Parte la finale del Premio Strega!
Parte dal Museo Etrusco di Villa Giulia a Roma e la presentazione è affidata ad Eva Giovannelli che la dedica, subito, alle figure femminili inquadrando le statue etrusche all’inizio della manifestazione. Figure femminili come le tre donne in finale tra la cinquina del premio. L’emozione è palpabile tra il pubblico presente e non solo, anche gli autori sono in fibrillazione e, in attesa delle prime votazioni, l’attenzione è rivolta al ’68, dove un certo tipo di cultura la faceva da padrone, soprattutto quella politica, rivoluzionaria; il ricordo va al questo premio, disturbato dalle manifestazione dei collettivi studenteschi e caratterizzato dalle contestazioni di personaggi come Pasolini, in netto contrasto con il mondo editoriale del momento, tanto da ritirare il suo libro, Teorema, dal premio stesso.
Ospiti della serata, Giampiero Mughini e Paolo Cognetti, vincitore dello Strega 2017, tra la giuria, con il compito di aggiornare le votazioni. Ma l’attenzione è tutta sugli autori! Balzano, intervistato dalla Giovannelli, descrive il suo libro come una storia di resistenza al femminile contro il sopruso dei tedeschi, il classico Davide contro Golia, una storia nata nel ’21, con il desiderio di riportare a galla i fatti dimenticati…
Il confronto poi è con Lia Levi, già vincitrice del Premio Strega Giovani, che introduce il suo libro-denuncia sulle leggi razziali contro gli ebrei, scritto sulla personale esperienza del marito e con la forte convinzione che “bisogna girare pagine lette per andare avanti.“
E’ il turno di D’Amicis con il suo libro emblematico sui rapporti amorosi dove incontrare la donna giusta sarà un fardello troppo grosso per il suo personaggio maschile, un desiderio che non è fine a se stesso ma solo una serie continua di desideri nella spettacolarizzazione del tradimento. Un triangolo dove i valori scontati del mondo di oggi vengono messi in discussione, dove la regola è superare le regole imposte.
Durante la votazione, non mancano le dichiarazioni del Presidente della Fondazione Bellonci, Solimine, e del Presidente dell’azienda Strega, soddisfatto per la vivacità con cui il premio si presenta al pubblico dei lettori. A movimentare la serata, Franca Leosini, nota scrittrice di romanzi gialli, intervistata sull’esigenza di dare importanza al noir, fino ad ora molto penalizzato; presente alla manifestazione anche Dacia Maraini, e Nicola Lagioia, che, sollecitato dalla Giovannelli, afferma come l’editoria sia costretta a reinventarsi per poter pubblicare, citando e riconoscendo in Severino Cesari, il merito di avere creato un grande marchio editoriale come Enaudi,
Spazio anche a Helena Janeczek autrice de “La ragazza con la Leica”, che, nella sua storia, riporta in vita Gherda Tara, un’affascinante ed indipendente fotografa, morta durante la guerra civile in Spagna con il desiderio di riassumere lo spirito del tempo, affidando ai personaggi vicini alla fotografa, il compito di essere voci narranti della storia.
Sandra Petrignani parla del suo libro su Natalia Gizburg, come un risanare la ferita per non avere ricevuto la giusta gratificazione di un libro sottoposto al’l attenzione della scrittrice, la sua è, infatti, una biografia documentata ma, conoscendola meglio insieme ad altri autori, è nato il desiderio di ricercarla e di scoprirla.
Pochi minuti dopo la mezzanotte, lo scrutinio finale che proclama, con 554 voti su 660, e 196 punti, dopo 14 anni una donna vincitrice del 72esimo premio Strega, “La ragazza con la leica” di Helena Janeczek Guanda editore, premiata con il liquore offerto dall’omonima azienza, e classico passaggio del testimone con l’abbraccio finale del precedessore.
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Il 1° agosto 1937 una sfilata piena di bandiere rosse attraversa Parigi. È il corteo funebre per Gerda Taro, la prima fotografa caduta su un campo di battaglia. Proprio quel giorno avrebbe compiuto ventisette anni. Robert Capa, in prima fila, è distrutto: erano stati felici insieme, lui le aveva insegnato a usare la Leica e poi erano partiti tutti e due per la Guerra di Spagna. Nella folla seguono altri che sono legati a Gerda da molto prima che diventasse la ragazza di Capa: Ruth Cerf, l’amica di Lipsia, con cui ha vissuto i tempi più duri a Parigi dopo la fuga dalla Germania; Willy Chardack, che si è accontentato del ruolo di cavalier servente da quando l’irresistibile ragazza gli ha preferito Georg Kuritzkes, impegnato a combattere nelle Brigate Internazionali. Per tutti Gerda rimarrà una presenza più forte e viva della celebrata eroina antifascista: Gerda li ha spesso delusi e feriti, ma la sua gioia di vivere, la sua sete di libertà sono scintille capaci di riaccendersi anche a distanza di decenni. Basta una telefonata intercontinentale tra Willy e Georg, che si sentono per tutt’altro motivo, a dare l’avvio a un romanzo caleidoscopico, costruito sulle fonti originali, del quale Gerda è il cuore pulsante. È il suo battito a tenere insieme un flusso che allaccia epoche e luoghi lontani, restituendo vita alle istantanee di questi ragazzi degli anni Trenta alle prese con la crisi economica, l’ascesa del nazismo, l’ostilità verso i rifugiati che in Francia colpiva soprattutto chi era ebreo e di sinistra, come loro. Ma per chi l’ha amata, quella giovinezza resta il tempo in cui, finché Gerda è vissuta, tutto sembrava ancora possibile.
Articolo fantastico?