Un’intervista per conoscere meglio la fresca originalità di un poeta contemporaneo che voleva fare il cantautore.
I POETI LAVORANO DI NOTTE
QUANDO IL TEMPO NON URGE SU DI LORO,
QUANDO TACE IL RUMORE DELLA FOLLA
E TERMINA IL LINCIAGGIO DELLE ORE.
I POETI LAVORANO NEL BUIO
COME FALCHI NOTTURNI OD USIGNOLI
DAL DOLCISSIMO CANTO
E TEMONO DI OFFENDERE IDDIO.
MA I POETI, NEL LORO SILENZIO
FANNO BEN PIU’ RUMORE
DI UNA DORATA CUPOLA DI STELLe
Comincia così, oggi, questo appuntamento settimanale con la poesia. Comincia con Alda Merini, “falco notturno od usignolo dal dolcissimo canto”, alla quale ho chiesto aiuto per tracciare al meglio la figura di un poeta.
Non so e quanto Stefano Buzzi, poeta “pop che voleva fare il cantautore”, ([amazon_textlink asin=’8897681395′ text=’Volevo fare il cantautore Indie’ template=’ProductLink’ store=’game0ec3-21′ marketplace=’IT’ link_id=’b057fe4f-c007-452b-8fb8-438ac64b5aa9′] è, infatti, l’ultima sua pubblicazione edita da Amande collana Nuove Luci) si ritrovi nei versi della Merini o se, come lei, “fa ben più rumore di una dorata cupola di stelle”, certo è che chi scrive, non vuole di certo stare zitto.
Stefano Buzzi, 40 anni, di Carate Brianza, dal 2013 collabora con Radio Cantù, con il programma After Eight con il nome di Comandante e, al tempo stesso coltiva un altro amore: la scrittura.
Il suo primo libro Poesie Pop, quaranta composizioni che l’autore non definisce poesie ma “pensieri o riflessioni”, gli è valso il Premio come miglior poeta della provincia Monza Brianza.
A noi di iCrewPlay libri piace approfondire la conoscenza degli autori che richiamano la nostra attenzione e quindi… ecco a te, caro lettore “poesiomane” (…la Crusca mi perdonerà), Stefano Buzzi in un’intervista che ci consente di scoprire e conoscere meglio il poeta e fra le righe, anche l’uomo.
Chi è Stefano Buzzi?
Innanzitutto grazie per questa intervista e un saluto a tutti i lettori, direi che questa è proprio una bella domanda, difficile rispondere. Mi piace definirmi una persona che “FA” senza la necessità di collocare la mia figura in una posizione ben specifica. Scrivo poesie, racconti, racconti brevi e fiabe per bambini. Metto in scena quello che scrivo organizzando reading letterari in locali, biblioteche e centri culturali.
Leggo le fiabe ai bambini in feste di paese, scuole e asili.
Sono speaker radiofonico, animatore e presentatore di eventi, nell’ultimo anno sono stato addirittura anche direttore artistico di un concorso canoro. Collaboro con associazioni di volontariato. Spesso tutto questo “fare” si amalgama e ne nascono sempre nuove idee e nuovi progetti.
Da “indagini accurate e a tappeto” (benedetto internet…) sappiamo che conduci un programma “After Eight”, a Radio Cantù, con lo pseudonimo di “Comandante” ci spieghi questo nome?
Questo “nome d’arte radiofonico” è nato nel 2011 quando conducevo un programma che si chiamava DIARIO DI BORDO sulla web radio MBNetwork. Un format molto legato alle opinioni ed alle esperienze degli ascoltatori. Ogni settimana facevo una domanda su un tema particolare e raccoglievo risposte. Spesso si trattavano temi esistenziali.
Il motto del programma era “Siete conducenti o passeggeri della vostra vita”, da qui il nome Comandante. Colui che guida la propria vita e stila il diario di bordo.
E’ stata quella la mia prima esperienza radiofonica, durata un anno. Un anno che ricordo sempre con piacere per la qualità delle persone che ho conosciuto.
E’ forse una tendenza al comando o una tua aspirazione?
No, nessuna tendenza a comandare. E nessuna aspirazione. Era davvero il nome di una figura che immaginavo. Pensavo alla vita come un viaggio su un pullman e stimolavo gli ascoltatori a pensare se si sentivano conducenti o passeggeri. “Il conducente” o “Il guidatore” non mi suonavano bene come “Il Comandante” che ben si sposava con il titolo del programma. E una volta che il nome d’arte è fatto . . . è rimasto.
Poi è ovvio che nei miei progetti e nelle mie collaborazioni mi piace sostenere la mia idea, ma sono sempre aperto ad accettare consigli e soprattutto riconoscere ciò che è meglio per il risultato finale.
Vuoi parlare ai nostri lettori del tuo programma? Magari aumenti l’indice di ascolto così…
After Eight è un programma di puro intrattenimento.
Va in onda tutti i Venerdì sera dalle 19.30 alle 21.00, un orario in cui non si può proporre la Corazzata Potemkin.
Raccogliamo notizie curiose durante la settimana e le commentiamo con ironia e leggerezza, senza dimenticarci di lanciare spunti di riflessione più seri.
Diamo spazio a gruppi e musicisti emergenti, sia con interviste telefoniche che con ospitate in studio per piccoli live acustici. Condivido questa avventura con il mio socio “Il Latinista” (facciamo coppia ormai da sette anni) e con la regia di DjK2 che quest’anno ha sostituito DjPnP che dopo sei anni con noi ha fatto altre scelte. Come vedi siamo appasionatissimi di nick name… Se volete saperne di più cercate la nostra pagina Facebook AFTER EIGHT ON AIR.
Passiamo alla passione più grande (credo) di Stefano Buzzi: la scrittura, come nasce o da cosa nasce?
Nasce sui banchi di scuola. Banalmente dalle lezioni di italiano e dai temutissimi temi in classe che tutti odiavano e che io invece aspettavo sempre con trepidazione. Mi piaceva misurarmi con titoli imposti e vedere cosa riuscivo a sviscerare. Ricordo sempre che una volta presi un voto altissimo per un tema in cui sostenevo la mia tesi che leggere Dante e Manzoni alle soglie del duemila fosse completamente inutile. Ovviamente oggi ho radicalmente cambiato opinione. Da quegli anni in poi ho sempre scritto. Sono rimasto affezionato a carta e penna per anni. Ho ancora un cassetto pieno di foglietti sparsi, quaderni ricchi di appunti, incipit, frasi e poesie adolescenziali. Chissà un giorno . . .
Nel 2012, hai vinto un premio a Seregno come “miglior poeta della provincia di Monza Brianza”. E’ chiaramente un bel riconoscimento ma, come ben saprai e ben sa chi scrive e a questi premi partecipa, l’Italia è piena di premi letterari, qual’è il tuo pensiero in proposito?
I premi letterari mi riferisco proprio a questo. Non scrivo in modo classico. Non vado alla ricerca di rime e nemmeno seguo regole di metrica. Scrivo poesie che potrebbero anche essere definite testi, brani, pensieri. Nello specifico quando ho deciso il titolo POESIE POP ho pensato alla musica. A come consideravo questo libro l’alter ego di un disco. La musica ha la grande onnipotenza di arrivare a tutti ed essere fruibile da tutti. Nel mio modo di scrivere ricerco questa virtù che sicuramente è molto più riconoscibile nella musica che nella scrittura.
“Poesie pop raccoglie soprattutto la mia passione per la musica” così abbiamo letto in un articolo che ti riguarda… e la domanda sorge spontanea, come direbbe un famoso conduttore, che genere di musica ama Stefano?
Fare radio comporta il dovere di ascoltare tutto e soprattutto di essere sempre aggiornati e al passo coi tempi. Quindi direi che ascolto davvero ogni tipo di musica. La mia formazione è molto rock, ma ho notato che col passare degli anni il mio gusto si è addolcito e ho finito per preferire i testi alla musica. Del resto uno che scrive ama leggere anche la musica. Ci sono testi che sono vere e proprie poesie, penso che il confine sia davvero sottilissimo. Sono stato molto felice quando hanno assegnato il nobel per la letteratura a Bob Dylan perché è un segno che letteratura e musica sono davvero in simbiosi e che non sono io un pazzo a lavorare in questa direzione.
Quindi, se non abbiamo capito male, la musica come ispirazione e oltre alla musica cosa ispira Stefano?
Esattamente, sono molto più ispirato dai cantautori che dagli scrittori. Anche se, senza fare nomi, leggo ed apprezzo molto i poeti moderni. I poeti da social network. Mi piace l’utilizzo dei social per diffondere emozioni con le parole. L’ispirazione la trovo in gran parte dal vivere il mio quotidiano. Mi piace osservare ed ascoltare quello che succede e poi trasformarlo in versi. Prendo davvero spunto da una giornata di pioggia, da un albero storto, da una amica che viene lasciata dal fidanzato, da una giornata fredda e ventosa, da una sera afosa, da un litigio, da un bacio . . . insomma mi ispira la normalità delle cose che succedono vivendo.
Il termine Pop, abbreviazione di popolare, fa pensare a qualcosa che raggiunge tutti e che da tutti è fruibile, così come la musica, pensi che la poesia possa essere fruibile da tutti ed avere un’ampia diffusione?
In parte ne abbiamo già parlato prima. La musica è molto in vantaggio rispetto alla poesia su questo piano. E’ più semplice ascoltare un pezzo di Vasco Rossi che leggere un brano di Tonino Guerra. Però, come dicevo prima, confido molto nel “mezzo” social network per la diffusione di nuove forme di poesia. Mi capita spesso di “postare” frasi o piccoli pezzi di poesia sulla mia pagina Facebook personale o sul mio profilo Instagram. Semplice, veloce e diretto. E con tante visualizzazioni. E’ una scorciatoia? Una furbata? Non lo so. So che è un modo per rendere fruibile un’arte che spesso viene considerata obsoleta e di nicchia.
In Poesie pop, 40 composizioni concepite, come tu stesso affermi, come pensieri e riflessioni, affianchi ad ognuna una prosa che ne illustra la genesi… vuoi chiarirci meglio questo concetto?
La collana “Nuove Luci” di Edizioni Amande in cui il libro è inserito tratta testi sperimentali e innovativi. Ci siamo trovati subito. Loro cercavano una idea originale e io avevo questo desiderio di non lasciar morire la poesia con una semplice lettura. Mi piaceva l’idea di spremere il succo del componimento e ampliarlo come se fosse sviluppato sulla pagina di un Blog. Ci tengo a specificare che non si tratta della parafrasi della poesia, ma semplicemente il racconto di come è nata, l’evento o l’idea che ha ispirato i versi e in alcune circostanze un aneddoto legato al testo.
Pensi che il lettore abbia bisogno di aver spiegato chiaramente quello che vuoi dire o forse non sarebbe meglio lasciare l’interpretazione a chi legge?
Come detto, nessuna spiegazione. E’ giusto, ed è quello il bello della poesia, che i versi possano volare liberi e arrivare al lettore in modo diverso a seconda della predisposizione di quest’ultimo. Come succede con le canzoni. Mi piace pensare anche che una poesia letta in un determinato periodo della vita possa non scatenare emozioni, ma che possa essere modulata col passar del tempo a seconda di come la vita ci cambia o ci mette di fronte ai giorni che passano.
Alla fine del libro ci sono quelle che definisci “Bonus Track” vuoi spiegarci in che consistono e il perché di questa aggiunta?
Prima dicevo che consideravo questo libro come l’alter ego di un disco. In realtà è stato proprio concepito come un concept album. Se si vuole trovare un sottotitolo alla raccolta sarebbe “Sinusoidi” in quanto le 40 poesie ci guidano attraverso un percorso ben definito che è un sali scendi tra gli stati d’animo dell’uomo. Le “bonus track” sono poesie che non fanno parte di questo ritmo sinusoidale, ma sono componimenti che volevo inserire in questa raccolta. C’è anche un omaggio al mio paese Carate Brianza con una poesia che è il mio unico tentativo di scrivere in dialetto.
E, a questo punto non può mancare una domanda sull’ultima (?) tua pubblicazione (che confesso ho scoperto spulciando il tuo profilo facebook (ognuno ha i suoi canali, capisci a me…) e che mi ha incuriosita parecchio parlo di “Volevo fare il cantautore”, ci racconti un po’ dei temi e della scelta delle due sezioni… e in maniera particolare ci parli del “Drabble”? (Approfondirò in proposito e magari ci risentiamo per un’altra intervista)
Se POESIE POP era una raccolta di emozioni e stati d’animo, con questo secondo lavoro mi sono quasi completamente dedicato a raccontare. Utilizzare la poesia per raccontare situazioni. Come succede spesso ai cantautori: mettono in canzoni delle vere e proprie storie. E sempre nell’ottica di un lavoro originale ho pensato di raccontare utilizzando due generi letterari ben distinti: la poesia e il drabble. Il drabble è un esercizio di scrittura che ho scoperto on-line qualche anno fa. Si tratta di un vero e proprio racconto che ha una regola ben definita: 100 parole. Non possono essere 99 e nemmeno 101. Cento! Inizialmente mi ci sono approcciato davvero come esercizio, raccontare una storia utilizzando solo cento parole. Non semplice. Poi dopo aver passato le selezioni di un contest da cui è nato un e-book di artisti vari ho deciso che dovevo ritagliare uno spazio in un mio libro anche a questo genere. In Volevo fare il Cantautore Indie c’è anche un racconto lungo, diviso in quindici puntate. Molto molto accattivante e originale.
Chi scrive e chi scrive poesia in particolare, è un persona dotata di particolare sensibilità o di un “sentire diverso”, se vogliamo definirlo così, ti ritrovi in questa affermazione?
Non vorrei risultare ripetitivo, ma non mi riconosco nella definizione classica di poeta. Uso la poesia per raccontare e per esprimermi, quindi mi ritengo molto lontano dai poeti classici che spesso sono spinti da sofferenze o emozioni intense. Detto questo, posso dire che sono una persona che si emoziona. Una persona che ama porsi di fronte alle emozioni e non ha paura o vergogna di esternarle. Mi emoziona il bello. Mi emoziona il “bene”. Mi emoziona la gioia. Tendo a erigere un muro, invece, davanti alle emozioni dolorose e negative. Mi difendo così.
E in conclusione, ringraziandoti per la disponibilità, possiamo chiudere questa intervista chiedendoti che cosa bolle nella tua pentola? o in altre parole, cosa leggeremo di te in seguito?
Ci sono un po’ di progetti aperti che crescono e che probabilmente in questo 2019 vedranno la luce, ma è ancora troppo presto per parlarne. Il futuro prossimo mi porterà al Festival di Sanremo come inviato della Radio e questa è una esperienza che ho già fatto l’anno scorso e che sicuramente mi arricchirà ulteriormente. Invito i Vostri lettori a seguirmi sui miei profili social per rimanere aggiornati su quello che verrà e per condividere insieme giorno dopo giorno questa grande avventura che è il “FARE”.
Grazie a Voi per l’intervista e a presto.
Quello che mi piacedi teè che hai un sorrisoda cantaretutti in corocome in una canzonedi Battisti” Dichiarazione d’amore musicale”
Bella intervista..interessante..e si trovo che la musica a volte per alcuni testi va di pari con la poesia ..Non a caso molti cantautori sono definiti poeti..
Esternare le emozioni e avere la capacita di saperle trasmettere con vibrazioni ad altri è poesia….e non importa se il lettore coglie il vero senso per cui è stato scritto un testo , una poesia.. Ognuno recepisce l’ emozione a modo proprio a seconda del momento o del periodo che sta vivendo.. Concludo facendo gli auguri a Stefano e i complimenti a Pina Sutera.
Mille grazie, Susi, per il bel commento da persona attenta e sensibile.
Continua a seguirci.