Dopo aver raccontato interi paesi (questa è la nostra recensione della monografia sulla’India) e alcune grandi città, The Passenger si trova a narrare l’intricato e affascinante microcosmo di Roma, dove gli spazi (e gli abitanti) della città millenaria sono contesi tra il bello e il brutto, due facce di un unico, maestoso luogo. Inutile dilungarci troppo: Roma stessa nelle parole di Alberto Sordi in un celebre film potrebbe dirci “Io so’ io”. E come darle torto?
The Passenger – Roma, edito da Iperborea, analizza diversi aspetti della capitale d’Italia. In La città non così eterna, Marco D’Eramo, autore de Il selfie del mondo, racconta come Roma sia ancora prigioniera di diverse forze che ne frenano lo sviluppo. Con la sua Guida acustica alla città, Letizia Muratori ci presenta la colonna sonora della sua Roma.
Keti Lelo, Salvatore Monni, Federico Tomassi tracciano Le mappe della disuguaglianza, un modo grafico per metter in luce alcuni paradossi tutti romani mentre Floriana Bulfon racconta di mafie locali e narcos internazionali ne La Famiglia. Lo scrittore Francesco Pacifico parla di musica in Campare di Campari e Daniele Manusia di sport in Di cosa parliamo quando parliamo di calciotto. Il volume si conclude con i consigli di lettura di Nadia Terranova.
Come per ogni numero, anche in questo ci sono solo foto originali, stavolta realizzate dal fotoreporter e ritrattista Andrea Boccalini. Inoltre, non perderti la playlist, disponibile su Spotify, dedicata alla città eterna, a cura di Giulia Cavaliere, giornalista, critica musicale e autrice di Romantic Italia.
The Passenger Roma
Una situazione apparentemente irredimibile che ha trovato il simbolo perfetto nel record mondiale di autobus pubblici che prendono fuoco da soli. Ma questa narrazione dello sfacelo sembra contraddetta da altrettanti segnali in direzione opposta. La prima cosa che stupisce è l’assenza dell’emigrazione di massa che normalmente ci si aspetterebbe: la larghissima maggioranza dei romani non si sogna nemmeno per un istante di «tradirla», e i tanti nuovi arrivati che negli ultimi decenni l’hanno popolata sono spesso indistinguibili dagli autoctoni nelle attitudini e nell’amore profondo che li lega a questa «città vischiosa» che «ti si appiccica addosso con le sue abitudini e le sue mancanze».
A ben guardare sono infinite le contraddizioni e gli opposti conciliati da Roma, una città «incredibilmente ingannevole: sembra ciò che non è ed è ciò che non appare». La si pensa grande e invece è immensa, la metropoli più estesa d’Europa. I suoi confini si spingono enormemente più in là dei capolinea della metro e ben oltre la cerchia della più grande autostrada urbana d’Italia, il Gra, che ne racchiude solo una frazione.
Ma soprattutto, in contrasto con lo stereotipo più falso di sempre, per quanto fondata oltre 2770 anni fa, è una città profondamente moderna, come il 92 per cento dei suoi palazzi, e tutt’altro che eterna, se la sua crescita dal dopoguerra a oggi ha «distrutto vestigia di migliaia di anni e sconvolto la geografia di mezza regione». E per capirla e guarirla – o quantomeno provarci – bisognerebbe considerarla una città normale «allo stesso titolo di Chicago o Manchester». Solo, dannatamente più bella.