Ha vinto Nadal. Ancora.
Per la decima volta nella sua carriera il campione spagnolo si è imposto agli Internazionali d’Italia che si sono svolti la scorsa settimana sulla terra rossa del Foro Italico, a Roma. Quello nostrano, è un torneo che fa parte della serie degli ATP Master 1000, ovvero dei più prestigiosi; un gradino appena sotto i quattro che fanno parte degli Slam: Australian Open, Roland Garros, Wimbledon e US Open.
In molti considerano quello di Roma, al pari di Montecarlo, il torneo più bello da giocare: vuoi per il clima, vuoi per la cornice meravigliosa, vuoi per il calore del pubblico.
Il pubblico. Una delle note più belle degli Internazionali che si sono conclusi la scorsa domenica. Si sono rivisti, infatti, sugli spalti, i tifosi. Ingressi contingentati e capienza ridotta, ma un primo vero passo verso la normalità che da tanto tempo tutti quanti stiamo auspicando.
Nadal è il Re di Roma: decima vittoria della carriera
Sarebbe stato un peccato, infatti, vedere una finale come quella tra Nadal e Djokovic senza gli applausi e il calore che questi due campionissimi meritano ogni volta che scendono sul campo da tennis.
Del resto, insieme allo svizzero Roger Federer, – il più forte di sempre? – Rafa e Nole monopolizzano da circa due decenni tutti i tornei più prestigiosi dando vita a sfide che sono un vero e proprio spot per il movimento che si genera intorno a questo sport meraviglioso che a mio avviso è un po’ troppo sottovalutato e snobbato.
Anche se negli ultimi anni anche in Italia stanno fiorendo giovani campioni che regalano tantissime soddisfazioni a noi tifosi. È un movimento in crescita.
Quello che mi piace del tennis è che lo sforzo atletico deve essere ben equilibrato con il gesto tecnico. È uno di quegli sport in cui il talento è imprescindibile. Non a caso i tre fenomeni di cui stiamo parlando occupano le prime tre posizioni della classifica mondiale da tantissimi anni. Si alternano i gradini tra di loro, a seconda dello stato di forma o degli infortuni, lasciando davvero le briciole agli altri loro rivali che sporadicamente fanno qualche apparizione sul podio della classifica ATP.
Un terzetto che nonostante il passare degli anni continua a dare spettacolo. Se l’età non è più alleata di Federer, che ormai dovrebbe essere agli ultimi anni di carriera, anche Nadal e Djokovic, infatti, sono entrambi ben oltre i trent’anni: questo la dice davvero lunga su quanto siano forti e talentuosi. Il ricambio generazionale, finché questi due continueranno a tirare così, avrà da mettersi in coda e aspettare.
Quando pensi a Nadal pensi alla terra rossa. Pensi alla potenza messa al servizio del talento. Pensi a doti atletiche incredibili e a una grande determinazione. Ti rendi conto che lo vedi giocare dai primi anni duemila, quando era giovanissimo, e ti spiazza l’idea che, come allora, lo vedi trionfare e demolire gli avversari come se il tempo per lui si fosse fermato.
Rafael Nadal: cosa leggiamo?
Come sempre, mi sono mosso alla ricerca di un libro da leggere per arricchire l’articolo e, a dire il vero, renderlo dei colori giusti per inserirsi nel guardaroba del nostro sito.
Sono tanti i libri dedicati al tennis, molti li abbiamo già segnalati in precedenti articoli.
Quello che più ha attirato la mia attenzione, anche per via di tante recensioni positive, è Rafa. La mia storia, scritto a quattro mani dal campione maiorchino con il giornalista John Carlin ed edito in Italia nel 2011 da Sperling & Kupfer.
Nel libro, Nadal racconta il percorso che l’ha fatto diventare il campione universalmente riconosciuto da tutti. Partendo dagli allenamenti fatti con lo zio Toni fino ad arrivare ai grandi trionfi sui campi più blasonati del circuito tennistico, con particolare riferimento al trofeo di Wimbledon vinto nel 2008 proprio contro Federer, in quella che è considerata la partita più bella di sempre.
E chi se la dimentica.
Spazio anche all’aspetto privato del Rafa non giocatore. Grande uomo dai modi gentili e composti con un carattere timido difficile da credere, per via della macchina da guerra che diventa quando ha la racchetta in mano.
Da parte mia, il pensiero che faccio quando mi emoziono davanti alle gesta di grandi campioni come Nadal, è sempre quello di ritenermi fortunato di aver potuto godere di tanto spettacolo. Sarà bello raccontare alle generazioni future di averlo visto correre a destra e sinistra del campo da gioco come un dannato, di averlo visto picchiare con quel braccio sinistro ma allo stesso tempo dipingere traiettorie incredibili e delicate.
E poi quel rituale che si celebra ogni volta a cui Nadal tocca il servizio. Un gesto che è diventato un marchio di fabbrica che lo identifica: prima si sistema i capelli, poi i pantaloncini e infine si gratta il naso. A me fa impazzire. Una gestualità che si esaurisce ad ogni battuta in una manciata di secondi, quelli in cui raggiunge la massima concentrazione per giocare il nuovo punto.
Un campione vero. Da celebrare. Da essere orgogliosi di averlo visto vincere per ben dieci volte in casa nostra.