La poesia sta ai numeri come la matematica sta al cielo? Equazione possibile? Dipende. Tra matematica e teologia, c’è chi riesce a vedere la poesia anche tra freddi e razionali numeri e di questa visione fa canto e incanto, intuizione e scoperta.
C’era una volta e c’è ancora un poeta. Era nato nel paese della pietra dorata, a Sud del Sud, tra mare e monti, tra cielo e terreno di capre e di cascate. In quel paese, tutto era ed è ancora di pietra, erano di pietra, a volte, anche le teste dei suoi abitanti ma questa è un’altra storia, molto lunga e articolata, che qualche volta, forse, ti racconterò. Il poeta che da bambino non sapeva di essere poeta ma si incantava a parlare agli alberi, ai fiori, ai muli e ai barattoli di latta, era cresciuto tra i vicoli di pietra di quel paese, tra i monti e le valli, tra la campagna e le case di pietra, dove pulsava il suo cuore e dove è rimasto a pulsare e ad inseguire la memoria. E il suo cuore non era e non è, di pietra. Crebbe il poeta e scoprì la parola scritta e imparò a costruire con le parole, architetture di righe e di pagine, assonanze e dissonanze, ditirambi, lai e zagialesche e scoprì che quel paese di pietra era una continua fonte di ispirazione, un pozzo da cui attingere parole e pensieri da trasformare in poesia. E, a volte, sono pietre angolari quelle parole. E come pietre costruiscono palazzi di poesia per chi ne sa cogliere l’essenza.
Ti stai chiedendo se hai sbagliato rubrica, oppure sto leggermente vaneggiando, caro iCrewer? No, tranquillo è che oggi l’ho presa un po’ larga, come si dice comunemente. L’ho presa larga perchè l’autore di cui vorrei parlarti, anzi scriverti, mi è vicino. Molto vicino.
Filippo Giordano è nato a Mistretta, (guarda caso anch’io sono nata e vivo a Mistretta, paese della pietra dorata) in provincia di Messina, il 12 Marzo del 1952. Qui è cresciuto, qui ha lavorato in campo sindacale e qui vive. La sua vena poetica comincia ad esternarsi fin dai tempi del liceo, giovanissimo pubblica, infatti, la prima raccolta, Spirale, a cui seguono a ritmo sostenuto altre raccolte e sillogi poetiche, oggi raggruppate tutte in un unico volume, “Nebrodiversi” che comprende quarant’anni di produzione poetica, dal 1973 al 2016.
Il poetare di Filippo Giordano, nel tempo si è perfezionato, affinato, spesso aderendo ai canoni poetici e metrici classici degli endecasillabi, (che Filippo predilige) ma non trascurando il verso libero o anche esperimenti particolari come gli Haiku o la Poesia Dialettale. Diverse sillogi in dialetto mistrettese (che non è siciliano classico, per quella particolarità tutta siciliana di cambiare inflessione e parole, addirittura tra un quartiere e l’altro, in certi posti) trovano posto e ampio spazio fra la sua produzione poetica, dove il recupero del dialetto e di parole antiche e dimenticate, ha quasi il sapore e il colore di un vero e proprio studio linguistico.
In tutta la sua opera poetica, i temi che gli sono cari, studiati, sviscerati e osservati da mille angolazioni, vengono offerti al lettore con delicatezza di immagini, a volte con leggera e velata ironia, altre con la forza della denuncia, altre ancora con il senso del pudore e della misura che lo contraddistinguono ma tutte, trovano fonte, origine e spunto da quel mondo di monti, erbe selvatiche, colori, sapori e profumi di campagna, fiumi, cascate, pietre e affetti che gli vivono dentro e di cui si nutre. La Sicilitudine, dilaga nelle sue tematiche e diventa poesia.
Non elenco i numerosi premi e riconoscimenti importanti che ha ricevuto nel corso degli anni (uno fra i tanti il Premio internazionale Città di Marineo, o il Katana o il Bizzeffi) penso che l’essere schivo e la riservatezza che contraddistinguono Filippo Giordano, non facciano dei premi e dei riconoscimenti motivo di vanto, sebbene ad un poeta fa, senza dubbio, piacere che la sua opera sia riconosciuta e apprezzata.
E’ essenzialmente un poeta, Filippo Giordano ma la sua curiosità spazia dalla poesia alla prosa, alla saggistica, dalla fotografia alla sistemistica e alla matematica… (e se vuoi saperne di più ti consiglio un giretto sul web, dove puoi trovare la sua ampia e varia produzione) si, hai letto bene, matematica. Cosa c’entra dici tu? L’ho pensato svariate volte anch’io ad essere sincera. Eppure c’entra.
Fra i suoi numerosi interessi e passioni, la matematica analitica ha un posto d’eccezione. Sarà perchè è figlio di una città di pietra, sarà perchè i numeri hanno la testa dura come la pietra ma ad un certo punto, nella sua vita, intorno al 2000, forse per destino, forse perchè “Colui che tutto può” ha deciso che era il momento giusto, fatto sta che i numeri primi, sono diventati pensiero fisso nella testa di Filippo (che a quanto pare di pietra non è), motivo di studio e di ricerca approfondita.
“E’ gonfio di silenzi il Tuo respiro…/oppure parli una lingua universale/di planetarie geometrie elicoidali/ numeri primi, quadratiche distanze/ fra ognuno di loro e i suoi discenti,/ moti (e sommovimenti della mente) infiniti, che il pensiero racchiude?/” Inizia così “Sussurri del cielo e mormorio di numeri primi“ auto-pubblicato in seconda edizione nel 2013 e un illustre critico letterario, Giorgio Barberi Squarotti, così lo commentava: “Leggo con ammirazione il suo geniale libro di poesia, filosofia, teologia e matematica. E’ un’opera di assoluta novità, che spero susciti molta attenzione e plauso, così come merita. In italia non ricordo nulla del genere, se non nell’età barocca”.
“Sussurri del cielo e mormorio di numeri primi”, racconta in versi uno studio lungo, appassionato, puntuale e certosino sui numeri primi e sulla loro origine. La matematica ufficiale ha speso e spende ancora tempo, fatica e studi sull’origine dei numeri primi, senza riuscire ad approdare ad una spiegazione logica: Filippo Giordano, in maniera empirica ma precisa e fondata, ritiene di aver trovato la soluzione e la spiegazione matematica all’origine dei numeri primi e lo dimostra ampiamente in alcuni saggi dedicati all’argomento e pubblicati in vari anni: “Origine dei numeri primi“, “Terne pitagoriche primitive“, “Le stanze quadratiche”.
Ma un poeta è poeta anche se si appassiona alla ricerca matematica e sa trasformare la durezza dei numeri in poesia, malgrado le pietre d’inciampo che trova nel suo cammino.
“I numeri primi diventano metafora di un’eccezionalità, di una libertà incondizionata, di cui si può rintracciare il capostipite in Dio” (Flavia Buldrini, Literary). O ancora: “Il siciliano Filippo Giordano che ha già pubblicato parecchie opere a cominciare dalla straordinaria silloge “Se dura l’inverno” del 1980, ha sempre abbinato la passione per la poesia a quella per la matematica: due attività che a prima vista potrebbero sembrare opposte e inconciliabili ma che, a ben guardare, sono contigue sia perchè la poesia è stata per molti secoli basata sul ritmo e quindi sui numeri, sia perchè in questo poeta esse convivono perfettamente”.(Carmelo Ciccia, L’alba. Arte, cultura e società)
Ora, al di la delle citazioni di critici e giornalisti, (ne ho riportate soltanto due delle nove presenti nella quarta di copertina del libro) “Sussurri del cielo e mormorio di numeri primi”, è la storia di una scoperta, non solo matematica, ma che si serve della matematica per approdare all’oltre, altrove. Quell’oltre che è il nadir e lo zenit di tutte le cose e che si manifesta anche fra la freddezza e l’ordine ordinato della logica dei numeri. Questo ci racconta Filippo Giordano nel suo libro che si discosta dalle altre sue pubblicazioni per temi e contenuti.
“Se il mistero della divinità/ fosse legato a leggi sovrumane/ che regolano le movenze dei pianeti/ e la distribuzione dei numeri primi/ […] potrei con tranquillità assoluta/ professarmi oggi nuovo profeta/ e forte della verità acquisita/ annunciare al mondo che Dio è/… E se è vero che lo Spirito soffia dove, come e quando vuole e che ha vie misteriose e fantasia sbrigliata, più di tutti i poeti del mondo, lo stupore del lettore che vede accostare l’origine dei numeri primi all’esistenza di Dio, è pari a quella del poeta stesso davanti alla sua scoperta matematica.
Chissà se le pietre mistrettesi si saranno accorte dell’estro e della geniale inventiva di questo loro figlio o se, come di prassi accade, nessuno è profeta a casa sua… io, intanto, ti ho raccontato un pochino di lui, del suo estro e della sua genialità. (Genialità fuori dal comune o genialità fuori… e basta? Sto ancora tentando di capirlo, dopo qualche decennio di matrimonio).
A venerdì prossimo.
Prima o poi aspettavo che presentassi uno dei libri scritti dal tuo autorevole consorte..la tua descrizione nel parlare delle sue aspirazioni doti e intuizioni , direi geniali , evidenziano la stima che hai per lui, che va al di là dell amore di moglie..Complimenti a entrambi.
Non è facile esprimere un giudizio quando si è coinvolti affettivamente. Ho volutamente fatto una recensione “leggera”, del resto sono altre le voci autorevoli che hanno espresso i loro pareri su Filippo. Grazie mille Susi, sei affettuosa, come al solito.
Grazie per la recensione, annunciata solo qualche giorno prima ma tenuta segreta fino alla pubblicazione, la quale, devo dire, mi sorprende piacevolmente in quanto mi consente di ri-scoprire una lettura, sopra e dentro le righe della mia produzione in versi e grazie per la totale fiducia nelle mie intuizioni matematiche che riguardano l’analisi approfondita della legge matematica che regola la distribuzione dei numeri primi all’interno dei numeri naturali (per i curiosi che volessero eventualmente approfondire l’argomento rimando alla lettura della sintesi pubblicata online al seguente indirizzo https://www.academia.edu/35319296/LE_STANZE_QUADRATICHE._Teoria_elementare_della_distribuzione_dei_numeri_primi ).
La recensione, con lucida analisi, sintetizza un percorso di vita che della poesia ha fatto un mezzo di introspezione che partendo dal soggettivo ha preteso sondare l’oggettivo e finanche un grande mistero che coinvolge l’umanità, in particolare quella porzione di essa, della quale facevo parte anch’io, che rimane scettica di fronte al “racconto” d’una qualche presenza sovrannaturale che misteriosamente disciplina l’universo. L’input che in qualche modo fece scaturire la raccolta di che trattasi dal titolo “Sussurri del cielo e mormorio di numeri primi” trasse origine dalla lettura di una recensione di Umberto Eco pubblicata sul settimanale l’Espresso nell’anno 2004 laddove egli, parlando dei numeri primi, fra l’altro recitava: “… o la loro successione segue una regola, noi non la conosciamo ma Dio sì, e in tal caso tutto andrebbe bene, almeno per Dio. Oppure i numeri primi arrivano davvero a caso, e in tal caso Dio si troverebbe di fronte al Caso, e del Caso sarebbe l’effetto, o almeno la vittima non onnipotente (oppure Dio e il Caso sarebbero la stessa cosa). Quindi trovare la regola per prevedere la successione dei numeri primi sarebbe l’unico modo per provare non dico l’esistenza ma almeno la possibilità di Dio”.
Riuscire ad escludere che Dio potesse essere vittima del Caso, con tutte le sue annesse conseguenze di non onnipotenza, per me che fino ad allora, come gli altri, brancolavo nel buio della conoscenza dei numeri primi nonché nel buio del dubbio della effettiva possibile esistenza di Dio, divenne una sorta di vitale scommessa con me stesso che mi inzuppò l’essere e che non mi dava requie, fin quando, cinque anni dopo, ne compresi l’essenza e pian piano, negli anni successivi, rivestii la mia intuizione da diverse e robuste prove matematiche (che i matematici accademici non riescono a confutare ma che, al contempo, per ragioni che qui tralascio di commentare, non hanno ancora inteso suffragare). Fu in tale maniera, quindi, che parandosi davanti a me la Luce della conoscenza, mi volli poeticamente fare testimone di fede parlando dei “Sussurri del cielo” che giungevano per il tramite del “mormorio dei numeri primi.”
Così, per saperne qualcosa in più.
Grazie Filippo.
CREDO CHE DA QUALUNQUE PARTE S’INIZI LA SOSTANZA SIA SEMPRE LA STESSA PERCHE’ UMANA, FORSE L’OSARE NEL SOPRANNATURALE IN BUONA FEDE E SENZA DOPPI FINI POSSA ALLARGARE LA PROSPETTIVA E DARLE NUOVA LUCE A PIU’ RIPRESE FINO AL CONVINTO CONNUBIO UMANO-DIVINO CHE E’ UN PREZIOSO,NECESSARIO E PIACEVOLE PROTENDERE VERSO L’INFINITO E QUINDI SENZA FINE.
Non possono esistere doppi fini quando si tratta con il Divino, finirebbero per crollare miseramente. Troppa la disparità fra creatura e Creatore. Averne piena consapevolezza è riconoscersi piccolo atomo in una immensità inimmaginabile.
Grazie per l’attenzione.