Parlare da soli è qualcosa che in molti fanno. Io, per esempio, sono tra coloro che lo fa. E spesso. Chiaramente si interloquisce con se stessi quando si è in totale solitudine, perché se lo si fa in mezzo a un nugolo di gente si rischia di essere considerati fuori di testa.
Parlare da soli: perché molta gente lo fa?
Parlare da soli è qualcosa che quasi tutti facciamo, magari per esprimere una riflessione a voce alta o manifestare un’esclamazione… però, quel parlare da soli al quale mi riferisco io è proprio un dialogare con se stessi, quasi tu stessi facendo un monologo tra te e te, o come se ti ponessi delle domande e ti dessi pure le risposte.
Ci sono molte persone che amano chiacchierare da sole, come detto poc’anzi, io per prima. Ho iniziato sin da piccola a parlare da sola ed è una caratteristica che mi sono trascinata anche da adulta.
Parlo da sola: lo faccio sempre e appena ne ho la possibilità, lo faccio perché mi fa aiuta a distendere i pensieri, a chiarirmi le idee, a organizzare le mie giornate.
Ai più, verosimilmente, parlare da soli, potrebbe risultare strano, questi potrebbero, addirittura, additare come eccentrici coloro che lo fanno, o che ciò sia sintomatico di un qualche problema.
Studi hanno dimostrato che parlare da soli quando si è piccoli è normale e collima perfettamente con l’essere bambini, proprio perché questi tendono a esprimere i loro pensieri a voce alta. Tale abitudine, crescendo, dovrebbe essere accantonata, perché si impara ad assorbire ciò che si pensa.
Tuttavia, non per tutti ciò accade e vi è chi questo vezzo lo mantiene anche da adulto appunto dialogando con se stesso.
Parlare da soli ha i suoi lati positivi: aiuta a motivarsi, a darsi coraggio, a confermare certe decisioni prese, persino a sfogarsi, facendoci sentire meglio dopo; la cosa fondamentale, però, è che quando parliamo da soli lo facciamo sempre con riguardo: ovvero, non dobbiamo rivolgerci a noi stessi accusandoci di aver sbagliato a prendere una decisione piuttosto che un’altra, oppure definendoci degli idioti per aver agito in un modo invece che in un altro.
Rivolgerci a noi stessi in toni negativi non ci aiuta, al contrario infonderci fiducia e positività rappresenta il leitmotiv che serve a sentirci imbattibili.
È vero pure che parlare da soli potrebbe essere indice di situazioni che denotano ansia e stress o addirittura insicurezza, e quindi, in fin dei conti, fa bene parlare da soli?
Parlare da soli non è una cosa negativa, ma -come detto- è importante che quando ci rivolgiamo a noi stessi lo facciamo sempre con deferenza, rispettando i nostri pensieri e, soprattutto, motivandoci.
Parlare da soli: anche i personaggi famosi lo fanno
Ebbene sì, parlare da soli non è una cosa che riguarda solo le persone comuni, ma anche qualche personaggio dello spettacolo lo fa: mi sto riferendo al poliedrico e acclamato Paolo Bonolis.
Egli, infatti, si è reso autore di un testo dal titolo Perché parlavo da solo un libro che è «un tesoro intimo, meditato e prezioso da consegnare ai suoi figli e a tutti coloro che nel tempo l’hanno apprezzato o anche criticato».
Personalmente, appartengo a quella schiera di persone che ammira Paolo Bonolis, insomma: mi piace. Lo trovo arguto, dotato di una rara e inusuale ironia, che spesso diventa pungente senza mai però diventare pesante, apprezzo il suo modo elegan
A mio avviso, Paolo Bonolis è un grande personaggio e, devo essere sincera, il suo libro, già solo dal titolo, unitamente alla trama, mi ha incuriosita parecchio.
«Da sempre Paolo Bonolis parla da solo. Lo fa per ritornare sui suoi pensieri, elaborarli, triturarli, rivoltarli come calzini. E per capirci di più: sul mondo, sulla felicità, sulla televisione, sullo stupore, sull’amore e la famiglia, sulla tecnologia che non rispetta i ritmi della biologia, sullo sport che è passione, su Roma (‘sti cazzi), sull’uomo che è l’animale con la spocchia.»
Paolo Bonolis è considerato uno dei maggiori presentatori della tv italiana, notoria è la sua grande loquacità, proprio quest’ultima, infatti, ha fatto sì che nel 2010 si aggiudicasse un Guinness World Record per il numero di parole pronunciate in un minuto… parole tratte, è bene precisarlo, dal primo capitolo de I Promessi Sposi.
Lo ricorderemo, ancora giovanissimo, alle prese con programmi come Bim Bum Bam (coloro che appartengono alla mia generazione non potranno non sorridere al ricordo) decretandone il successo: io stessa, memore della mia fanciullezza, attendevo con trepidazione l’inizio della trasmissione e, ancora oggi, ho impresso nella mente il suo volto sorridente.
Indimenticabile è il celeberrimo programma Chi ha incastrato Peter Pan, trasmissione con protagonisti i bambini, che ci ha regalato momenti divertentissimi -si sa, i bambini nella loro ingenuità e spontaneità sanno sempre come farti sorridere-, ma anche emozionanti -sì, i bambini sanno fare anche questo: emozionarti-.
Sono numerosi i programmi condotti da Paolo Bonolis, citarli tutti sarebbe pressoché impossibile: l’indimenticabile programma Non è la Rai, o ancora Il senso della vita, trasmissione elogiata dalla critica.
Tra i suoi programmi figura anche Ciao Darwin, e proprio in merito a quest’ultimo Paolo ha affermato «Ciao Darwin non è volgare: è grottesco e c’è una differenza sottile. Tanti non l’hanno compreso, altri non l’hanno voluto capire. L’esasperazione dei toni, l’esibizionismo, sono condanne grottesche a cui l’umanità viene sottoposta.
Cercando di esorcizzarla, mostriamo la realtà: il mondo è questo, anche se non lo vogliamo vedere. Una risata ci seppellirà.»
Una piccola curiosità: il suo cognome originario è Bonoli, ha poi acquisito la s finale quando Paolo è giunto con la famiglia in Sardegna, inoltre, grazie all’aiuto della recitazione a dodici anni è riuscito a superare le balbuzie.
Paolo Bonolis è un uomo, come detto, poliedrico: a mio avviso darebbe il meglio di sé in qualsiasi contesto lo si voglia calare, perché è in grado di gestire qualsivoglia situazione con il suo inusuale e risaputo savoir-faire: non resta mai a corto di parole, sa sempre trovare la risposta che si inserisce perfettamente nel contesto indicato.
Difficile, a parer mio, coglierlo in fallo.