Un nome che deriva dal tedesco antico con il significato di libero, amato in Oriente e in Occidente, santo compatrono d’Italia, il Poverello d’Assisi, poeta di Dio: Francesco.
Dolce è sentire/ come nel mio cuore/ ora umilmente/ sta nascendo amore./ Dolce è capire/ che non son più solo/ ma che son parte/ di una immensa vita/ che generosa/ risplende intorno a me,/ Dono di Lui,/ del suo immenso amore.
Questi versi, tanto conosciuti quanto utilizzati e cantati in diverse versioni, ispirati al Cantico delle creature di Francesco d’Assisi, sono attribuiti ad un altro Santo, Damiano: sono versi semplici, belli e immortali e non c’è niente altro da aggiungere. Perchè quando le parole scaturiscono dal profondo non resta altro che la contemplazione in religioso (è proprio il caso di dire) silenzio.
Non potevo ignorare oggi il Santo che si ricorda: che tu sia credente o meno, caro iCrewer, saprai bene che il 4 Ottobre è la data in cui nel lontanissimo 1226, un povero frate, vestito di sacco moriva, dopo avere espresso il desiderio di esser posto sulla nuda terra. Da allora, quel Santo affascina ancora, ancora ricorda a tutti, credenti o meno, quanta bellezza e grandezza c’è nell’umiltà.
Altissimu, onnipotente, bon Signore, tue so’ le laude, la gloria e l’honore et onne benedictione./ Ad te solo, Altissimo, se konfàno et nullu homo ène dignu te mentovare./ Laudato sie mi’ Signore, cum tucte le tue creature, spetialmente messor lo frate sole, lo qual è iorno, et allumini noi per lui. Et ellu è bellu e radiante cum grande splendore, de te, Altissimo, porta significatione./ Laudato si’, mi’ Signore, per sora luna e le stelle, in celu l’ài formate clarite et pretiose et belle./ Laudato si’, mi’ Signore, per frate vento et per aere et nubilo et sereno et onne tempo, per lo quale a le tue creature dài sustentamento./ Laudato si’, mi’ Signore, per sor’aqua, la quale è multo utile et humile et pretiosa et casta./ Laudato si’, mi’ Signore, per frate focu, per lo quale ennallumini la nocte, et ello è bello et iocundo et robustoso et forte./Laudato si’, mi’ Signore, per sora nostra matre terra, la quale ne sustenta et governa, et produce diversi fructi con coloriti flori et herba./ Laudato si’, mi’ Signore, per quelli ke perdonano per lo tuo amore, et sostengo infirmitate et tribulatione./ Beati quelli che ’l sosterrano in pace, ca da te, Altissimo, sirano incoronati./ Laudato si’ mi’ Signore per sora nostra morte corporale, da la quale nullu homo vivente pò scappare: guai a quelli che morrano ne le peccata mortali;/ beati quelli che trovarà ne le tue santissime voluntati, ka la morte secunda no ’l farrà male./ Laudate et benedicete mi’ Signore’ et ringratiate et serviateli cum grande humilitate.
Ovvio che hai riconosciuto Il cantico delle creature di San Francesco d’Assisi, da più di otto secoli, non smette di stupire, affascinare e di far riflettere, non solo sulle parole dei versi, semplici ma di un impatto emotivo fuori dal comune, (tanto per ribadire ancora una volta quanta bellezza c’è nella semplicità) ma anche per la stessa vita di Francesco, così straordinariamente lontana dalle logiche umane come solo per i grandi (santi in questo caso) può essere. Straordinario anche il modo in cui quel Gesù che egli amava sopra ogni cosa si manifestò in lui: il dono delle stigmate (che a noi possono sembrare retaggi da Medio Evo ma non lo sono, se pensiamo che anche San Pio da Pietrelcina, in tempi più vicini a noi, le ha ricevute), segno della Sua passione, fu accolto da Francesco con le Lodi all’altissimo, un cantico di adorazione fra i più belli: Tu sei Santo Signore Dio,/ Tu sei forte, Tu sei grande,/ Tu sei l’Altissimo l’Onnipotente,/ Tu Padre Santo, Re del cielo./ Tu sei trino, uno Signore,/ Tu sei il bene, tutto il bene,/ Tu sei l’Amore, Tu sei il vero,/Tu sei umiltà, Tu sei sapienza./Tu sei bellezza, Tu sei la pace,/ la sicurezza il gaudio la letizia,/ Tu sei speranza, Tu sei giustizia,/Tu temperanza e ogni ricchezza./ Tu sei il Custode, Tu sei mitezza,/ Tu sei rifugio, Tu sei fortezza,/ Tu carità,/ fede e speranza,/ Tu sei tutta la nostra dolcezza./ Tu sei la Vita eterno gaudio/ Signore/ grande Dio ammirabile,/ Onnipotente o Creatore/o Salvatore di misericordia. Con Francesco d’Assisi la grandezza assume un senso particolare: è grande agli occhi di Dio, chi si fa piccolo. E Francesco piccolo lo è stato davvero, piccolo, umile e totalmente povero, in tutti i sensi.
Un minimo di analisi…
Il testo del Cantico delle creature, mescola elementi della tradizione dell’Antico Testamento con espressioni linguistiche tipiche del volgare popolare del tempo: composto in volgare umbro del XIII secolo, con all’interno influssi toscani, francesi e diversi latinismi, è una lode innalzata a Dio, alla Creazione di cui Egli è Grande Regista, è un inno alla stessa vita in tutte le sue manifestazioni. Nel Creato che riflette l’immagine del Creatore, i segni dell’amore di un Dio vicino e paterno che ha cura di tutte le sue Creature, le nutre le governa, le ama. Per la prima volta, in Francesco e nella sua umile teologia, troviamo l’immagine di un Dio-Padre non distante dall’uomo, non relegato alle glorie degli altari, non confinato nello splendore dei cieli ma vicino all’uomo sua Creatura, vicino come può essere un padre che ha cura dei suoi figli. Dalla riconoscenza, dalla rivelazione, dalla consapevolezza della figliolanza e dell’appartenenza, con umiltà sgorga dall’anima di Francesco la lode, il ringraziamento che diventa al tempo stesso adorazione. La stessa ripetizione della frase Laudato si’ mi’ Signore, è un volere ribadire, professare e affermare il senso di profonda gratitudine che dovrebbe far riflettere chi afferma di essere credente e spesso si dimentica di tutti i benefici che riceve o li dà per scontati.
Altro aspetto rilevante del Cantico delle creature, è il senso di fratellanza che accomuna l’uomo a tutti gli elementi e le creature dell’universo, senza tralasciare gli elementi naturali e i fenomeni meteorologici. La stessa morte è definita da Francesco sora (sorella), vista anch’essa come un’espressione della volontà di Dio e come liberazione dalla vita terrena. In origine, il Cantico, era stato composto con accompagnamento musicale, di cui non si ha più traccia, la metrica è infatti modellata sulla prosa ritmica con rime ed assonanze che ben si adattano alla musica, per questo motivo moltissimi artisti, in tutti i tempi, lo hanno musicato e cantato, riadattandolo.
Francesco è un Santo che ha segnato non solo un’epoca ma uno stile di fede. Nacque ad Assisi nel 1182 e visse una giovinezza ricca di svaghi e piaceri. Poi, la chiamata e la conversione. Abbandonò ogni ricchezza, si fece povero, iniziò a predicare, fondò l’Ordine francescano. Ancora oggi parla a tutte le generazioni il linguaggio dell’amore di Cristo per gli uomini e per il creato.
Canonizzato Santo da Papa Gregorio IX il 16 luglio 1228, soltanto due anni dopo la morte e riconosciuto da papa Pio XII, come il “più italiano dei santi e più santo degli italiani”, il 18 giugno 1939, fu proclamato Patrono principale d’Italia. Così la ricorda il Martirologio Romano: «Memoria di san Francesco, che, dopo una spensierata gioventù, ad Assisi in Umbria si convertì ad una vita evangelica, per servire Gesù Cristo che aveva incontrato in particolare nei poveri e nei diseredati, facendosi egli stesso povero. Unì a sé in comunità i Frati Minori. A tutti, itinerando, predicò l’amore di Dio, fino anche in Terra Santa, cercando nelle sue parole come nelle azioni la perfetta sequela di Cristo, e volle morire sulla nuda terra».
Un Santo temporalmente lontano che dal profondo Medio Evo ha molto da insegnare, da dire e da raccontare: il suo stile di vita e di fede è ancora seguito da molti, non solo religiosi, ma da chiunque sente il bisogno interiore di fare aderire la sua vita a quel Dio che il mondo ha, se non dimenticato, accantonato e relegato nell’angolo più lontano del proprio cuore.
Dimenticavo, auguri a tutti i Francesco e le Francesca che hanno appena finito di leggere…