Come anticipato qualche giorno fa, eccomi ancora con Black Coffee, l’iniziativa editoriale indipendente dedicata alla letteratura nordamericana contemporanea. Oggi è venerdì, come saprai e si parla di poesia. E mentre c’è chi di venerdì vuole essere lasciato in pace (vedi il Liga nazionale con il suo brano: è venerdì, non ci rompete i c… i cosiddetti attributi vah), io e spero anche te stiamo in pace, sì ma in poesia, anzi in Nuova poesia americana. C’è qualcosa di meglio? Forse sì, ma a noi piace così. Questa rubrica nasce anche come mezzo di informazione per iniziative, eventi, libri e autori che riguardano il mondo della poesia a trecentosessanta gradi, in Italia e all’estero e quindi, per quanto possibile, ho il piacere di aggiornarmi e aggiornarti su ciò che succede in questa zona dell’universo letterario. La poesia viene spesso relegata in secondo piano rispetto alla prosa: è un territorio che appare ostico, riservato a pochi cultori o ai “fuori di testa”, forse è un po’ vero… Io dico semplicemente che è un mondo poco conosciuto, tutto da esplorare, “è un universo per chi sente prima, per chi sente diverso”, senza scomodare l’otorino di turno, ovviamente.
C’è qualcosa di nuovo oggi nel sole, anzi d’antico: io vivo altrove, e sento che sono intorno nate le viole.
Ho scomodato, invece, il buon vecchio Pascoli, con una delle sue poesie, L’aquilone, per introdurti l’argomento di oggi: in realtà la memoria pascoliana ci azzecca poco, anzi niente, con la poesia nordamericana, almeno all’apparenza. E dico almeno all’apparenza convinta di quanto affermo, perchè in poesia non esistono distanze, esistono solo linguaggi e temi diversi, modi di scrivere o di esprimersi variegati e/o alternativi, visuali e angolazioni poliedriche, linguaggi e modalità eterogenee ma il fondo, la base, la fonte, il fondamento è uguale per tutti ed ha un’unica radice: l’anima.
Avrei potuto ricorrere a versi di autori più recenti, magari quelli citati sopra stupiranno o faranno inorridire i promotori dell’iniziativa di cui intendo informarti: Pascoli è lontanissimo in tutti i sensi dalla poesia nordamericana ma i versi sopra menzionati, no. C’è qualcosa di nuovo oggi nel sole e di nuovo c’è l’iniziativa delle Edizioni Black Coffee, ispirata alla collana lanciata da Penguin, una casa editrice inglese che negli anni sessanta, rivoluzionò il mercato editoriale. Strutturata in una serie di piccole antologie concepite come guide alla ricchezza e alla diversità della poesia nordamericana contemporanea, l’antologia Nuova poesia americana, è composta nelle intenzioni dei curatori, da diversi volumi: ciascun volume riunisce ogni anno una selezione rappresentativa dell’opera di sei autori, al fine di agevolare il naturale incontro fra il lettore curioso, così come l’abituale fruitore di poesia, e le voci più entusiasmanti dell’attuale scena poetica d’oltreoceano. Nasce così, con questo primo volume di cui ti parlo oggi, l’iniziativa della casa editrice Black Coffee alla scoperta di nuove frontiere poetiche. Quindi vedi, caro lettore che la novità vista da Pascoli più di un secolo fa, si adatta perfettamente alla novità di cui ti sto parlando? Dici che è un volo pindarico il mio? Un’associazione di idee degna di analisi psicologica? Può darsi ma in poesia tutto può succedere. Il qualcosa di nuovo e il qualcosa di antico si mescolano, si confondono, si adattano e si interscambiano, in un connubio che altrove è difficile da reperire e da attuare.
Adesso però, è il momento di smettere di disquisire e assumendo il tono serio ma non serioso di chi informa, ti dico che l’iniziativa nasce, come detto prima, dalla sensibilità della Black Coffee Edizioni che vuole porgere ai lettori e quindi far conoscere la poesia americana, poco frequentata e poco conosciuta in Italia. Il compito e la cura dell’antologia è affidato all’esperienza di un poeta e critico letterario, John Freeman e al principale traduttore italiano di poesia americana, Damiano Abeni.
A questo proposito, ti lascio informare proprio da John Freeman e ti riporto quanto scrive nell’introduzione dell’antologia:
Oggi la poesia americana è talmente viva che si potrebbero tranquillamente pubblicare cento antologie come questa, ciascuna con l’opera di sei poeti. Abbiamo deciso di iniziare da sei scrittori che riteniamo particolarmente rappresentativi del contesto attuale. Poeti che non solo mettono alla prova i limiti imposti dalla forma, ma che accorciano il divario immaginativo tra che cos’è veramente l’America, chi sono le persone che ci vivono e come tutto questo viene raccontato in poesia.
Io e Damiano Abeni non abbiamo dubbi: ogni nuovo volume di questa collana sarà una specie di piccolo evento, anche perché nessuno di questi poeti è stato ancora pubblicato in italiano. Speriamo che questa nostra selezione, meravigliosamente tradotta da Damiano, contribuisca a cambiare le cose. L’inglese americano è sempre stato una lingua molto musicale, sin dai tempi in cui si è allontanato dall’inglese britannico trapiantando sul proprio strumento un nuovo manico e nuove corde.
A me il compito, adesso di presentarti brevemente i sei autori del primo volume di Nuova poesia americana:
Robin Coste Lewis: vive ed insegna a Los Angeles, Nel 2015 si è aggiudicata il National Book Award nella categoria Poesia con la raccolta Voyage of the Sable Venus and Other Poems.
Natalie Diaz: insegna all’Arizona State University, ex giocatrice di pallacanestro, con la sua raccolta d’esordio, When My Brother Was an Aztec, si è aggiudicata la Lannan Literary Fellowship nel 2012.
Layli Long Soldier: editor, appartiene ad una delle sette tribù dei nativi americani Lakota, gli Oglala. Poeta, artista e femminista, è autrice di Whereas, una raccolta di poesie sulla violenza e gli abusi perpetrati ai danni delle tribù native degli Stati Uniti.
Robert L. Hasse: traduttore e poeta, autore di sei raccolte di versi, tra cui Time and Materials: Poems 1997-2005 con cui ha vinto il National Book Award nel 2007 .
Tracy K.Smith: autrice di quattro raccolte di poesia. Con l’opera The Body’s Question, Duende, Wade in the Water e Life on Mars, ha vinto il premio Pulitzer nel 2011.
Terrance Hayes: Insegna alla New York University ed è vincitore nel 2010 del National Book Award, con la raccolta Lighthead.
E possono mancare le presentazioni dei due artefici principali di tutta l’opera? Domanda scontata e risposta altrettanto scontata, “no!” Quindi conosciamoli:
John Freeman: poeta e critico letterario, è stato editor di Granta, rivista di culto che ha scoperto e lanciato alcuni dei più importanti scrittori angloamericani dell’ultimo secolo. Oggi dirige Literary Hub, il più frequentato portale letterario online con oltre tre milioni di abbonati. Nella sua carriera ha conosciuto e intervistato i grandi nomi della letteratura (Paul Auster, Don DeLillo, Philip Roth, David Foster Wallace, Jonathan Safran Foer, Toni Morrison e molti altri), e pubblica regolarmente i suoi pezzi su New York Times, New Yorker, Paris Review e decine di altri giornali in tutto il mondo. Con Black Coffee pubblica la rivista letteraria Freeman’s e cura, insieme al traduttore Damiano Abeni, l’antologia Nuova poesia americana, in uscita ogni anno a Dicembre.
Damiano Abeni: è epidemiologo e conduce un’intensa attività di ricerca clinica, con oltre 200 pubblicazioni raccolte nella National Library of Medicine statunitense. Traduce poesia americana dal 1973, quando trascorse un anno in Arizona. Collabora con numerose case editrici e riviste letterarie. È stato Fellow della Fondazione Bogliasco (2008), della Fondazione Rockefeller (2010), e della James Merrill House (2015). È cittadino onorario per meriti culturali della città di Tucson, in Arizona, e di Baltimora nel Maryland. Abita a Roma, nei pressi di San Clemente, con sua moglie, la poetessa Moira Egan, ma vive in molti altri posti. Per Black Coffee cura con John Freeman l’antologia Nuova poesia americana, in cui si occupa anche della traduzione in italiano.
A conclusione di questo incontro di oggi, se hai avuto la pazienza di leggere tutto, è giusto da parte mia offrirti un Black Coffee, permettimi il calembour tanto per ribadire il nome della casa editrice e ricordarti che, come dicono i versi di Pascoli citati all’inizio, anche se io vivo altrove, in uno sperduto paese sui Nebrodi, lontanissima dai grandi eventi e dai grandi centri letterari, sia italiani che americani, sento che sono intorno nate le viole, perchè la poesia accorcia le grandi distanze, attraverso quel filo sottile ma indistruttibile, invisibile ma percettibile, chiamato sensibilità che mi fa gioire di tutte le iniziative che riguardano la poesia.