Against di Scarlett Reese, Words edizioni
Caro iCrewer, ci son cascata di nuovo, o sì sì ci son cascata di nuovo.
Non credo esista modo migliore per iniziare questa recensione se non che con le parole della canzone del Festival di Sanremo che più mi è entrata nel cuore, mi riferisco ovviamente a Me ne frego di Achille Lauro. Ora però ti chiederai perché io ci sia cascata di nuovo?
Ebbene già poco dopo l’inizio della mia ultima lettura dal titolo Against avevo capito di essermi trovata di nuovo dinnanzi a una pessima storia; non ti elenco le mie precedenti disastrose letture, perché ho molto da dirti per cui mettiti comodo che io inizio ad argomentarti le mie tesi.
Against di Scarlett Reese è un romanzo che non mi è piaciuto sotto diversi punti di vista e dato che so che in generale questo libro otterrà un forte consenso dalla critica e che io sarò una voce fuori dal coro, voglio fare le cose fatte per bene e quindi esporti con calma e concentrazione le mie opinioni a riguardo.
Partiamo dall’amore, si tratta di un mafia romance, per cui l’amore è uno dei temi cardini del romanzo, difatti tra i due protagonisti, Leiny ed Alek, l’autrice fa sbocciare un sentimento puro e bello che fiorisce con loro. Se da prima sono due ragazzini che combattono l’uno per addestrare l’altro, si scoprono poi innamorati e quindi amanti, legati da questo sentimento potente e duraturo quanto può essere un patto di sangue.
A questo punto, come sai caro iCrewer, dopo la laurea in filosofia, mi sto specializzando in alcune discipline collegate alla psicologia, e una domanda mi sorge spontanea: ma tra due persone che non sanno cosa sia l’amore, due individui cresciuti nella violenza e nei soprusi, che non hanno mai ricevuto coccole, non hanno mai soddisfatto il bisogno di affiliazione e hanno subito violenze, torture, macabri riti di iniziazione inflitti dai loro stessi padri, ebbene questi soldati addestrati a non provare sentimenti, posso realmente scoprirsi innamorati? Possono realmente amare o tutto questo è solo frutto di una romantica fantasia?
Io non sono molto convinta che siano in grado di farlo o che, se anche ci riuscissero, questo sentimento dovrebbe manifestarsi in maniera differente da come noi lo intendiamo, tuttavia l’autrice pensa sia possibile e crea questa luce in mezzo alle tenebre dell’inferno in cui vivono i due ragazzi che, clandestinamente rispetto alle loro famiglie, maturano la loro relazione.
I protagonisti, come ti dicevo, crescono compiendo, durante la loro fanciullezza, vari crimini. Scoprono infatti che i loro padri sono dei capi della mafia Russa e loro devono divenire i loro degni discendenti. Questa parte del libro è la meno leggibile, ha un lato dark, nel testo vengono descritte le scene più violente, compiute le peggiori atrocità per motivi più o meno futili (droga, prostituzione, gelosia, vendetta…)
Apro una piccola parentesi sul personaggio di Alek, io non l’ho molto ben apprezzato, me lo sono immaginato come una sorta di Russell Crowe in il Gladiatore. Un soldato addestrato ad uccidere. Quando lui e i suoi emissari vanno in missione è lui a dare il celebre comando: Al mio via scatenate l’inferno; l’autrice non usa questa espressione, ma è per farti capire come il personaggio si comporta. È lui il primogenito maschio che prenderà il posto del padre, eppure non è libero di agire; per via del patto di sangue che prevede l’obbedienza o la morte non è in grado di ribellarsi a suo padre né alla sua posizione e accetta che a Leiny, la persona che ama, vengano fatti vari soprusi e non mi riferisco solo a quello che le combina il marito che ha dovuto sposarsi, ma a tutta la violenza fisica, psicologica a cui entrambi sono costretti.
Senza voler fare la moralista e ti giuro che non tirerò in ballo il tema violenza sulle donne perché credo di averti arci stufato, riprendiamo il nostro amico Russell: dove avrebbe mandato suo padre se avesse minacciato la donna che ama?
Non credo abbia bisogno di risponderti, ma ti prego fammi riportare questa frase perché sbavo quando la sento: Mi chiamo Massimo Decimo Meridio, comandante dell’esercito del nord, generale delle legioni Felix, servo leale dell’unico vero imperatore Marco Aurelio, padre di un figlio assassinato, marito di una moglie uccisa… e avrò la mia vendetta in questa vita o nell’altra.
Ecco Alek non è questo uomo, ma non ho nemmeno capito che razza di uomo è, forse questo personaggio andava meglio sviluppato.
Veniamo ora ad un’altra questione ad essa collegata e che tengo molto a specificare. L’autrice nei ringraziamenti, che sono una parte molto bella del testo, scrive che chi odia questo libro è perché esso fa parte di un genere che o si ama o si odia; su questo punto voglio concedermi il lusso di dissentire.
Prendo come esempio Romeo e Giulietta di William Shakespeare, per via della coincidenza tematica, non nel senso che Romeo e Giulietta tratta la mafia, ma nel senso che entrambi sono una tragedia. Ecco la tragedia è un genere che come sappiamo inizia bene e finisce nel peggiore dei modi, ma nessuno direbbe mai Romeo e Giulietta è un brutto testo, perché la tragedia o la si ama o la si odia, questo perché il suo autore, che possiede un talento smisurato, ha creato un’opera d’arte che universalmente non può essere considerata illeggibile, anche se appunto tragica.
Parlando di autori a noi più contemporanei ti cito il mio maestro, spero non si offenda perché io lo considero tale, Stephen King. I suoi romanzi sono cruenti, sagaci per certi versi terribili, ma non credo si possa dire: odio i libri di King, perché l’horror o lo odi o lo ami. Compito dello scrittore è creare un testo che esalti il genere letterario a cui appartiene e non viceversa.
Questo libro è invece molto complicato amarlo, in particolare nella sua parte centrale, in cui tutta una serie di eventi ti inducono a chiuderlo e non aprirlo più. Scene veramente troppo crude e talvolta così macabre da sembrare surreali.
A un certo punto della lettura sono persino scoppiata a ridere e non perché la situazione lo richiedesse, ma perché mi sono immaginata re Leonida di ritorno dal regno dell’Ade, denudarsi di elmo e scudo e gridare: Questa è Sparta!
Scusate la battuta, mi è venuta naturale è un periodo che sto prendendo la vita con ironia, tuttavia il tema è tutt’altro che ironizzabile e credo che un testo su un argomento simile richieda uno studio molto più approfondito.
Ora ti saluto caro iCrewer, ma se vuoi leggere la seconda parte di questa recensione che ho dedicato a una mia personale questione contro cui questo testo va a cozzare ti rimando a tra poco.
Dammi il tempo di un caffè e torno da te.