“Per me i veri angeli sono le persone che in certi momenti compaiono all’improvviso a dare luce alla vita…”
“Questo è un segno del destino…fisso nella memoria questo panorama e poi non guarderò più niente, lascerò che le cose seguano il loro corso…”
Questa è la mia prima recensione qui su icrewplay e ho scelto un libro di Banana Yoshimoto perché adoro il suo modo di scrivere, il suo modo di far viaggiare con le parole direttamente nei pensieri e nella vita dei personaggi, la sua narrazione leggera e coinvolgente.
Partiamo dai personaggi:
La protagonista principale è Eiko: dalle prime pagine emerge il suo animo sensibile, il suo amore per la natura e di lei mi ha colpito soprattutto la sua capacità di guardarsi dentro: “capii chiaramente a cosa mi stavo aggrappando in quel periodo. Era quello che mi aveva insegnato mia madre…”, in questo passaggio del libro, come in altri, Eiko si rende conto di ciò che le accade dentro e cerca di andare oltre, cerca la verità. La cerca in incontri casuali che illuminano il suo percorso, la cerca nell’energia della natura, nelle coincidenze. Questo personaggio mi è piaciuto tantissimo: la sua forza di volontà, la dedizione al lavoro, l’amore incondizionato e la passione che ha dimostrato nei confronti degli animali e delle piante mi hanno emozionata. Il suo rapporto con l’amore è chiuso in una frase che dice a Takada nel penultimo capitolo:
“Nella vita io ho sempre fatto a brandelli i miei sentimenti pur di rendere ogni cosa più semplice possibile”.
Takada è il proprietario del ristorante Arcobaleno, l’uomo del quale Eiko si innamora. E’ un uomo gentile, appassionato del suo lavoro e della natura come Eiko. Quest’ultima passione li unisce in un amore celato fino alla fine.
La moglie di Takada è una donna pratica, impegnata soprattutto a pensare a se stessa, esattamente l’opposto del marito, i due non sembrano avere più nulla in comune e il frutto di un tradimento ormai li ha divisi definitivamente.
Il modo di scrivere:
Ho letto più di un romanzo di quest’autrice ed in particolare “Kitchen”, il suo romanzo d’esordio, è il mio preferito. In Arcobaleno ho ritrovato lo stesso stile narrativo ricco di colori e profumi che mi aveva colpito in altri suoi libri. Ad esempio nel racconto del viaggio ad Tahiti leggendo le sue parole: “Ah incredibile! E’ giallo! Anche se è così piccolo, ha un’aura diversa dagli altri pesci… E per di più è di un giallo da non crederci!”, non fai fatica a mettere la faccia sott’acqua e a vederlo anche tu quel pesce giallo, o a casa di Takada, non potrai non sentirti coinvolta dalla storia del cane e del gatto Tarò, e rimarrai estasiata guardando “la spinta vitale dei boccioli che si schiudevano…”.
Devo dire, però, che il finale mi ha lasciata un pò delusa, forse perchè non era quello che mi aspettavo.
Una lettura che comunque consiglio poiché davvero piacevole e in molti passaggi emotivamente coinvolgente.