Il mago del Cremlino, questo è il titolo del libro di Giuliano Da Empoli che ho appena finito di leggere – edito da Mondadori. La presentazione del volume mi ha subito incuriosito: un libro che parla di Russia, che si presenta come un romanzo russo, ma che non è scritto da un autore russo? E sì, nel caso in cui tu te lo stia chiedendo, la cultura di appartenenza di uno scrittore o una scrittrice può fare la differenza.
Può capitare che la maggioranza dei titoli che affollano le nostre librerie siano traduzioni, in molti casi anglosassoni (e bada bene, non c’è nulla di male, ma è un’affermazione che mi serve per introdurre il discorso). Per questo, ormai siamo abituati a uno stile di narrazione che si accosta a quello in lingua inglese. Tuttavia, ti è mai capitato di leggere un romanzo giapponese? Un giallo tedesco? Uno dei grandi classici russi? Un saggio islandese? Non accade sempre, ma qualche volta opere prodotte in particolari culture hanno un sapore diverso, lasciano un retrogusto che le contraddistingue, che le fa spiccare.
Ecco, i romanzi russi hanno una di queste impronte speciali, almeno per quanto mi riguarda, e quindi, quando mi sono approcciata al libro di Giuliano Da Empoli non sapevo bene cosa aspettarmi. Una prosa coinvolgente, quasi da monologo interiore, mentre l’autore snocciola una miriade di fatti e pensieri, il tutto con voce gioviale (o almeno così è risuonata nella mia mente) come ha fatto Paolo Nori in Sanguina ancora, terzo classificato al Premio Campiello 2021? Oppure qualcosa di completamente diverso?
Il mago del Cremlino di Giuliano Da Empoli: la mia recensione
Tornando seri, ho davvero apprezzato questo romanzo. Sebbene scritto interamente come se fosse un dialogo, o meglio ancora un monologo, in cui Vadim Baranov si racconta e racconta la sua esperienza al Cremlino, è un volume estremamente facile da leggere. È scorrevole, intrigante e molto fluido. L’autore non si sofferma per troppo tempo su dettagli inutili; si assicura di darci una panoramica il più completa possibile non solo della Russia di Putin, ma anche di ciò che l’ha preceduta. E tutto ciò senza diventare un saggio di geopolitica, di storia o di filosofia.
È il racconto di una vita trascorsa al servizio di uno Zar, di anni passati a costruire il futuro, perdendo quasi di vista il presente. Di giorni e di notti spese a intessere trema e creare mondi, a muovere pedine senza far capire loro di essere tali. È la vita che Baranov, creatura romanzesca ispirata a una personalità reale, ha vissuto per quasi trent’anni. È la vita che ha scelto in un impeto di curiosità, di noia; lui, così diverso da tutti gli altri uomini di potere. Lui che era un artista, un letterato, che da piccolo non ha sentito i morsi della fame o dell’umiliazione.
Fino a quando una nuova variabile è entrata nell’equazione, e ha reso il gioco della politica insignificante.
Il mago del Cremlino mi ha subito riportato alla mente una sensazione molto precisa: fin dalle prime parole, mi è sembrato di ritrovarmi a pranzo con Ivan e Alëša Karamazov, mentre il maggiore parla al minore del poema che ha scritto, Il Grande Inquisitore. Si tratta di un brano celebre dell’opera di Dostoevskiji, in cui la visione del mondo di Ivan forse si mescola con quella dell’autore, dando vita a parole indissolubili. Ecco, il romanzo di Giuliano Da Empoli ha ricreato un’atmosfera simile, ed è stato in grado di reggerla fino alla fine.
Nelle pagine di Il mago del Cremlino diventiamo testimoni di una scalata al potere, di occhi gelidi sempre più affamati, di un orso che sbaraglia tutti i concorrenti, che manipola magistralmente le folle, e di un lupo che, alla fine, decide di lasciare il branco e di vivere solo tra i boschi.
È un libro che dà uno sguardo dall’interno e sulle origini di una vicenda che è poi sfociata in guerra; un’opera che non giustifica, ma che tenta di rendere chiaro anche il punto di vista di chi si trova dalla parte russa del confine.
L’unica nota stonata in questa melodia è, a mio parere, la copertina. L’aquila bicipite, simbolo della Russia – già in uso ai tempi di Pietro I e ripescata dopo il crollo dell’Unione Sovietica – è resa davvero poco riconoscibile dal riverbero dorato che la circonda. Forse sarebbe bastato attenuare l’alone d’oro, o lasciare direttamente lo stemma su campo nero. Tuttavia questa è semplicemente la mia opinione.
Per concludere, ti consiglio di leggere Il mago del Cremlino di Giuliano Da Empoli se stai cercando un libro attuale ma non banale, profondo ma non pesante, d’altri tempi ma estremamente moderno.