A me piacerebbe. Mi piacerebbe molto uscire per strada e piuttosto che vedere muri di cemento, grigi e anonimi o al massimo pieni di manifesti pubblicitari, dai quali sorridono in posa facce altrettanto anonime che propinano al passante l’illusoria felicità di merci da acquistare, per vivere meglio e senza le quali la vita sarebbe un perfetto schifo: la logica dei consumi di cui siamo intrisi, si sa, propone l’effimero come vitale e tutti noi, volenti o nolenti, ci siamo dentro per intero. Mi piacerebbe, dicevo, vedere fiorire dai muri di cemento fiori di poesia. Manifesti di poesia. Borghi, paesi e città con i muri di cemento pieni di poesia. E dove il cemento non ha ancora vinto sulla pietra antica, che conserva l’armonia dell’impegno di abili mani che su di essa hanno lavorato, inciso, scolpito, disegnato e amato, su quelle pietre, dove spesso l’incuria umana lascia il posto alle erbacce che ne coprono la bellezza, mi piacerebbe leggere parole costruite con arte, cesellate con anima e cuore. Vivere circondati dalla poesia, leggerla sui muri, per le strade, su fogli volanti oltre che sui libri, sicuramente non piacerebbe a tutti ma renderebbe più vivibili certi giorni e forse migliori anche gli esseri umani.
Sogno ad occhi aperti ogni tanto, sogno che l’incanto invada il mondo, sogno un mondo che viva di dilagante splendore e non di fatua pubblicità, sui muri grigi di cemento armato. Poi apro gli occhi e la concretezza della vita di ogni giorno mi fa sorridere di me stessa, delle mie ingenuità e delle mie irraggiungibili chimere. So, però, di non essere sola a fantasticare, so che altri sognano la bellezza sui muri di cemento come la sogno io. E la realizzano o quanto meno ci provano, pur se devono scontrarsi con le chiusure mentali di chi detta le regole.
Noi italiani, popolo di santi navigatori e poeti annoveriamo tra i nomi illustri che hanno reso (e rendono) l’Italia grande nel mondo, uomini che con le loro parole hanno avuto la forza e la capacità di nutrire e orientare movimenti culturali e sociali, eppure in questo nuovo millennio in cui si può leggere tutto di tutti con estrema facilità, la poesia sembra scomparsa o relegata a pochi cultori che, agli occhi dei più, sembrano venire da un’altra epoca. Sembra quasi che questa meravigliosa arte, sia chiusa in una torre inaccessibile, impenetrabile, inarrivabile, la cui chiave è riservata a pochi: i più pazzi, i diversi, quelli che sentono prima, che sentono diverso o che sono soltanto dei poveri illusi.
Noi che la amiamo però abbiamo il dovere di parlarne, farla conoscere e apprezzare, di diffonderla perchè la Poesia, quella con la P maiuscola, non è solo esplosione di sentimenti e rime di cuore, sole e amore: la Poesia può diventare denuncia, può smuovere animi e coscienze e proporre un modo nuovo di vedere e concepire il mondo intorno.
Da queste considerazioni nasce nel 2010 a Firenze il MeP, il Movimento per l’Emancipazione della Poesia, costituito quasi esclusivamente da giovani fino ai venticinque anni e che agisce a partire da una riflessione importante e chiara: la poesia si scrive ancora e molto, tuttavia non viene letta. Diventa allora necessario fare in modo che siano le composizioni stesse a cercare le persone, a suscitare l’interesse di tutti coloro che di spontanea volontà si farebbero molto difficilmente ammaliare da un verso. Quale maniera migliore quindi, se non incrociare lo sguardo dei passanti attraverso fogli sparsi nelle città e con esortazioni scritte direttamente sui muri, cosicché nei ritmi veloci della vita quotidiana, immersi in preoccupazioni, consumi e solitudini, possano rallentare e scorgere una frase in grado di farli pensare? Ed ecco che nasce la poesia di strada.
Le remore e i preconcetti, da parte delle istituzioni e della gente comune, sono ancora tantissimi riguardo alla streetpoetry (poesia di strada), la poesia è vista come qualcosa di superfluo, spesso non capita e confusa con altro, a volte associata ai graffiti o ai murales degli artisti di strada: eppure dal 2010 ad oggi, annovera parecchi seguaci e gruppi di poeti organizzati che diffondono versi e bellezza per le città.
Ecco nascere quindi a Roma, i Poeti der Trullo, sette ragazzi romani del quartiere Trullo che dalla periferia romana, invadono muri e strade di poesia e diffondono il proprio operato anche attraverso la rete. Oppure dal Friuli, i Poeti della sera che hanno creato un circolo per dar voce a poeti, scrittori, pittori, fumettisti, teatranti, fotografi o ancora i Tempi Diversi, un gruppo milanese, che spinge alla presa di coscienza invitando tutti a partecipare attivamente alla streetpoetry, anche attraverso l’invio di versi per posta. A questi gruppi, citati ad esempio, se ne associano molti altri sia in Italia che all’estero. Anzi, ad onor del vero è proprio dall’estero, dal Messico, che nasce la poesia di strada attraverso Acción Poética (Azione Poetica), un movimento letterario urbano, fondato da Armando Alanís Pulido, nel 1996. I versi sui muri di Acción Poética erano sia pensieri degli stessi artisti del movimento (detti poeti callejeros), sia citazioni di scrittori famosi: versi brevi, efficaci ed incisivi, in grado di lasciare uno spunto di riflessione a chi leggeva. Il movimento è poi dilagato in Argentina, Cile, Panama e da qui è arrivato, in Spagna e Italia dove ha, appunto, preso il nome di MEP, Movimento per l’Emancipazione della Poesia.
La regola principale del MEP è semplicissima: tutti gli autori che ne fanno parte devono rimanere anonimi, compare solo la sigla MEP e una iniziale accompagnata a un numero che indica un determinato autore. Le poesie sono scritte su fogli (generalmente nel formato A4) che vengono poi attaccati sui muri delle città o sulle pensiline dell’autobus o sui pali della luce ma mai attaccati su opere d’arte o monumenti. I lettori devono apprezzare la poesia per le sensazioni che suscita a prescindere dall’età, il sesso, la provenienza, l’aspetto fisico di chi l’ha scritta. Una scelta controcorrente in una società come la nostra, in cui sembra troppo spesso che apparire conti più che essere.
Poesia come messaggio, fuori dagli schemi preconfezionati, poesia che esce dai libri e percorre strade di città e paesi, si attacca ai muri e regala un attimo di stupore a chi si ferma a leggerla. Poesia come viva comunicazione sociale tra la gente che può dare un importante input al cambiamento, all’evoluzione in positivo di uomini e società. Forse è utopia ma sperare non fa male, aiuta.
E, come si legge sul parapetto della darsena di Milano, se è vero che Chi getta semi al vento farà fiorire il cielo, non ci resta che attendere piogge di fiori con il naso all’aria.