Quando la poesia racconta il quotidiano parte dal piccolo ma si allarga a grandi temi: Wislawa Szymborska, poetessa polacca e il suo personale minimalismo pieno di sogni.
Vermeer
Finchè quella donna del Rijksmusem
nel silenzio dipinto e in raccoglimento
giorno dopo giorno versa
il latte dalla brocca nella scodella,
il Mondo non merita
la fine del mondo.
Chissà quali meccanismi scattano nella mente di chi legge versi… Chissà quali meccanismi mentali, alla fine della lettura di un’intera raccolta di versi, arrivata proprio all’ultima pagina, mi fanno decidere di proporti la poesia sopra riportata, Vermeer di Wislawa Szymborska, tratta dalla raccolta Elogio dei sogni, edizione del 2011, curata da Pietro Marchesani ed inserita nella collana Un secolo di poesia, un’iniziativa del Corriere della sera di qualche anno fa volta a diffondere la poesia, a cura di Nicola Crocetti.
Avevo da tempo deciso di trattare per questa rubrica, la poetica di Wislawa Szymborska e, proprio in questi giorni, (sarà stata trasmissione di pensiero?) ho cominciato a vedere girare per casa la raccolta di cui ti parlo oggi: Elogio dei sogni.
Lo so cosa stai pensando e ti anticipo dicendo che i miei neuroni si connettono bene (almeno credo!). Il fatto è che a casa mia, la poesia è ospite gradita e quindi non è improbabile vedere circolare libri sull’argomento e ritrovarseli ovunque, quasi avessero vita propria.
Non avevo mai letto un’intera raccolta della Szymborska, (già scrivere correttamente il nome a memoria è come azzeccare un terno al lotto…) conoscevo qualche sua poesia, nel web o nelle riviste letterarie ne circolano parecchie: vedere il libro e leggerlo, è stata una logica conseguenza.
Dalla bella prefazione di Pietro Marchesani all’ultima poesia, Vermeer appunto, la lettura è stata un crescendo di stupore. Stupore per come l’autrice affronta la scrittura, con profondità e riflessione a volte, con leggerezza e ironia altre. Prendendo spunto dal concreto, dalle piccole cose, dal minimale a cui nessuno fa caso, dai sentimenti comuni e quasi banali, Wislawa Szymborska, sa andare oltre, sa unire concreto e trascendente, ordinario e prodigio: “Un miracolo comune./ L’accadere di molti miracoli comuni./ […] Un miracolo fra tanti:/ una piccola nuvola svolazzante,/ riesce a nascondere una grande pesante luna./ Un miracolo che non stupisce quanto dovrebbe:/ la mano ha in verità meno di sei dita,/ però più di quattro. /Un miracolo, basta guardarsi intorno,/ il mondo onnipresente./” Questi stralci tratti da una poesia, abbastanza lunga, presente nella raccolta, La fiera dei miracoli, rendono l’idea di quanto affermato sopra.
Poco conosciuta prima di ricevere il Premio Nobel nel 1996, Wislawa Szymborska, è oggi una dei poeti più letti e tradotti nelle principali lingue del mondo: “Un miracolo compiuto grazie alla concentrazione ritmica ed emotiva di ogni poesia, grazie all’accelerazione domande e congetture, si che nello spazio di pochi versi un evento qualsiasi, in apparenza trascurabile, spalanca al nostro sguardo le cose prime e ultime della vita.” Così leggo e riporto dalla prefazione di Elogio dei sogni, di Pietro Marchesani.
L’apparente minimalismo dei versi della Szymborska, la levità dei versi, “lo stupore metafisico dell’umana creatura”, la totale assenza di retorica con al contrario la ricchezza di metafore, di trasposizioni, rendono Elogio dei sogni una raccolta di versi lieve e profonda al tempo stesso: una raccolta di poesie priva delle disperazioni angosciose che spesso attanagliano il cuore dei poeti ma anzi, vi “prevale un’accettazione affettuosa e stupita della vita a partire dalle forme più semplici del suo manifestarsi.”
“Il mondo qualunque cosa noi ne pensiamo, spaventati dalla sua immensità e dalla nostra impotenza di fronte ad esso, amareggiati dalla sua indifferenza […] questo mondo è stupefacente…” Questo affermava Wislawa Szymborska nel discorso tenuto a Stoccolma, in occasione del conferimento del Premio Nobel e questo è quanto si può vedere e leggere nelle 250 pagine dense ed impregnate di vita vera, a volte forse subita, altre accettata, altre ancora quasi onirica e carica di stupore, della raccolta. “Sono quella che sono./ Un caso inconcepibile/ come ogni caso./ In fondo avrei potuto avere/ altri antenati,/ e così avrei preso il volo/ da un altro nido,/ così da sotto un’altro tronco/ sarei strisciata fuori in squame./ Nel guardaroba della natura/ c’è un mucchio di costumi: di/ ragno, gabbiano, topo campagnolo./ Ognuno calza a pennello/ e docilmente è indossato/ finchè non si consuma./ […].” (Nella moltitudine)
Wislawa Szymborska non ha legami concettuali o intellettuali nei suoi versi, si immerge nel quotidiano con concretezza e ironia per approdare all’accettazione quasi stupita della vita e delle sue logiche. La sua poesia risulta coinvolgente proprio perchè vi si ritrovano pezzi della propria vita che è vita di tutti: dall’intimo soggettivo al comune oggettivo. Ed è ciò che maggiormente risalta nei versi che hai letto all’inizio, secondo il mio parere, eccoti spiegato il motivo per cui li ho scelti: nella loro brevità ed essenzialità fanno risaltare tutto il mondo poetico della Szymborska che partendo da un dipinto di Vermeer, La lattaia, ammirato in un museo, estende al mondo intero il concetto di vita che non può e non deve esaurirsi, “il Mondo non merita/ la fine del mondo.” Sarà per questo che la capacità di leggere il reale senza uso di semantica o figure retoriche, la limpidezza espressiva, il lirismo semplice ed essenziale espresso in versi liberi, hanno fatto il suo successo di poeta amata e conosciuta in tutto il mondo?
Tutte le poesie presenti nella raccolta Elogio dei sogni, sono in lingua originale, il polacco, con accanto la traduzione in italiano, sempre a cura di Pietro Marchesani, un vero cultore di Wislawa Szymborska.
Conosciamola un po’ meglio…
Wislawa Szymborska nasce a Kornik nel 1923 ma dopo alcuni anni si trasferisce a Cracovia dove vive fino alla morte, avvenuta il primo Febbraio del 2012. La prima silloge di poesie Per questo viviamo è del 1952; segue Domande poste a me stessa del 1954. Il successo letterario vero e proprio arriva con la silloge Appello allo Yeti del 1957. Negli anni successivi pubblicherà altre raccolte di poesie fino ad arrivare ad un totale di 12, opere tutte ripubblicate in Italia dall’editore Adelphi, rispettivamente nel 2008 e nel 2009 (entrambe a cura di Pietro Marchesani). Dal 1953 al 1966 è redattrice di Vita letteraria, settimanale letterario di Cracovia. Negli stessi anni si iscrive al Partito Comunista ma se ne allontanerà nel 1966. La sua poetica, in quegli anni, aderisce ai canoni estetici imposti dall’ideologia comunista: si ritroverà qualche anno dopo a rinnegare quel periodo, come dimostra un suo scritto: “Ho fatto parte di una generazione che ha creduto. Io credevo. Svolgevo i miei compiti in versi con il convincimento di fare bene. E’ stata la peggiore esperienza della mia vita.”
Nel 1996 riceve il Premio Nobel per la Letteratura con la motivazione: “Per la capacità poetica che con ironica precisione permette al contesto storico e ambientale di venire alla luce in frammenti di umana realtà.” La consacrazione ufficiale è avvenuta, la sua fama si espande in tutto il mondo e i suoi libri, tradotti in molte lingue, conoscono un grande successo di pubblico, evento raro per i poeti.
“Ad alcuni/ cioè non a tutti./ E neppure alla maggioranza, ma alla minoranza./ Senza contare le scuole dove è un obbligo, e i poeti stessi,/ ce ne saranno due su mille.” (Ad alcuni piace la poesia)
Di questa piccola minoranza facciamo parte, una piccola minoranza che, come Wislawa Szymborska, alla domanda “cos’è mai la poesia?” risponde: “Ma io non lo so,/ non lo so e mi aggrappo a questo/ come all’ancora di un corrimano.”