A Palermo, in Via Vincenzo Cantavespri, un grande ed insolito murale
Via Vincenzo Cantavespri a Palermo: una delle tante strade del centro storico, nel cuore del capoluogo siciliano, dove la movida fino a circa 2 mesi fa (oggi invece tutto è fermo, immobile, tranne qualche raro passante), si alternava tra i locali diurni e notturni affollando di vita angoli e tavoli dei locali e volgendo di tanto in tanto gli occhi, in alto, verso il grande murale che dall’ottobre scorso (2019) troneggia sul muro di un palazzo.
Stu libru apparteni a u so proprietariu Fathallah Saad. L’accattò chi sò picciuli in principiu di marzu 1892.
Una scritta, solo una scritta in arabo e in palermitano (specifico palermitano perché in terra sicula, ogni paese e senza esagerazione direi ogni quartiere di paese, ha il suo dialetto) che occupa l’intera facciata di un palazzo e che ti traduco anche se è facile capirla: Questo libro appartiene al suo proprietario Fathallah Saad. Lo comprò con i suoi soldi ad inizio del Marzo 1892. Una scritta che “è un omaggio alla memoria che riconsegna i libri ai legittimi proprietari”.
Strano ed insolito, il murale di Via Vincenzo Cantavespri a Palermo, diverso dai murales a cui siamo abituati pieni di immagini e colori, che raccontano l’estro e la creatività che non si compra né si fa pagare per essere ammirata: una creatività spontanea che spazia dal naif alle ultime tendenze pittoriche contemporanee e che spesso, da un tocco di bellezza al grigiore di anonimi casermoni di città che si fregiano del titolo di palazzi.
Murale insolito, diverso, dicevo. Una scritta e solo una scritta su un campo totalmente bianco, come una pagina che aspetta di essere riempita. Caratteri arabi, antichi e moderni che neri si rincorrono su quel muro bianco e stuzzicano lo sguardo, invitano a leggere e leggendo, a volerne sapere di più.
Qui occorre spiegare, è ovvio. Detta così la scelta della posa di questo strano murale è poco comprensibile, Per chiarire e farti comprendere i fatti, devo risalire alla storia, quella scritta sui libri importanti. Spero di essere stretta e concisa per non annoiarti, ma anche chiara per farti conoscere un pezzetto di passato.
Dalle Nazioni Unite a Palermo
Che c’entra l’Organizzazione delle Nazioni Unite con il murale di Palermo? Qualcosa c’entra dal momento che è stato proprio l’ONU, nel 1947 a firmare la Risoluzione per la creazione dello Stato ebraico.
Che c’entra lo Stato ebraico? Anche lui c’entra, anzi ha un ruolo importante in tutta questa vicenda.
Dici che procedo per indovinelli? Forse, ma adesso ti spiego: dopo sanguinosi conflitti, mai sopiti in verità e la creazione di Israele, 700.000 arabi palestinesi furono costretti ad abbandonare la propria terra. Molti furono espulsi, altri non ebbero più il permesso di ritornarvi. L’emigrazione di massa causò come sempre succede, l’abbandono di case, biblioteche, librerie, scuole, chiese, tutti quei posti insomma dove si conservano, leggono o consultano i libri: migliaia di libri (oltre 30 mila) furono abbandonati o portati altrove. Una parte, si stima circa sei/ottomila, furono recuperati e conservati nella National Library of Israel a Gerusalemme, contraddistinti da una sigla: AP – Abandoned Property.
Per israeliani ed americani questa operazione di recupero fu un vero e proprio salvataggio di materiale prezioso. Nella visione arabo-palestinese, invece, si parla di saccheggi e ruberie sistematici. Individuare dove risiede la verità è come voler sapere se è nato prima l’uovo o la gallina. La sola verità dovrebbe stare nel ripudiare e condannare ogni odio e conflitto fra i popoli della terra, a maggior ragione se si hanno origini comuni… Ma, come al solito questa è un’altra storia che probabilmente non si scriverà mai.
Emily Jacir ha frequentato per due anni la National Library of Israel.
Emily Jacir artista palestinese, appassionata di libri antichi, ha per due anni frequentato la suddetta libreria visionando, toccando e sfogliando libri e documenti della sezione AP. Abandoned Property: sfogliati, analizzati, minuziosamente e a lungo, i libri hanno svelato i segreti conservati gelosamente fra le pagine, piccole tracce di vita degli antichi proprietari, dediche, note a margine, piccole scritte, scarabocchi e disegni.
Da qui l’idea di Emily Jacer di un primo murale, presentato in occasione della manifestazione d’arte contemporanea dOCUMENTA (non ho sbagliato a scrivere, è proprio scritto così gli artisti, si sa, sono strani…) che si tiene con cadenza quinquennale a Kassel in Germania e in seguito esposto anche a New York, ma con la scritta in arabo e in inglese.
A Palermo, in Via Vincenzo Cantavespri, l’istallazione del murale in lingua araba e palermitana, è stata inserita nel contesto della Biennale Arcipelago Mediterraneo, la BAM 2019, una kermesse artistica che ha curato l’installazione di varie opere d’arte nel centro storico del capoluogo siciliano.
Un pezzetto di carta con una scritta ha ispirato l’artista palestinese, un pezzetto di carta ritrovato fra quei libri abbandonati e salvati da morte sicura: la scritta in arabo (e in palermitano) su un campo bianco, raffigura proprio una di quelle piccole tracce, un segno, un’immagine che rende perfettamente il silenzio dei libri abbandonati, perduti, lontani da chi li aveva scelti, acquistati, letti.
Il murale diventa quindi un omaggio alla memoria che, simbolicamente, riconsegna i libri ai legittimi proprietari.
Il murale di Via Vincenzo Cantavespri diventa quindi simbolo di sensibilità artistica, di amore per la storia, per i libri e per quel senso di giustizia che certe anime belle possiedono. Un simbolo per i contemporanei e per i posteri, un’opera d’arte che racchiude in una scritta un omaggio alla memoria. Un piccolo ma significativo ed imperituro riscatto per tutte le ruberie grandi e piccole che ogni guerra porta con sé.