Il detective Kindaichi di Seishi Yokomizo (Seishi è il nome proprio dell’autore) è davvero un classico del giallo – e non a caso in Italia è stato pubblicato da Sellerio editore Palermo, nella traduzione di Francesco Vitucci. Un romanzo d’altri tempi, in cui la tecnologia lascia spazio all’acume dell’investigatore.
Il detective Kindaichi (titolo originale: Honjin satsujin jiken 本陣殺人事件) non solo narra la prima avventura dell’omonimo investigatore, ma è anche uno dei primi casi in cui gli inquirenti si trovano a dover risolvere un crimine definito come “enigma della camera chiusa”, fino a quel momento ritenuto impossibile da mettere in atto nelle tipiche case giapponesi.
Interessante notare come l’iniziale pubblicazione giapponese sia del 1946 – poi riedita nel 1973, mentre la traduzione italiana del 2019 – nel caratteristico formato di Sellerio: dimensioni più ridotte di quelle a cui siamo abituati, in modo da poter utilizzare una carta di ottima qualità (restando competitivi nel mercato) e un intenso blu come sfondo della copertina.
Sebbene in italiano siano al momento disponibili soltanto tre volumi delle indagini del detective Kindaichi – Il detective Kindaichi, La locanda del Gatto Nero e Fragranze di morte, in realtà i romanzi di Seishi Yokomizo che lo vedono come protagonista sono quasi una trentina, tanto da renderlo un vero e proprio personaggio iconico dei gialli giapponesi.
Ma di cosa parla il romanzo?
Tutto è in fermento in casa Ichiyanagi: manca poco al matrimonio di Kenzō, il figlio maggiore nonché erede dell’antica famiglia, e, sebbene la madre non sia concorde sulla scelta della sposa, ormai non si può fare altrimenti. E così la cucina si prepara a servire un banchetto con i fiocchi, aperto anche agli abitanti del villaggio, e la sorella minore di Kenzō, Suzuko, si allena a suonare la canzone tradizionale con l’antico koto (uno strumento musicale a corde) di famiglia – tralasciando il fatto che usanza vuole sia la sposa a suonare, sposa a cui nessuno ha pensato di dire nulla.
La cerimonia si svolge come previsto, e nemmeno l’apparizione di un inquietante uomo con tre dita riesce a smorzare gli animi degli invitati. Fino a quando non giunge la notte, il koto suona e dalla dependance arrivano urla strazianti. A poco servono i soccorritori: tutto è chiuso dall’interno e, quando finalmente si riesce a fare breccia dalle imposte, non rimangono che cadaveri. Chi è l’assassino? E soprattutto, come ha fatto a compiere il delitto, se porte e finestre erano sbarrate?
Il detective Kindaichi di Seishi Yokomizo: la mia recensione
Ho apprezzato davvero molto Il detective Kindaichi di Seishi Yokomizo. Abituata come sono ai gialli e ai thriller di oggi, in cui tutta la narrazione è spesso ammantata da uno spesso strato di ansia e angoscia, in cui molte volte la tecnologia è la chiave di risoluzione, questo romanzo è stato una boccata d’aria fresca.
Le descrizioni sono abbastanza dettagliate da permettere di comprendere il contesto e le situazioni narrate, che a volte possono essere spiazzanti per un lettore italiano, se teniamo conto che i fatti sono ambientati nel Giappone rurale del 1937. Sempre comodo anche il glossario per i termini specifici che, avendo a che fare con abiti e abitazioni tradizionali, di certo non mancano.
Per non parlare della struttura del romanzo, che mi ha davvero affascinato e divertito. Prima di tutto, un narratore che si rivolge in prima persona al lettore, lasciando piccole anticipazioni, spiegando come sia entrato in possesso delle informazioni, facendo addirittura riferimenti al proprio testo. E poi la pluralità delle fonti, esplicitate, che hanno raccontato al narratore di questo efferato delitto: il cambio di stile, di punti di vista, movimenta la vicenda, permettendo di apprezzare tutte la varie sfumature.
La caratterizzazione dei personaggi, poi, è chiarissima, seppur non si spendano poi così tante parole per descriverli in modo diretto. Sono la stanza di Kenzō e le sue abitudini a farci capire di come egli sia meticoloso, serio, tradizionalista. Bastano un paio di episodi per tratteggiare i caratteri dei figli minori di casa Ichiyanagi, lo scapestrato Saburō e l’ingenua Suzuko. Non è servito altro che il commento sul koto, per far comprendere quanto la madre sia ostile al matrimonio.
E tutto pare culminare con l’entrata in scena del vero protagonista: Kōsuke Kindaichi (Kindaichi è il cognome). Eccezione in questo mondo di rigore, il protagonista di Seishi Yokomizo ha un abbigliamento trasandato, qualche difficoltà di pronuncia e un’aura tutta particolare che lo circonda. Una buona metà delle volte nessuno dei presenti capisce le ragioni che lo spingono a fare determinate domande, o che gli fanno illuminare gli occhi alla vista di specifici libri, piuttosto che altri. Eppure, quando prende la parola per svelare a tutti i misteri di questo delitto a porte chiuse, i fatti si allineano per dare vita a un’immagine che fino a poco prima era insospettabile. Sono curiosa di scoprire quali altri dettagli del personaggio verranno aggiunti dalle prossime indagini.
È stato proprio il finale a convincermi che sì, quelli Seishi Yokomizo sono gialli che vale davvero la pena di leggere, perchè la soluzione dell’indagine è stata quanto più lontana possibile dalle mie aspettative (aspetto per nulla scontato). Mi ha spiazzato, sorpreso, eppure, una volta compresi, i fatti non potevano davvero andare in altro modo.
In conclusione, consiglio Il detective Kindaichi di Seishi Yokomizo a tutti gli amanti del giallo classico – perchè questo è proprio un giallo, focalizzato sul suo obiettivo e in cui ogni pagina è in favore della vicenda – che desiderino leggere un’opera non eccessivamente lunga, ma squisita, inaspettata e coinvolgente.
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