“Mai giudicare un libro dalla sua copertina“, vero? È una frase che si sente spesso, che viene usata nei casi e nelle situazioni più svariate e che, sostanzialmente, invita a non fermarsi a una prima impressione, ad approfondire la conoscenza, vuoi che si tratti di un libro, vuoi che si tratti di una persona.
Ormai ho perso il conto delle volte in cui ho scelto un’opera per i colori con cui si presentava, per le immagini con cui gli editori avevano scelto di avvolgerla, e a volte anche grazie al materiale con cui era realizzata (si lo so, sono abbastanza maniacale). Giusto per citarne alcune, è in questo modo che Le avventure di Washington Black di Esi Edgyan, Gli occhi di Alice Gray di Stacey Halls e L’orologiaio di Filigree Street di Natasha Pulley hanno trovato posto sugli scaffali della mia camera.
Hai mai notato, poi, che quando avviene una ristampa spesso la prima – e a volte anche l’unica – cosa a cambiare è proprio la copertina? Prendiamo il sempre attuale e amatissimo Harry Potter: cos’ha fatto la casa editrice britannica Bloomsbury Children’s Books per festeggiare l’anniversario della prima pubblicazione? Ha messo in commercio una versione della serie personalizzata in base alla Casa di appartenenza (Grifondoro, Corvonero, Serpeverde e Tassorosso, giusto per non dimenticare).
Non posso, però, fare a meno di chiedermi se questo metodo di scelta non sia ingannevole. Facendo così, non riaschiamo forse di perderci qualche capolavoro che ha la sola colpa di non avere una veste luccicante e accattivante? È pur sempre vero che il Principe si è innamorato di Cenerentola quando l’ha vista con l’abito sfarzoso del ballo, ma la situazione non è cambiata quando se l’è ritrovata davanti coperta di cenere, giusto? Quindi, forse, si potrebbe atturare un discorso simile anche per i libri?
Copertina: la cosa più importante… forse?
Prima di tutto, credo sia molto importante far notare che la scelta di come impostare o non impostare una copertina, a parere mio, è legata anche a un fattore culturale (come quasi tutto, d’altronde).
Ti avviso, non sono in possesso di dati specifici: le mie sono osservazioni fatte in anni di lettura. Potendo fortunatamente avere accesso a libri stranieri in versione originale – nel momento della lettura, o nella spasmodica ricerca di informazioni al loro riguardo – non ho potuto fare a meno di notare quanto sia grande, a volte, la differenza tra la versione italiana e quella straniera. Certo, in alcuni casi non cambia nulla, ma in altri, invece, sembra quasi di guardare due opere che non hanno nulla a che fare l’una con l’altra.
Quindi il lavoro dei grafici che impaginano la cover è doppiamente complesso, non trovi? Non solo devono rendere il libro appetibile, ma devono anche stare attenti al pubblico al quale si stanno rivolgendo: meglio dare più spazio al nome dell’autore? Al titolo? O a una scena che evochi sensazioni nei possibili lettori?
Per tutti questi motivi, non mi sento proprio di liquidare la copertina come qualcosa di superficiale. Non escludo, però, che ci siano anche altri modi per scegliere il volume da adottare.
Un appuntamento al buio… con un libro
Non so se ti è mai capitato di vederli, ma qualche tempo fa, in librerie, biblioteche e sul web hanno iniziato a comparire libri avvolti in carta neutra, spesso accompagnati da talloncini in cui erano riportati informazioni sommarie come il gerene, qualche particolare della storia o il motivo per cui era consigliato.
Non trovi che si tratti di un’iniziativa davvero bella e originale? In questo modo, non solo non veniamo ammaliati dalla copertina, ma nemmeno il titolo funge da catalizzatore di attenzione. Così è davvero solo il possibile contenuto dell’opera a spingerci a sceglierla.
E poi, beh, se una volta scartato anche la cover soddisfa le nostre aspettative, tanto meglio!