nel libro vengono raccontate due storie in parallelo, ma una è in secondo piano rispetto all’altra. Questa doppia narrazione, insieme all’incursione delle pagine del diario della protagonista della storia principale, a tratti mi ha un po’ confusa. Avrei preferito fossero scisse oppure che si intrecciassero ancora di più ma con stacchi ben definiti – anche grafici – per evitare un senso di smarrimento, soprattutto all’inizio.