Ed eccoci, eccoci come ogni venerdì a parlare di poesia. Oggi apriamo con un buongiorno ragazzi, anche se qualcuno di noi ragazzo/a non lo è più da molto tempo… Almeno di fuori, perchè dentro, dentro è un’altra cosa. Ho letto Buongiorno ragazzi di Valentino Ronchi e si sono aperti i famosi cassetti della memoria, quelli che non aprivo più da tanto tempo e che credevo dimenticati…
Quando i ricordi risiedono nell’anima, li puoi anche relegare nell’angolo più nascosto e remoto, accartocciati, sgualciti o ripiegati per bene, loro stanno lì silenziosi, immobili, discreti ma pronti a riemergere a diventare ciarlieri, dilaganti, invadenti. A volte basta un evento, un richiamo, una frase, un gesto, un libro e ti accorgi che tutto ciò che credevi passato, superato o accantonato in realtà non è mai andato via. Resta dove lo hai riposto, fa parte del tuo vissuto e di te stesso, ti sta addosso cucito con la pelle e ti scorre nelle vene come il sangue. Anche se il tempo passato ha cambiato inesorabilmente quello che eri e sei stato, assieme a tutto il resto.
Un gruppo di ex studenti si ritrovano insieme dopo tanto tempo in seguito alla morte del loro vecchio professore di greco. I ricordi del passato si intrecciano con le vite presenti di ognuno di loro.
Buongiorno ragazzi di Valentino Ronchi, Fazi Editore, in libreria dall’ottobre 2019, parte da qui, da un episodio che pur essendo luttuoso è normale, fa parte del contesto usuale dei giorni: la morte di un conoscente, di un amico di un insegnante con il quale si dividono ore, giorni, mesi, anni che improvvisamente scatena il flusso dei ricordi rivissuti e rievocati con affettuosa malinconia. Un periodo, quello scolastico, vissuto con la leggerezza dei pochi anni alle spalle, fra lezioni, emozioni, amori ed amicizie…
Poi ci fu il funerale e fu seguito da una strana unica classe fatta di studenti di classi diverse affastellati, improvvisamente adulti con i figli nei telefonini e nei portafogli biglietti del metrò non più validi da tempo.
La poesia di Valentino Ronchi è inusuale e non saprei se definirla vera poesia o prosa poetica, è realistica, discorsiva, facile da leggere ma non banale. Uno stile originale, privo di pretenziosità o di aulicismi, direi anche inconsueto che sa coinvolgere il lettore con una forma narrativa e discorsiva, con reiterati inserimenti di lessico quotidiano, di temi attuali, di vissuto di ogni giorno; è fatta di frasi brevi e immagini che si trasformano in poesia, accompagnate da riferimenti letterari, versi di Omero e ricordi di città visitate e rimaste nel cuore. C’è in Buongiorno ragazzi, un mondo di vissuto giovanile che non vuole e non può essere dimenticato: una sorta di amarcord degli anni ’80 ma senza la retorica o gli edulcoramenti di cui il tempo e la memoria rischiano di infarcire i ricordi.
E nel tempo / che resta invece ho deciso: andrò in cerca / di voi, vecchie immagini, vecchie realtà, / fantasmini da fotografia, belle creature / di un tempo, passeggere ancora e sempre / per le vie di questo mondo.
Articolato in vari piccoli capitoli (li definisco così ma potrebbero essere considerate lunghe poesie) Buongiorno ragazzi di Valentino Ronchi può, a mio avviso, essere considerato un poemetto, in quanto l’argomento è unitario, segue un suo filo conduttore fra presente e passato. La memoria dell’autore, inframezzata da riferimenti alla vita presente con frequenti flash-back, narrati con sottigliezza ed eleganza, prende per mano il lettore e lo guida nel suo mondo, attraverso le esperienze passate e la sua vita attuale: in quei ricordi, in quel quotidiano chi legge si vede e si ritrova perchè in fondo il vissuto di ognuno è grossomodo simile: Sarà forse che si è ragazzi tutti allo stesso modo, con gli stessi turbamenti e aspettative, in ogni piega della storia: “le giovinezze nostre, di tutti, che belle / si somigliano”.
Alla fine ho capito sai, si può vivere con un piccolo dolore in tasca.
[…] Io sdraiato sull’erba verde fantastico piano sul mio passato,
ma l’età all’improvviso disperde quel che credevo e non sono stato;
come senti tutto va liscio in questo mondo senza patemi,
in questa vista presa di striscio, di svolgimento corretto ai temi,
dei miei entusiasmi durati poco, dei tanti chiasmi filosofanti,
di storie tragiche nate per gioco, troppo vicine o troppo distanti…
Ma il tempo, il tempo chi me lo rende? Chi mi dà indietro quelle stagioni
di vetro e sabbia, chi mi riprende la rabbia e il gesto, donne e canzoni,
gli amici persi, i libri mangiati, la gioia piana degli appetiti,
l’arsura sana degli assetati, la fede cieca in poveri miti?
Come vedi tutto è usuale, solo che il tempo stringe la borsa
e c’è il sospetto che sia triviale l’affanno e l’ansimo dopo una corsa,
l’ansia volgare del giorno dopo, la fine triste della partita,
il lento scorrere senza uno scopo di questa cosa che chiami vita… (da Lettera,Francesco Guccini)
Valentino Ronchi, Nato a Milano nel 1976, Ha pubblicato nel 2013 le prose Vecchi libri per un’epoca incerta ed. Foschi e nel 2014 per le edizioni Italiche, Avevo litigato con uno svizzero. Le numerose pubblicazioni poetiche, tra cui L’epoca d’oro del cineromanzo. Poesie 2005-2015 del 2016 edizioni Roma Nottetempo, gli sono valse l’assegnazione del Premio Fogazzaro, Premio Mauro Maconi, il Ceppo Opera prima. Ha ricevuto inoltre riconoscimenti prestigiosi come il Premio Montale per l’inedito e il Premio Carducci. Ha creato e gestisce lo studio bibliografico Fiesta Libri, autentico tesoro per chi desidera reperire edizioni fuori commercio di prosa e poesia estera ed italiana.