Parliamo di poesia oggi? –Già che novità,- starai pensando –come se questa fosse la rubrica di sport!– No, infatti, hai più che ragione, non lo è. Lasciamo alla nostra Donatella il piacere di disquisire abilmente tra le discipline sportive: questa rubrica, come ben sai, tratta di poesia ed è qui che trovano spazio i versi e chi si diletta a scriverli.
Sono ormai due anni abbondanti che Poesia è vita, vita e poesia ha il suo spazio settimanale fisso fra le varie rubriche di iCrewplayLibri e, facendo un rapido excursus all’indietro, fra queste pagine sono passati autori famosi e meno famosi, autori che non si definiscono poeti e magari lo sono pienamente e autori che si auto-fregiano del titolo e non lo sono per niente: il mondo della poesia è talmente multiforme, vario e composito che darne una definizione univoca è alquanto complicato.
Poesia è libertà e in questa libertà c’è posto per chiunque sente il bisogno di esprimere in versi le proprie emozioni. Ed è proprio il bisogno di esternare le emozioni più intense e profonde che, in alcuni, si traduce in poesia. Dico alcuni e lo confermo perchè la poesia è un’arte, un dono, un altro modo di comunicare e non è alla portata di tutti. Chi scrive o frequenta versi non è di certo più bello o più geniale degli altri. Chi scrive o frequenta versi, ha solo trovato nella sintesi delle parole il modo di raccontare o raccontarsi.
La poesia dice troppo in pochissimo tempo, la prosa dice poco e impiega troppo
L’aforisma di Bukowski racchiude la sintesi del concetto di poesia: dire troppo in pochissimo tempo o in pochi versi è qualcosa che non si studia, non si insegna e non si impara. È semplicemente un’arte o, se vogliamo, un dono. Per questo motivo non ci si può improvvisare o diventare poeti: poeti si nasce. E il perché non è un mistero tanto facile da penetrare.
La poesia un genere letterario con le sue regole
La poesia quindi è un genere letterario che più di qualunque altro consente di emozionare emozionandosi ma… E il ma c’è sempre caro lettore. Eccome. La poesia non è solo emozione, sarebbe troppo facile. La poesia è anche tecnica, è anche regole... E che regole! Roba da perderci il sonno a volerle seguire passo passo.
Probabilmente oltre al sonno, si potrebbe rischiare di perdere anche la spontaneità della scrittura in versi se si volessero seguire solo le rigide regole del poetare: per questo esistono i versi liberi. Un escamotage (chiamiamolo così) che i poeti adottano per esprimersi, facendo a meno delle regole ma senza transigere sul contenuto.
Metrica in poesia
Hai mai sentito parlare di metrica poetica? No, non pensare che metro alla mano i poeti debbano misurare i versi… I versi si misurano contando le sillabe ma attenzione! Non in maniera grammaticale, in poesia le sillabe si contano in riferimento agli accenti tonici. La metrica è l’unità fondamentale della poesia: tradotto in linguaggio semplice vuol dire che in poesia ogni tanto bisogna andare a capo. Non a caso, seguendo l’estro del momento: si va a capo suddividendo i versi con cognizione di causa, in base al proprio stile e alla metrica adottata.
La metrica propriamente detta rappresenta l’insieme delle sillabe che compongono un testo poetico e più propriamente, il conteggio delle sillabe di ogni verso. Di conseguenza si possono avere versi monosillabi (cioè formati da una sola sillaba) bisillabi (due), trisillabi, quadrisillabi, ecc.
La particolarità e la bravura del poeta non è tanto nell’utilizzare di un tot numero di sillabe in un solo verso, ma quanto nello scrivere tutti i versi che compongono una poesia utilizzando per ognuno lo stesso numero di sillabe. Cosa non propriamente facile da realizzare. La metrica può variare, assumendo anche uno stile personale: in quel caso si parla di metrica libera.
La suddivisione in gruppi di versi, a sua volta, dà una connotazione particolare ad ogni brano… E quindi terzine, quartine, cinquine e via contando costituiscono il numero di versi che compongono ogni strofa.
Per semplificare al massimo e farmi capire senza compromettere la tua salute mentale, oltre che la mia, ti spiego in maniera “potabile” e semplice: verso=rigo che può variare in base al numero di sillabe che lo compongono, sei sillabe=sestina, sette= settina, 11 sillabe=endecasillabo ecc; strofa=insieme di versi che può variare di numero, tre versi=terzina, quattro versi=quartina… E così via.
Poesia e linguaggio
Altra regola poetica, assolutamente non trascurabile è il linguaggio. Se scrivere versi presuppone una conoscenza approfondita delle parole non vuol dire che occorre andare alla ricerca di chissà quali termini astrusi ed altisonanti. È vero che il comporre versi esige una scrittura più curata rispetto alla prosa, ma si può scrivere differente utilizzando i termini usuali in modo nuovo, originale, inconsueto.
Le figure retoriche
Le varie figure retoriche della poesia non fanno altro che sancire e dare un nome all’uso diverso delle parole. Senza voler scendere nei particolari e trasformare questa chiacchierata sulla poesia in un trattato, ti elenco alcune delle principali figure retoriche più usate, senza però omettere di ricordare che le figure retoriche si usano frequentemente e non solo in poesia, per esempio si usano in prosa o nei testi pubblicitari e perfino nel linguaggio parlato.
Le figure retoriche sono più di trecento, tranquillo caro lettore, non le elenco tutte ne scelgo solo alcune fra le più usate in poesia:
Metafora: è fra le figure retoriche poeticamente più usate e consiste nel sostituire un concetto o una parola con un altro, adattandolo al contesto.
Allegoria: consiste nell’esprimere un contenuto concettuale attraverso un’immagine che rappresenta una realtà diversa.
Antitesi: ovvero la contrapposizione di due concetti o due pensieri
Anafora: ripetizione di una o più parole all’inizio di due o più versi.
Assonanza e Consonanza: la prima presenta due parole che iniziano con la stessa sillaba, la seconda presenta le parole finali dei versi, dopo l’accento tonico, con consonanti uguali ma vocali diverse.
Ossimoro: ovvero l’unione di due termini antitetici.
Similitudine: esprime un rapporto di uguaglianza e comparazione fra due concetti…
… Basta, mi fermo qua ma solo per ovvi motivi di spazio: tra sinestesie, sinedocchi, simboli, polisindoti, perifrasi, onomatopee, litoti, iperboli, eufemismi e chi più ne sa più ne racconti, c’è solo da perdersi. E se si potrebbe pensare che ciò che conta, in poesia, non è tanto la conoscenza a menadito di ogni regola ma la capacità di regalare emozioni, dal mio modesto punto di vista, affermo che il connubio fra tecnica ed estro rappresenta il massimo livello poetico.
Poesia e grammatica
Le regole grammaticali in poesia valgono allo stesso modo della prosa, con una piccola variante, la licenza poetica. Ossia la libertà di adattare termini e verbi alla propria scrittura. È ovvio che stravolgere la grammatica illudendosi di scrivere con originalità, non fa di un ignorante un poeta: a tutto c’è un limite dettato dalla cultura e dal buon senso.
Anche la punteggiatura in poesia ha il suo bel ruolo di primo piano. Basta spostare una virgola o togliere un punto per stravolgere completamente il ritmo e l’efficacia di un verso. La punteggiatura è un’arma molto potente per comunicare bene, ma può essere anche letale se inserita male.
Al termine di questo lungo e molto sommario excursus fra le regole che disciplinano l’arte letteraria più antica del mondo, mi consento di suggerirti la lettura del mio Viaggio semi-serio nelle origini della poesia, tra realtà e fantasia, inserito in Prima di tutto appassionati di… libri, libro sui generi letterari, curato dalla nostra redazione. Se ami la poesia potrai scoprirne le origini in maniera piacevole e leggera.