Se stai pensando che accoppiare le Olimpiadi, la poesia e lo sport sia quanto meno ardito come argomento, fermati un attimo. Intanto azzera pensieri e preconcetti e poi, se ti va, leggi. A volte le abitudini mentali sono quegli ostacoli invisibili che non consentono di vedere oltre: ragionare per compartimenti stagno impedisce di trovare relazioni fra cose, in questo caso sport e poesia che sembra non abbiano nessuna attinenza fra loro… E invece, no, non è così.
Le Olimpiadi che in questo 2021 arrivano con un anno di ritardo e purtroppo tutti ne conosciamo il motivo, sono da sempre un evento che tiene incollati davanti agli schermi sia chi pratica lo sport attivamente, sia chi lo guarda praticare, gli sportivi da divano per intenderci. Un evento mondiale che come ben sappiamo, arriva direttamente dall’antica Grecia, culla di civiltà dalla quale proviene anche la poesia classica… E detto così ci vuole davvero una bella acrobazia mentale per accoppiare sport e poesia!
Eppure non è una mia idea balzana, suggerita dall’essere una spettatrice da divano delle Olimpiadi e nel contempo frequentatrice di versi e affini. E neanche un’associazione mentale nascente dall’incanto visivo di fronte alle perfette evoluzioni ginniche, ritmiche ed artistiche, che possono davvero essere definite poesia in senso traslato: la tensione dei muscoli, le evoluzioni aeree, la perfezione dei movimenti sulle melodie di note musicali sono pura poesia visiva… Giuro che, sì, c’è davvero un fondamento nel connubio Olimpiadi/sport/poesia. E non lo sto certo inventando io, qui, seduta stante.
Avevano già pensato i soliti Antichi Greci, inventori delle Olimpiadi, cultori della poesia e dello sport ad accoppiare il terzetto in un bel menage a trois, senza nessuna gelosia. Anzi. I primi appuntamenti con le Olimpiadi dell’antichità prevedevano, oltre alle gare di corsa a piedi o con i carri, al pugilato e al terribile pancrazio, gare di poesia, rappresentate dalle opere drammatiche rigorosamente in versi, fra i più grandi letterati del tempo.
Conosciamo già quanto la poesia fosse fondamentale nell’antica Grecia per dare gloria e fama imperitura ai vincitori che, come oggi, assurgevano al ruolo di eroi nazionali con le loro vittorie sportive. La differenza dopo più di duemila anni risiede nel fatto che i campioni olimpionici di oggi si “accontentano” di fior di quattrini, mentre quelli di allora, oltre alla moneta sonante, che non guasta mai in qualsiasi epoca, esigevano che il miglior cantore disponibile sul mercato declamasse le loro gesta e che le stesse fossero tramandate ai posteri.
Olimpiadi e voli pindarici
E possiamo non ricordare Pindaro che ha lasciato agli uomini dei millenni a venire epinici celebrativi esaltanti le vittorie olimpiche degli eroi sportivi dell’epoca? (Per scrivere potabile ed intenderci meglio, l’epinicio è un componimento lirico volto a celebrare una vittoria nelle gare nazionali degli antichi Greci). Pitiche, Nemee, Istmiche e Olimpiche furono e sono, opere in poesia di Pindaro che celebravano lo sport e le gesta dei campioni del suo tempo.
Pindaro, proprio quello da cui deriva il detto “volo pindarico” che c’entra poco con i volatili e con le ali se non quelle metaforiche, è stato uno tra i più grandi poeti della letteratura greca antica. I suoi “voli”, diventati un modo di dire che indica il passaggio da un argomento all’altro senza un apparente legame logico, in realtà rivelano un poeta ostico, sottile e con diverse chiavi di lettura. Di lui sono arrivate fino a noi poche opere e fra esse i sopra citati epinici, in cui il trionfo sportivo è esplicita manifestazione del favore degli dei e quindi della superiorità dell’atleta rispetto all’uomo comune.
Le prime Olimpiadi fra sport e poesia
Le prime Olimpiadi dell’età moderna (per età moderna si intende la fine dell’Ottocento) si svolsero ad Atene nel 1896, furono volute dal barone Pierre de Coubertin e, in un primo periodo, prevedevano anche gare artistiche. Da quelle tenute a Stoccolma nel 1912 fino alle Olimpiadi di Londra nel 1948, competizioni di architettura, letteratura, musica, pittura e scultura coinvolsero fior di nomi che ben poco ebbero a vedere con lo sport vero e proprio.
Ad onor del vero, nelle Olimpiadi tenute a Londra nel 1948, le gare di letteratura vennero addirittura divise in due categorie precise di poesia, quella epica e quella lirica. In quell’anno che poi risultò essere l’ultimo in cui le Olimpiadi furono anche artistiche, la medaglia d’oro nel settore poesia lirica andò al finlandese Aale Tynni, di cui sinceramente non saprei dirti nulla, mentre l’ultimo campione olimpico di poesia epica fu un azzurro, il triestino Gianni Stuparich.
Con o senza la partecipazione alle gare delle Olimpiadi, il connubio sport/poesia non è relegato soltanto all’antica Grecia. Senza la necessità di recarci all’estero o di scomodare imperituri Vati, in Italia fior di poeti hanno dedicato i loro versi allo sport: da Leopardi a Saba le competizioni sportive, calcistiche nel loro caso, sono state fonti di ispirazione e metafore di vita. A riprova del fatto che la poesia permea, si intrufola ovunque e si alimenta di tutte le manifestazioni umane, quando la viva sensibilità del poeta sa coglierla e raccontarla. Lo sport, con le grandi emozioni che regala, non sfugge a questa virtuale regola.
Una curiosità fra sport e poesia
Una cosa straordinaria in merito all’accoppiata sport/poesia, si verifica ogni anno a Medellín in Colombia dove, negli anni Novanta, qualcuno fra i suoi amministratori ebbe la geniale idea di migliorarne le condizioni sociali investendo in cultura e impianti sportivi. L’iniziativa ebbe un largo consenso tanto che, nel 1991, fu istituito il Festival internazionale di poesia.
Medellín, a quanto pare, risulta essere uno dei posti più pericolosi a causa della diffusa criminalità e con questa bella iniziativa si è giustamente pensato di tradurre in energia positiva che lo sport consente di estrinsecare, tutte le potenziali criminose presenti nel territorio. La cultura e la poesia poi diventarono in quel contesto, quel fiore all’occhiello che completa l’opera.