Le organizzazioni di cronisti hanno definito il decalogo delle parole da non usare sulla violenza alle donne. Le organizzazioni che si sono occupate di definire queste regole sono il Sindacato cronisti romani (Scr) e il Gruppo cronisti lombardi (Gcl), per dare un contributo importante nella lotta contro la violenza di genere.
Le parole da non usare sulla violenza alle donne secondo i giornalisti
Sul rapporto tra Informazione e violenza di genere è quanto mai necessario stare attenti alle parole da non usare. Un linguaggio rispettoso e consapevole, che faccia piazza pulita di luoghi comuni, pregiudizi e stereotipi maschilisti e patriarcali, può diventare un fondamentale strumento di crescita civile e dare un contributo alla battaglia contro i femminicidi.
È con questo obiettivo che le due maggiori organizzazioni di cronisti – il Sindacato cronisti romani (Scr) e il Gruppo cronisti lombardi (Gcl) – annunciano l’adesione alla Giornata internazionale contro la violenza sulla donna del 25 novembre 2023 e lanciano un video-decalogo contenente alcune delle principali espressioni da bandire nei resoconti giornalistici su femminicidi, stupri, molestie e ogni altro genere di soprusi.
Lo si può scaricare al link. Il decalogo – che si pone in linea con il Manifesto di Venezia, varato nel 2017, su come raccontare la violenza di genere – contiene le espressioni usate con maggiore frequenza da stampa ed emittenti radio-radiotelevisive, che di fatto forniscono alibi o indiretta giustificazione all’autore di un femminicidio: si va da “in preda a un raptus” (locuzione fuorviante, in quanto esclude la premeditazione) ad “amore criminale” (chi uccide non ama); da espressioni come “delitto passionale” e “accecato dalla gelosia” (il piano sentimentale non deve diventare esimente), alle varie qualificazioni della vittima (“estroversa”, “vivace”, ecc.) e alle sue attività precedenti l’evento (“aveva bevuto”, “passeggiava da sola”, ecc.), spesso utilizzate in seguito dalla difesa a fini processuali, fino all’uso pleonastico degli aggettivi possessivi (“la sua fidanzata”, “sua moglie”).